L’imputazione dei redditi nell’impresa familiare
di Federica Furlani
L’istituto dell’impresa familiare è disciplinato, dal punto di vista civilistico, dall’art. 230-bis Cod. Civ., ai sensi del quale è considerata tale l’impresa nella quale collaborano i componenti la famiglia prestando in modo continuativo la propria attività lavorativa.
Tale forma di impresa, anche se gestita con la collaborazione dei familiari, conserva il trattamento e la natura di ditta individuale.
Nei confronti dell’impresa familiare trova applicazione il sistema di tassazione per trasparenza (analogo a quello delle società di persone) in virtù del quale il reddito prodotto è imputato a ciascun familiare partecipante indipendentemente dall’effettiva percezione del reddito e in proporzione alle quote di partecipazione agli utili.
La disciplina fiscale dell’impresa familiare è contenuta nell’articolo 5, commi 4 e 5, del Tuir, che stabilisce: “I redditi delle imprese familiari di cui all’art. 230-bis del c.c., limitatamente al 49% dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. La presente disposizione si applica a condizione:
- che i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo d’imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti;
- che la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore rechi l’indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa in modo continuativo e prevalente, nel periodo d’imposta;
- che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.
Si intendono per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.”
Quindi la quota di reddito attribuibile ai soggetti partecipanti all’impresa familiare non può superare il 49% dell’ammontare del reddito risultante dalla dichiarazione annuale, mentre le eventuali perdite conseguite dall’imprenditore non possono essere attribuite ai collaboratori ma sono di esclusiva pertinenza del titolare:
L’entrata e/o l’uscita di un collaboratore familiare nell’ambito dell’attività dell’imprenditore possono avvenire in momenti anche successivi all’inizio dell’attività con conseguenze sui relativi effetti fiscali:
- se la costituzione dell’impresa familiare è contestuale all’inizio dell’attività da parte dell’imprenditore, ai fini fiscali l’imputazione della quota al collaboratore avviene dall’anno di costituzione;
- se la costituzione dell’impresa familiare avviene nel corso di un esercizio, ai fini fiscali l’imputazione della quota al collaboratore avviene dall’anno successivo a quello di costituzione;
- in caso di cessazione dell’attività da parte di un collaboratore familiare, ai fini fiscali l’imputazione della quota di reddito dell’anno di cessazione avviene in proporzione al tempo di permanenza nell’impresa;
- nel caso di ingresso di un nuovo collaboratore nell’impresa familiare già esistente, ai fini fiscali l’imputazione della quota al collaboratore avviene dall’anno successivo a quello di ingresso.
Le quote di reddito attribuite ai collaboratori, nella misura massima del 49%, concorrono a formare il reddito complessivo di ciascuno e vanno indicate all’interno del modello Unico PF nel quadro RH (redditi di partecipazione).
Come precisato nelle istruzioni, i collaboratori dell’impresa familiare devono compilare il presente quadro solo nel caso in cui l’impresa abbia realizzato un reddito, in quanto essi partecipano, sia agli effetti civili che fiscali, agli utili, ma non alle perdite dell’impresa.
Inoltre, ciascun familiare, apponendo la firma nel frontespizio, oltre a sottoscrivere la dichiarazione, attesta anche di aver prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.
Nel caso in cui l’imprenditore nell’ambito dell’attività dell’impresa familiare si sia avvalso del nuovo regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (ai sensi dell’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98), i collaboratori familiari sono esonerati dagli obblighi dichiarativi e di versamento riferibili al reddito ad essi imputato dall’imprenditore, in quanto l’imposta sul reddito prodotto dall’impresa familiare è stato versato interamente dall’imprenditore.
Un caso particolare è quello dell’azienda coniugale: la sua costituzione deve avvenire dopo il matrimonio, i coniugi debbono essere in regime legale di comunione dei beni e gestire entrambi l’impresa senza alcuna posizione di subordinazione.
Nel caso in cui l’azienda coniugale non sia gestita in forma societaria, il reddito o la perdita da imputare al coniuge è pari al 50% dell’ammontare risultante dalla dichiarazione del titolare o alla diversa quota stabilita ai sensi dell’art. 210 Cod. Civ.