Tale soluzione ha trovato compiuta applicazione attraverso i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la CM n.42/E del 9/11/2012.
Il primo chiarimento da segnalare riguarda la necessità di effettuare una “scelta di campo” rispetto alle modalità di certificazione dei rifornimenti di carburante presso impianti stradali posto che “La norma esonera dall’obbligo della scheda carburante solo coloro che effettuano gli acquisti di carburante esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate”. In altre parole non viene ammessa la forma “mista”: se il contribuente decide di utilizzare la semplificazione del D.L. Sviluppo e, quindi, evita la scheda carburante per la certificazione, finisce per rinunciarvi del tutto, con la conseguenza che egli finirà anche per perdere la possibilità di certificare i rifornimenti effettuati per contanti. Si tratta di una limitazione di non poco conto, visto che sarà capitato a tutti di trovarsi in situazioni nelle quali i dispositivi elettronici di pagamento non funzionano (che si tratti di una verità o che sia solo asserita dall’esercente) e, quindi, di dover provvedere al pagamento con i contanti. Qualcuno aveva ipotizzato di poter utilizzare una sorta di “scheda carburante di emergenza” ossia una scheda da utilizzare quando ci si trovava a dover utilizzare il contante. Così però non potrà essere, stante la posizione rigorosa assunta dall’Amministrazione Finanziaria.
Un secondo aspetto da evidenziare riguarda il documento che materialmente gli operatori saranno chiamati a registrare in contabilità; la circolare in commento al riguardo afferma “Si ritiene, pertanto, necessario che il mezzo di pagamento sia intestato al soggetto che esercita l’attività economica, l’arte o la professione e che dall’estratto conto rilasciato dall’emittente della carta emergano tutti gli elementi necessari per l’individuazione dell’acquisto, quali, ad esempio, la data ed il soggetto presso il quale è effettuato il rifornimento, nonché l’ammontare del relativo corrispettivo.” Quindi, risulterebbero del tutto inutili le ricevute rilasciate al momento dell’effettuazione del pagamento (le ricevuto emesse dal POS) ma occorrerebbe far riferimento all’estratto conto periodico nel quale vengono riepilogati i pagamenti. Peraltro, occorre anche verificare che su tale documento siano evidenziati i dati richiesti per l’individuazione dell’acquisto, ma sotto tale profilo le finanziarie che gestiscono le carte di credito, se non sono allineate, presumibilmente lo andranno a fare con sufficiente celerità. La citata C.M. 42E/12 precisa, inoltre che tale modalità di certificazione consente, oltre alla deduzione del costo, anche la detrazione dell’Iva. Sul versante Iva occorre peraltro notare che i principi contenuti negli articoli 19 e 25 del DPR n.633/1972 vincolano il diritto alla detrazione dell’imposta all’utilizzo e alla registrazione della fattura in quanto documento che evidenzia il tributo assolto sull’acquisto in maniera esposta. In effetti la scheda carburante era uno strumento che, oltre che ad identificare il veicolo rifornito e certificare la transazione, permetteva anche lo scorporo dell’imposta. Con intento semplificatore (forse eccessivo ma apprezzabile), l’Agenzia ha dunque deciso di derogare a tale previsione: per recuperare tale imposta in detrazione non basterà, dunque, registrare i movimenti della carta di credito quali numerari sul libro giornale, ma sarà necessario annotarli con lo scorporo dell’imposta e registrarli sui registri Iva; operazioni, quindi, che dal punto di vista contabile risultano tutt’altro che semplici visto che occorre far riferimento ad un estratto conto (chi si occupa più direttamente degli aspetti contabili avrà ben presente questo problema). Vi è chi ipotizza di predisporre un documento riepilogativo dei rifornimenti da utilizzare per la registrazione ai fini Iva ma a parere di chi scrive tale soluzione pare poco soddisfacente: in primis perché l’Agenzia ha richiamato esplicitamente l’utilizzo dell’estratto conto, in seconda battuta perché con tale ultima soluzione in definitiva ci si troverebbe un surrogato della scheda carburante. Quindi che senso avrebbe utilizzare una procedura derogatoria ed alternativa?
In merito alla gestione dei pagamenti tramite carte finanziarie (ad esclusione del “netting”), l’Agenzia ha inoltre chiarito che:
– l’acquisto deve essere fatto con una tessera intestata al soggetto che intende portare in deduzione la spesa (quindi non possono valere carte di credito intestate a familiari oppure ad una società ovvero altre situazioni di questo tipo); tal posizione pare piuttosto ragionevole (anche se limitante) altrimenti verrebbe meno la possibilità di creare un riferimento con il soggetto che sostiene il costo (si ricordi che invece lo strumento di pagamento è del tutto irrilevante quando si sta utilizzando la scheda carburante);
– se vengono effettuati altri acquisti oltre al carburante (catene da neve, tappetini auto, ecc) gli acquisti vanno distinti attraverso separati pagamenti; per gli acquisti di carburante può bastare la sola transazione certificata dalla documentazione finanziaria, mentre per gli altri acquisti sarà necessario il rilascio di un documento fiscale atto a certificare la spesa (fattura).
– la carta utilizzata non è necessario che sia utilizzata per il solo acquisto di carburanti ma neppure deve essere una carta relativa alla sola attività d’impresa / lavoro autonomo, in quanto con essa possono essere effettuati anche acquisti relativi alla sfera personale / familiare.
Proprio il fatto che tale spesa possa essere effettuata con uno strumento di pagamento che può essere utilizzato anche per la sfera extra professionale lascia piuttosto perplessi, circa l’efficacia degli strumenti di certificazione. In particolare pare piuttosto arduo creare un collegamento univoco tra veicolo rifornito e costo sostenuto visto che manca la firma del gestore che in precedenza certificava tale aspetto. Derogando alla scheda carburante la necessità di dare inerenza alla spesa è completamente nelle mani del contribuente che dovrà provvedere autonomamente a tal fine. Analoghe perplessità sorgono anche nel caso di più vetture intestate alla stessa impresa, magari con regole di deducibilità / detrazione diverse tra di loro (ad esempio, una vettura ad uso promiscuo, un autocarro ed una vettura data in uso promiscuo al dipendente). Peraltro l’Agenzia non avanza richieste specifiche a tal fine: “Le richiamate indicazioni si riferiscono, evidentemente, ad un contenuto “minimo” che deve risultare dalla documentazione dell’acquisto di carburante per consentire sia la detrazione ai fini Iva sia la deduzione del relativo costo. Va da sé che la documentazione dalla quale risultino ulteriori dettagli che valgano ad associare ogni singola transazione ad uno specifico veicolo, consentirebbe un più agevole esercizio del potere di controllo. Ad esempio, gli strumenti di pagamento dedicati alle aziende emessi da diversi operatori del settore – dai quali emerge la rendicontazione distinta per ciascun autoveicolo utilizzato dal dipendente anche ai fini del controllo interno di gestione – possono considerarsi idonei a garantire tale più ampia e dettagliata certificazione degli acquisti di carburante per autotrazione.”
Quindi le modalità che permettono di rendere più oggettiva possibile tale individuazione sono sicuramente ben accette, in caso contrario ci si esporrà a rischi di contestazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria (soprattutto nel caso di ingenti acquisti di carburante). Motivo che in molti casi induce a sfruttare le forme tradizionali di certificazione dei rifornimenti, svuotando di fatto il significato dell’agevolazione in commento.