Funzione strumentale dell’immobile e deduzione dei relativi costi
di Angelo GinexIn tema di imposte sui redditi, il riconoscimento del carattere strumentale di un immobile, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, D.P.R. 917/1986, presuppone la prova della funzione strumentale del bene non in senso oggettivo, ma in rapporto all’attività della azienda, non contemplando tale disposizione una categoria di beni la cui strumentalità è in re ipsa, e potendosi prescindere, ai fini dell’accertamento della strumentalità, dall’utilizzo diretto del bene da parte dell’azienda soltanto nel caso in cui risulti provata l’insuscettibilità, senza radicali trasformazioni, di una destinazione del bene diversa da quella accertata in relazione all’attività aziendale. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19219 del 2 agosto 2017.
La vicenda trae origine dalla impugnazione di due avvisi di accertamento per Iva, Irap e Irpeg relativi agli anni 2000 e 2001 – emessi a seguito di una verifica della Guardia di finanza – con i quali venivano recuperati a tassazione una serie di costi (alcuni ritenuti non inerenti, altri non documentati, altri non di competenza).
La suddetta impugnazione veniva rigettata sia in primo che in secondo grado di giudizio e, pertanto, la società contribuente proponeva ricorso per cassazione, deducendo, con particolare riferimento alla contestata deduzione dei canoni di leasing e delle spese condominiali, la violazione dell’articolo 109, comma, 5 D.P.R. 917/1986 e l’errata interpretazione dell’articolo 43 D.P.R. 917/1986.
In particolare, la società contribuente assumeva che le spese dedotte fossero riferibili all’attività e all’oggetto sociale, in quanto relative a immobili strumentali, erroneamente ritenuti non strumentali (per destinazione e per natura) per le loro caratteristiche, senza però che la Commissione tributaria adita ne avesse spiegato le ragioni, ritenendo inammissibilmente che i detti immobili dovessero subire una radicale trasformazione.
Nella pronuncia in commento, i Giudici di Piazza Cavour hanno affermato che il riconoscimento del carattere strumentale di un immobile, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, D.P.R. 917/1986, presuppone la prova dell’utilizzo esclusivo del bene in rapporto all’attività aziendale da parte del possessore, non contemplando tale disposizione una categoria di beni la cui strumentalità è insita negli stessi.
Ciò, sulla base della considerazione per la quale ex articolo 43, comma 2, D.P.R. 917/1986 sono strumentali per destinazione gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa commerciale da parte del possessore. Conseguentemente, secondo la Suprema Corte, ai fini dell’accertamento della strumentalità, occorre verificare l’utilizzo dell’immobile in via esclusiva, non rilevando le ipotesi di utilizzo promiscuo, ovvero in parte per finalità imprenditoriali ed in parte per l’uso personale o familiare del possessore.
A tal fine, la Corte di Cassazione evidenzia che rientrano in tale nozione gli immobili che abbiano come unica destinazione quella di essere direttamente impiegati nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali, in modo da non essere idonei a produrre un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale in cui sono inseriti.
Inoltre, la Corte di Cassazione ha sostenuto che è possibile prescindere dall’utilizzo diretto del bene da parte dell’azienda soltanto nel caso in cui risulti provato che l’immobile non può avere, senza radicali trasformazioni, una destinazione diversa da quella accertata in relazione all’attività aziendale.
In definitiva, quindi, deve ritenersi che il carattere strumentale di un immobile presuppone la prova della funzione strumentale per la deduzione dei relativi costi.