La deduzione del compenso dell’amministratore-dipendente
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariIn mancanza di uno specifico divieto normativo, deve ritenersi ammessa la possibilità che un lavoratore subordinato assuma l’incarico di amministratore della medesima impresa (c.d. dipendente-amministratore), purchè venga salvaguardato il potere di controllo dell’organo collegiale di gestione. La predetta facoltà è, pertanto, preclusa in capo all’amministratore unico (Cass. 13 novembre 2006, n. 24188), che di fatto eserciti i relativi poteri, a prescindere dal profilo formale (Cass. 24 maggio 2000, n. 6819): al ricorrere di tale ipotesi, non è, infatti, riscontrabile l’effettivo assoggettamento al potere direttivo e disciplinare di altri, che rappresenta, invece, il requisito tipico del vincolo di subordinazione (Cass. 5 settembre 2003, n. 13009 e 29 gennaio 1998, n. 894). In altri termini, rileva il contenuto sostanzialmente imprenditoriale dell’attività gestoria svolta dall’amministratore unico, in relazione alla quale non è individuabile la formazione di una volontà imprenditoriale distinta, tale da determinare la soggezione del dipendente-amministratore unico ad un potere disciplinare e direttivo “esterno” (Cass. 14 febbraio 2000, n. 1662, e 14 gennaio 2000, n. 381). Con l’effetto che non è configurabile un valido rapporto di lavoro subordinato, comportando, conseguentemente l’indeducibilità dei costi sostenuti a tale titolo dall’impresa: l’articolo 95 del Tuir riconosce, infatti, rilevanza Ires esclusivamente alla spese di lavoro dipendente ed ai compensi degli amministratori, ma non anche a quelli riconosciuti all’imprenditore, a cui la citata giurisprudenza di legittimità assimila la figura dell’amministratore unico (Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Circolare del 4 ottobre 2010, n. 13). La medesima esclusione deve, inoltre, ritenersi operante in un peculiare caso di collegialità, in cui tutti gli amministratori della società siano anche lavoratori dipendenti della medesima impresa (Trib. Reggio Emilia 20 settembre 1982, e App. Bologna 20 dicembre 1983): “in tal caso, infatti, verrebbe meno la possibilità che alcuni componenti dell’organo amministrativo controllino gli altri nell’esplicazione della loro attività subordinata; verrebbe cioè meno la distinzione tra soggetto controllante e soggetto controllato”.
Alcuni dubbi di compatibilità sorgono, inoltre, con riferimento alla posizione del dipendente-amministratore delegato, a causa dell’orientamento dell’Amministrazione finanziaria, difforme da quello della dottrina prevalente e della giurisprudenza di legittimità. Queste ultime ammettono, infatti, il cumulo dei due incarichi, qualora l’amministratore delegato esprima, in via autonoma ed esclusiva, la volontà propria della società: in altri termini, tale funzione gestoria, se circoscritta ai soli poteri di ordinaria amministrazione, è ritenuta compatibile con quella di lavoratore dipendente, in quanto al consiglio di amministrazione sono riservati i poteri straordinari e, quindi, di direzione, controllo e disciplinari sull’attività del lavoratore subordinato (Cass. 10 febbraio 2000, n. 1490 e 3 dicembre 1998, n. 12283). Tale ipotesi appare, tuttavia, difficilmente prospettabile, a parere dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui non esisterà mai delega circoscritta all’ordinaria amministrazione in presenza di potere di rappresentanza della società. In particolare, è stata sostenuta la mancanza di subordinazione nel caso di un dipendente-amministratore munito, con firma libera, di alcuni specifici poteri:





