Lampo di luce per l’IRAP in concordato. Risposta dell’Agenzia del 15 gennaio scorso all’interpello 954-688 del 2013
di Claudio Ceradini
La Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate interviene favorevolmente dipanando almeno una delle incertezze della disciplina IRAP dei proventi da concordato. Rispondendo all’interpello 954-688 del 2013, il 15/01/2014 l’Agenzia fornisce una interpretazione piuttosto attesa, che si pone in linea con le ultime indicazioni sino ad oggi fornite dalla giurisprudenza, anche di legittimità.
Si è rilevato in un precedente intervento (ECnews del 27/9/2013) come l’esenzione da IRAP dei componenti positivi tipicamente generati dal risanamento (bonus da concordato conseguente alla falcidia dei debiti e plusvalenze da cessione di beni) sia tutt’altro che scontata, anche se il buon senso porterebbe a ritenere che pur in assenza di una specifica disposizione, non potesse essere diverso l’orientamento dell’Amministrazione, che con innumerevoli interventi ha recentemente rafforzato, e non indebolito, la portata incentivante della normativa, a tutela per quanto possibile delle possibilità di successo dei piani di risanamento.
L’integrazione dell’art.88, co. 4, e dell’art.101, co. 5 del Tuir, che ha decretato l’accesso per le procedure cosiddette metaconcorsuali (accordi di ristrutturazione e piani attestati) all’esenzione da IRES delle sopravvenienze da falcidia, e la coerente deduzione delle perdite su crediti, fatta eccezione per qualche discrasia sulla disciplina della competenza, non può che essere interpretata nel senso di favorire il risanamento, esentandolo massicciamente da un carico fiscale che probabilmente ne decreterebbe il fallimento, nella accezione sia economico aziendale che legale. Manca onestamente una altrettanto convincente riformulazione dell’art. 86, co. 4 Tuir, concepito a suo tempo per il concordato liquidatorio, unico possibile, e che male si adatta oggi alle diverse e multiformi strutture di piani e proposte ai creditori che la legge consente.
In questo quadro, tutto sommato positivo, l’IRAP è una nota stonata, non prevedendosi alcuna parola nella legge a disciplina delle particolari fattispecie reddituali che conseguono al risanamento, analogamente al Tuir. La circostanza è fastidiosa e complessa, a partire dal principio di derivazione stabilito dall’art.5, co. 1, D.Lgs 446/1997, che se per se consentirebbe di concludere agevolmente per l’esenzione, utilizzando i criteri che tecnicamente qualificano la natura del provento da falcidia e ne stabiliscono la collocazione in conto economico. L’OIC 5, (5.2.1 lettera B-e), è perentorio nell’assegnare il carattere di straordinarietà sia alle plusvalenze da cessione dei beni in liquidazione, anche concorsuale, sia alle sopravvenienze attive derivanti dalla riduzione dei debiti (da falcidia), con collocazione in E20. Si allinea l’OIC 6 (6.2) che colloca in E.20 i componenti positivi di reddito che conseguono all’esecuzione dell’accordo di ristrutturazione o del piano concordatario. Il punto è la limitazione al principio di derivazione per i proventi che trovino connessione con i costi deducibili da IRAP, e di fatto dedotti, disciplinata dall’art. 5, co. 4.
La questione è duplice, e riguarda sia le plusvalenze per cessione di beni, sia anche le sopravvenienze attive da falcidia.
Quanto a queste ultime l’orientamento giurisprudenziale non era favorevole. Seppure su presupposti diversi la Corte di Cassazione è intervenuta in senso negativo, limitando l’esenzione alla falcidia dei crediti finanziari (Sent. 17603/2010). Successivamente (Senz. 11217/2011), la Suprema Corte ha disciplinato il trattamento delle riduzioni dei crediti, ammettendone la deduzione da IRAP solo ove conseguenti alla rimodulazione del valore originario della transazione, e non alla semplice perdita per insolvenza del debitore.
Proprio su questo presupposto il contribuente che ha inoltrato interpello giustifica l’esenzione. Il bonus concordatario (falcidia) è assimilabile alla perdita su crediti (valutativa), e non alla convenzionale rimodulazione della transazione originaria. Si adegua sostanzialmente l’Agenzia nella risposta, in cui conferma come la limitazione al principio di derivazione opera solo nei casi in cui la transazione originaria sia modificata, e non dove i componenti di reddito derivino dallo stralcio di un credito di controparte, conseguenti ad una valutazione di carattere puramente finanziario.
Se questo aspetto pare quindi chiarito, rimane molto incerto il regime cui assoggettare le plusvalenze ottenute dalla cessione dei beni, in esecuzione del piano concordatario o di altro strumento di risanamento. Senza soffermarsi sul tormentato sviluppo interpretativo, a far data dal 1998, (C.M. 141 del 4/6/1998, R.M. 29/E del 01/03/2004 C.M. 27/E del 26/05/2009), ad oggi l’unica fattispecie esclusa pare essere quella conseguente alla cessione di azienda, sempre straordinaria. Sul punto, ad oggi, l’Amministrazione non si è espressa.