Ma procediamo con ordine.
In primo luogo, l’articolo 2, comma 1, lettera c) del D.M. 122/2017 definisce il buono pasto come “ildocumento di legittimazione, anche in forma elettronica… che attribuisce, al titolare, ai sensi dell’articolo 2002 del codice civile, il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione”. In particolare, l’articolo 4 del citato D.M.dispone che i buoni pasto:
- consentono al “titolare” di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto (ossia il valore della prestazione indicato sul buono, Iva inclusa);
- consentono all’esercizio convenzionato di provare documentalmente l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione;
- sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato (a tempo pieno o parziale) anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che “hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato”;
- non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare;
- sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale.
Con la previsione della cumulabilità dei buoni pasto, quindi, sia pur nel limite di otto, vengono superati i numerosi dubbi in materia, specie riguardo la possibilità di utilizzati i ticket al fine, ad esempio, di fare la spesa al supermercato, al mercato contadino o in agriturismi (ciò a seguito della nuova platea di esercizi convenzionati presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa).
Sul piano informativo, lo stesso articolo 4 del D.M.fa una distinzione tra i buoni pasto “cartacei” e quelli “elettronici”. Infatti, mentre i buoni pasto in forma “cartacea” devono riportare:
a) il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro;
b) la ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione;
c) il valore facciale espresso in valuta corrente;
d) il termine temporale di utilizzo;
e) uno spazio riservato alla apposizione della data di utilizzo, della firma del titolare e del timbro dell’ esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto viene utilizzato;
f) la dicitura “Il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di otto buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare”;
per i buoni pasto in forma “elettronica”:
- le informazioni di cui alle suddette lettere a), b), c) e d) sono associate elettronicamente al buono pasto in fase di memorizzazione sul relativo carnet elettronico;
- la data di utilizzo del buono ed i dati identificativi dell’esercizio convenzionato presso il quale lo stesso è utilizzato sono associati elettronicamente al buono pasto in fase di utilizzo;
- l’obbligo di firma del titolare del buono pasto è assolto associando, nei dati del buono memorizzati sul relativo supporto, un numero o un codice identificativo riconducibile al titolare stesso;
- la suddetta dicitura “Il buono pasto non è cedibile…” è riportata elettronicamente.
Vi è poi da segnalare l’ampliamento della platea degli esercizi convenzionati. Rispetto all’articolo 285 del D.P.R. 207/2010, l’articolo 3 del citato D.M.dispone, infatti, che il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto è erogato dai soggetti legittimati ad esercitare:
- la somministrazione di alimenti e bevande (L. 287/1991);
- l’attività di mensa aziendale ed interaziendale;
- la vendita al dettaglio, sia in sede fissa che su area pubblica, dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare (D.Lgs. 114/1998);
- la vendita al dettaglio nei locali di produzione e nei locali attigui dei prodotti alimentari previa iscrizione all’Albo di cui all’articolo 5 della L. 443/1985;
- la vendita al dettaglio e la vendita per il consumo sul posto dei prodotti provenienti dai propri fondi effettuata da imprenditori agricoli, coltivatori diretti e società semplici esercenti l’attività agricola;
- nell’ambito dell’attività di agriturismo (L. 96/2006), la somministrazione di pasti e bevande, costituiti prevalentemente da prodotti propri e di aziende agricole della zona, presso la propria azienda;
- nell’ambito dell’attività di ittiturismo, la somministrazione di pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall’attività di pesca da parte di imprenditori ittici;
- la vendita al dettaglio dei prodotti alimentari, anche trasformati, nei locali adiacenti a quelli di produzione nel caso di soggetti esercenti l’attività di produzione industriale.
Sempre in materia di buoni pasto, si ricorda che rileva ai fini fiscale quanto disposto dall’ articolo 51, comma 2, lettera c) del Tuir , ossia che “non concorrono a formare reddito (..) le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione”.