La perizia della banca mutuante supporta l’accertamento immobiliare
di Angelo GinexIn tema di accertamento immobiliare, l’unico criterio oggettivo che possa essere utilizzato è quello di determinare il valore del fabbricato attraverso la perizia di stima effettuata dalla banca mutuante. Questo valore ha il pregio di essere determinato in un quadro che si presume di terzietà e di costituire un punto fermo per l’Istituto di credito nel momento in cui si determina a concedere il mutuo e, a cascata, anche per l’acquirente. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 28 febbraio 2017, n. 5190.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate, a seguito di accertamento induttivo ex articolo 39, comma 1, lettera d), D.P.R. 600/1973, rettificava il reddito prodotto dalla società in relazione alla vendita di 13 immobili presuntivamente avvenuta a un corrispettivo inferiore rispetto a quello effettivo.
La società impugnava l’atto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Vicenza, che riduceva l’accertamento alle sole compravendite per le quali era stato erogato un mutuo, determinando il valore in pari misura.
L’Agenzia delle Entrate presentava ricorso in appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto, che riformava la pronuncia di primo grado, ritenendo di prendere in considerazione i soli immobili per i quali era stata redatta perizia da un Istituto di credito, commisurando alla stessa il valore effettivo dei beni.
Pertanto, la società contribuente presentava ricorso per cassazione, eccependo, tra gli altri motivi, la nullità del procedimento e della sentenza per aver la Commissione tributaria regionale del Veneto determinato il valore degli immobili in misura superiore a quanto preteso dall’Amministrazione finanziaria e posto a fondamento della valutazione le perizie disposte dagli istituti bancari, atti redatti da privati.
Sul punto, i Giudici di Piazza Cavour hanno chiarito innanzitutto che dall’obbligo del giudice tributario di decidere nel merito le questioni proposte discende la possibilità che lo stesso giudice determini il valore venale degli immobili sulla base di criteri diversi da quelli utilizzati dall’Amministrazione finanziaria e legittimamente acquisiti agli atti, fermo il limite della pretesa tributaria dalla stessa esercitata (cfr., ex multis Cassazione, sentenza 13294/2016; Cassazione, sentenza 25317/2014).
Ciò posto, la Suprema Corte ha statuito che l’unico criterio utilizzabile per la determinazione del valore effettivo di vendita di un immobile è quello di fare riferimento al valore indicato nella perizia di stima redatta dalla Banca mutuante, unitamente ad una pluralità di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti.
In altri termini, il valore degli immobili risultante dalle perizie delle banche mutuanti può essere posto a base degli accertamenti analitico-induttivi emessi nei confronti delle imprese venditrici di tali immobili, purché il quadro probatorio complessivo sia sufficiente a integrare i presupposti per il ricorso a tale metodologia accertativa.
Infine, i giudici di legittimità hanno precisato che il valore dei mutui concessi, pur essendo un elemento di una certa rilevanza, non appare sufficiente ai fini accertativi, perché tiene conto di una serie di altri elementi, come, ad esempio, le difficoltà economiche dell’acquirente.
Sulla base di quanto sopra, pertanto, la Corte di Cassazione ha accolto il motivo di impugnazione nei termini sopra esplicitati, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato il ricorso della società contribuente, con condanna di quest’ultima al pagamento delle spese di lite in Cassazione in favore dell’Agenzia delle Entrate.