24 Agosto 2016

Lease back con effetti fiscali ordinari

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Il sale and lease back è formalmente un accordo (atipico, in quanto non disciplinato dal codice civile) composto da un’operazione di vendita di un bene (sale) e contestuale stipula di un contratto di locazione finanziaria finalizzato al mantenimento del bene nella disponibilità del soggetto che in origine lo deteneva in proprietà, con possibilità di riscatto finale a seguito del quale il bene torna ad essere iscritto nell’attivo del soggetto che in precedenza lo ha ceduto. L’obiettivo sottostante all’operazione è di carattere finanziario, poiché consente il reperimento di risorse finanziarie pur mantenendo la disponibilità fisica del bene, che costituisce la garanzia a fronte della concessione del finanziamento. Sia la giurisprudenza consolidata, sia la stessa Amministrazione finanziaria (C.M. n. 238/E/2000), hanno qualificato l’operazione nell’ambito dei contratti d’impresa che non integrano di per sé una fattispecie fraudolenta.

Civilisticamente, infatti, si tratta di un’operazione unitaria, poiché la vendita e la retrocessione del bene in leasing perseguono l’anzidetto obiettivo finanziario di reperimento di risorse in capo al cedente-utilizzatore. Tale visione ha portato il legislatore civilistico a modificare le disposizioni del codice civile in materia, ed in particolare l’articolo 2425-bis secondo cui “le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione” (comma aggiunto dal D.Lgs. n. 310/2004). La modifica, come si legge dalla Relazione al citato decreto, trova la sua ragione nel principio della prevalenza della funzione economica dell’operazione rispetto all’aspetto formale, ed è in linea anche con quanto disposto dal principio contabile IAS 17, con la conseguenza che la plusvalenza deve essere ripartita lungo la durata del contratto, e ciò in applicazione anche del criterio, declinato dalla competenza, di correlazione tra costi e ricavi. L’impostazione prospettata è altresì coerente con quanto previsto dal principio contabile OIC 1, che stabilisce l’imputazione della plusvalenza in questione in base al principio di competenza, con conseguente rilevazione di un risconto passivo per la quota della stessa di competenza degli esercizi successivi a quello in cui la stessa è realizzata. Tale tecnica contabile, infatti, consente di ripartire il provento negli esercizi di durata del contratto.

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