15 Maggio 2015

Il plafond della L. 398/91 non ha alcun limite di tempo

di Carmen MusuracaGuido Martinelli
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Le interpretazioni della legge contenute all’interno di risoluzioni ministeriali aventi la mera valenza di prassi amministrativa e non di fonte del diritto non possono avere forza vincolante nei confronti dei contribuenti per i quali si riconosce esclusivamente l’applicazione dei principi contenuti all’interno della legge.

In attuazione del suddetto principio di diritto la Commissione Tributaria Provinciale di Parma con la sentenza n. 761 del 18 dicembre 2014 ha annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti di un’associazione sportiva dilettantistica costituitasi nel mese di agosto con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare che, in proporzione al periodo di effettiva operatività nell’anno di costituzione, risultava aver sforato la soglia massima di proventi commerciali legittimante l’utilizzo del regime fiscale forfettario di cui alla legge 398/91.

Il regime agevolativo in questione, come noto infatti, prevede la possibilità per tutte le associazioni senza scopo di lucro di determinare in maniera forfettaria le imposte dirette e l’Iva da versare utilizzando vantaggiose percentuali di redditività e di detrazione a condizione però che l’ente interessato rispetti il limite massimo annuo di proventi commerciali pari ad euro 250 mila.

La Circolare Ministeriale n. 63/06 e numerose successive risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate, hanno più volte ribadito il principio operativo in ragione del quale per le associazioni di nuova costituzione il limite massimo dei proventi di euro 250 mila deve essere rapportato e rideterminato in proporzione ai giorni di effettiva operatività dell’ente.

Nel caso di specie l’associazione accertata era stata costituita il 4/08/2008, e nella restante parte dell’anno di costituzione aveva conseguito proventi commerciali per complessivi euro 228 mila determinando le imposte dovute secondo il regime della Legge 398/91.

In diretta attuazione delle istruzioni operative contenute nella citata circolare, l’Agenzia delle Entrate in sede di verifica aveva ricalcolato il massimale di proventi applicabile all’ente in rapporto ai giorni di operatività, che da euro 250 mila scendeva così ad euro 102.459,00, e in conseguenza di ciò dal mese successivo a quello in cui la suddetta ridotta soglia era stata superata disconosceva i benefici agevolativi del regime forfettario.

Impugna l’avviso di accertamento l’associazione rilevando che i proventi commerciali conseguiti dall’ente nell’anno erano di valore inferiore alla soglia di 250 mila euro espressamente prevista dalla legge agevolativa e che suddetto limite massimo doveva considerarsi invariato anche in caso di attività temporalmente limitata da parte dell’ente ritendendo non applicabile la riduzione relativa ai giorni di attività essendo questa prevista con documento di mera prassi amministrativa che, come più volte ribadito anche dalla Cassazione (Cass. n.23031/07) è priva di valore legale e non vincolante per il contribuente.

L’Ufficio si costituiva in giudizio richiedendo il rigetto del ricorso di parte ribadendo l’esistenza di precisa documentazione ministeriale chiarificatrice che legittimava la riduzione operata in sede di accertamento.

La Commissione accerta che la motivazione posta alla base dell’accertamento scaturisce esclusivamente dalla interpretazione della suddetta risoluzione ministeriale che di per sé non costituisce fonte di diritto che non può avere valore vincolante nei confronti dei contribuenti per i quali si riconosce esclusivamente l’applicazione dei principi della legge di riferimento (L. n. 398 del 1991) la quale dispone che il limite massimo risulti essere di Euro 250.000,00 senza alcun limite temporale. Sotto il profilo giuridico occorre richiamare in proposito le fonti ex art. 1 R.D. n. 262 del 1942 ai fini della legittimità del valore legale delle risoluzioni interne interpretative”.

Ricordano poi i Giudici che “anche la sent. n.23031/07 della Corte di Cassazione ha disposto che gli atti ministeriali interpretativi non possono avere efficacia normativa esterna in quanto atti interni della Pubblica Amministrazione”.

A chiosa della propria statuizione, infine, i Giudici articolano una motivazione atipica a sostegno dell’accoglimento del ricorso dell’associazione poiché evidenziano come nel caso in cui fossero state accolte le richieste dell’Ufficio, queste sarebbero state “eccessivamente penalizzanti per la ridotta capacità economica della associazione per cui, una eventuale condanna potrebbe portare ad un deprecabile scioglimento della stessa”.

Rimaniamo in attesa di leggere quale sarà la posizione della Commissione Regionale poiché difficilmente l’Ufficio accetterà come definitiva una simile statuizione, ciò soprattutto in ragione dell’abuso interpretativo che troppo spesso l’Amministrazione commette a mezzo di semplici documenti di prassi.