Il liquidatore risponde anche per le violazioni pregresse
di Luigi FerrajoliRicoprire la carica di liquidatore di una società comporta l’assunzione delle responsabilità relative anche alle inadempienze poste in essere da altri soggetti in epoca precedente alla nomina.
È quanto sancito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 11665 del 20 marzo 2015 che ha ribadito che il liquidatore di una società, al pari dell’amministratore, risponde per i delitti tributari disciplinati dal D.Lgs. n.74/00 anche relativi a violazioni pregresse in quanto, con l’accettazione della carica, si assume tutti i rischi che ne possono derivare.
Nella fattispecie in commento, il Tribunale di Brindisi aveva accolto l’appello del Pubblico Ministero disponendo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente delle somme depositate nei conti correnti e rapporti bancari nella disponibilità diretta ed indiretta di un liquidatore indagato per il reato di omesso versamento di ritenute certificate di cui all’art.10 bis D.Lgs. n.74/00 (che punisce con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo di imposta).
Il Tribunale aveva desunto la sussistenza del fumus da accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza attraverso l’accesso a banche dati ed alle certificazioni rilasciate ai soggetti per conto dei quali erano stati eseguiti gli accantonamenti, rilevando il superamento (seppure per un importo assai esiguo) della soglia di punibilità ed il mancato versamento delle ritenute entro il termine previsto per la dichiarazione annuale di sostituto di imposta.
Il Giudice, considerato che l’indagato aveva ricoperto prima il ruolo di componente del consiglio di amministrazione della società e poi quello di liquidatore, ha escluso che il medesimo potesse essere considerato estraneo alla dinamiche aziendali.
L’indagato ha proposto ricorso per Cassazione avverso la misura cautelare eccependo tra l’altro la violazione dell’art. 606 c.p.p., co.1, lett. c), in relazione agli artt. 321 e 324 c.p.p. e 309 c.p.p. co.9 e 10 in quanto il Tribunale non avrebbe dato alcuna considerazione alla circostanza che l’indagato aveva ricoperto il ruolo di liquidatore solo per un breve periodo, dando invece maggiore peso al fatto che il medesimo era stato anche componente del consiglio di amministrazione.
La Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendo che, poiché l’assunzione della qualità di liquidatore era avvenuta in data 22.12.2010 ed il reato risultava commesso il 22.08.2011 (data di scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti di imposta per l’anno 2010), l’indagato, quale liquidatore, aveva avuto un lasso di tempo del tutto ragionevole per compiere le relative necessarie verifiche contabili.
La Suprema Corte ha ribadito altresì che, nelle società di capitali, la responsabilità per i reati tributari previsti dal D.Lgs. n.74/00 è attribuita all’amministratore ovvero a coloro che rappresentano e gestiscono l’ente che, in quanto tali, sono tenuti a presentare e sottoscrivere le dichiarazioni rilevanti per l’ordinamento tributario, adempiendo agli obblighi conseguenti.
Tra le predette figure è ricompreso il liquidatore ex artt. 2276 e 2489 c.c. nominato in caso di scioglimento della società, che risulta quindi soggetto alla responsabilità per i delitti tributari in virtù della espressa previsione di cui all’art.1, co.1, lett. c) del D.Lgs. n.74/00 in combinazione con le norme che ne definiscono i poteri e le responsabilità.
Secondo la Cassazione, quindi, colui che assume la carica di liquidatore si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare anche da pregresse inadempienze (cfr. Cass. sent. n. 38687/14 e n. 3636/13).
Viepiù che, nel caso in esame, il debito verso lo Stato non sarebbe neppure risultato particolarmente remoto, occulto o di difficile accertamento poiché, secondo i Giudici, sarebbe stato sufficiente che l’indagato, prima di assumere la carica di liquidatore, avesse esaminato le scritture contabili e le dichiarazioni fiscali per adempiere nel termine stabilito al pagamento dell’obbligazione tributaria.
Nella sentenza si rammenta inoltre che è stata sollevata dalla Corte di Appello di Milano questione di legittimità costituzionale in ordine all’ammontare della soglia di punibilità prevista per il reato di cui all’art.10 bis D.Lgs. n.74/00, per violazione del principio di uguaglianza con riferimento alle soglie di punibilità statuite dagli artt. 4 e 5 del medesimo decreto prima della riforma introdotta con il D.L. n.138/11, sia con riferimento a quelle introdotte all’art.10 ter a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 80/2014; sul punto si attende quindi la pronuncia della Consulta.