L’occultamento delle scritture contabili non prevede soglie penali
di Marco BargagliNel corso di una verifica fiscale, appena eseguito l’accesso all’interno dei locali ove viene esercitata l’attività, gli ispettori del Fisco possono formalmente richiedere al contribuente l’esibizione della documentazione obbligatoria conservata nei locali commerciali o professionali ove viene eseguito l’intervento ispettivo.
Successivamente saranno avviate le operazioni di ricerca, indipendentemente dal fatto che il contribuente abbia o meno aderito all’invito di esibizione della documentazione. Il potere di ricerca, infatti, al pari di quello di accesso, ha natura autoritativa e può essere esercitato anche contro la volontà del contribuente e nonostante il soggetto ispezionato assicuri l’esibizione di tutta la documentazione richiesta (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume II – parte III – capitolo 3 “Avvio, esecuzione e conclusione della verifica”, pag. 64 e ss.).
In merito, si ricorda che l’articolo 52, comma 5, D.P.R. 633/1972 prevede che i libri, i registri, le scritture ed i documenti di cui viene rifiutata l’esibizione, non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.
Sul punto, giova precisare che:
- per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, i registri, i documenti e le scritture nonché la sottrazione di essi all’ispezione nel corso del controllo fiscale;
- rifiutare l’esibizione o comunque impedire l’ispezione delle scritture contabili e dei documenti la cui tenuta e conservazione sono obbligatorie o dei quali risulta l’esistenza, determina anche l’applicabilità delle sanzioni previste dall’articolo 9 D.Lgs. 471/1997 (rubricato violazioni degli obblighi relativi alla contabilità).
Con riferimento al set documentale da istituire e conservare agli atti ai fini fiscali, ai sensi dell’articolo 14 D.P.R. 600/1973 le società e gli imprenditori commerciali devono istituire e conservare, secondo le norme di ordinata contabilità, le seguenti scritture contabili:
- il libro giornale il libro degli inventari;
- i registri Iva (es. vendite, acquisti, corrispettivi);
- le scritture ausiliarie di magazzino (ex articolo 1, comma 1, del D.P.R. n. 695/1996);
- le scritture ausiliarie nelle quali devono essere registrati gli elementi patrimoniali e reddituali, raggruppati in categorie omogenee, in modo da consentire di desumerne chiaramente e distintamente i componenti positivi e negativi che concorrono alla determinazione del reddito;
- il registro dei beni ammortizzabili;
- le altre scritture specificatamente richieste al ricorrere di particolari tipologie di attività poste in essere (es. registro dichiarazioni di intento emesse e/o ricevute, registri sezionali Iva etc.).
Ciò posto, se il contribuente ispezionato non esibisce e/o occulta la documentazione richiesta nel corso della verifica, si rendono applicabili specifiche sanzioni penali – tributarie.
In particolare:
- ai fini fiscali operano le sanzioni amministrative previste dall’articolo 9, comma 1, del D.Lgs. 471/1997 (rubricato “violazioni degli obblighi relativi alla contabilità”) nonché la possibilità, per l’Amministrazione finanziaria, di procedere alla ricostruzione del reddito su base induttiva, a prescindere dalle risultanze delle scritture contabili (ex articolo 39, comma 2, lett. d, D.P.R. 600/1973);
- ai fini penali – tributari l’articolo 10 D.Lgs. 74/2000 (rubricato “occultamento o distruzione di documenti contabili”) prevede che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
Il delitto in rassegna può essere commesso da qualsiasi soggetto, rientrando nel novero dei c.d. “reati comuni” (es. l’amministratore delegato che occulta la contabilità, ossia il dipendente che volontariamente distrugge le scritture contabili dell’azienda).
Sullo specifico tema la suprema Corte di cassazione, sezione 3^ Penale, con la sentenza n. 39322 del 25.09.2019 ha confermato che il reato di occultamento e distruzione di fatture o scritture contabili può realizzarsi anche con riferimento ad un solo documento sottratto all’ispezione.
Gli ermellini hanno rilevato che la norma penale in rassegna:
- non prevede soglie di punibilità, atteso che il legislatore ha individuato il bene giuridico tutelato nell’interesse statale alla trasparenza fiscale del contribuente;
- sanziona l’obbligo di non sottrarre all’accertamento le scritture ed i documenti obbligatori, in tal modo anticipando la soglia di rilevanza penale alle condotte prodromiche all’evasione di imposta.
I giudici di piazza Cavour forniscono un ulteriore spunto di riflessione, con particolare riguardo all’individuazione, presso soggetti terzi, delle fatture occultate. Sul punto, poiché la fattura deve essere emessa in duplice esemplare, il rinvenimento della stessa presso il terzo destinatario dell’atto può far desumere che il mancato rinvenimento dell’altra copia presso l’emittente sia conseguenza della sua distruzione o del suo occultamento.
In definitiva, l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario – come è avvenuto nel caso di specie – procedere all’acquisizione presso terzi della documentazione mancante.