14 Maggio 2015

La Cassazione precisa il principio di competenza

di Giovanni Valcarenghi
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Con la chiusura dei bilanci e la compilazione della dichiarazione dei redditi, gli operatori non possono trascurare di svolgere una riflessione sul tema della competenza e della correlazione; tema che potrebbe apparire, in prima istanza banale ma che l’esperienza pratica insegna essere oggetto di numerose contestazioni.

L’attualità del tema è stata indirettamente confermata da una recente sentenza della Cassazione (numero 9080 del 6 maggio 2015) che ha approfondito il problema della competenza dei resi di merce.

Per comprendere il perimetro della problematica, conviene partire dal punto centrale: ai fini fiscali, possono (rectius: devono) essere compresi nella determinazione della base imponibile gli elementi attivi e passivi che posseggono i seguenti due caratteri (oltre, ovviamente, all’inerenza):

  • sono conosciuti o conoscibili alla data della chiusura del periodo di imposta (an);
  • sono oggettivamente determinabili (quantum).

Il primo dei due aspetti è quello sul quale si concentrano, solitamente, le contestazioni; ad esempio, nel caso trattato dalla citata Cassazione, si trattava di verificare la possibilità di rettificare al ribasso i ricavi per effetto dei resi di merce che, pur essendo materialmente essere effettuati nei primi mesi dell’anno successivo, si riferivano a vendite effettuate nel periodo precedente. La società aveva rettificato i ricavi, sulla scorta del fatto che sosteneva di conoscere (per effetto di comunicazioni verbali dei propri clienti) l’ammontare dei resi alla chiusura del periodo di imposta.

La sentenza conferma la bontà di tale ragionamento, ribadendo che ciò che conta è la conoscibilità (anche astratta, ci verrebbe da dire) della esistenza e della dimensione del componente di reddito alla chiusura del periodo di imposta, anche se la materiale concretizzazione avvenisse successivamente, ovviamente entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi.

La questione, peraltro, si lega anche con le regole civilistiche di redazione del bilancio, poiché queste ultime, in ossequio al principio della prudenza, impongono (alle condizioni previste dal documento OIC numero 29) di tener conto delle spese anche solo se stimate. Lo spunto appare importante in quanto il TUIR, tra le altre condizioni di deducibilità, impone anche il preventivo transito a conto economico; ciò significa che, nel caso di specie, a nulla vale argomentare in merito alla conoscibilità del costo al 31 dicembre se il medesimo non sia stato imputato a conto economico.

Nonostante la questione dei resi di merce possa non essere sempre frequente, la tematica non è difforme da quella che va risolta in merito alle forniture di acqua, luce, gas, telefono e simili.

Sovente, i consumi degli ultimi giorni o mesi dell’anno sono addebitati nella prima bolletta del successivo periodo; tali costi sono deducibili, allora, nel 2014 oppure nel 2015?

La vicenda deve essere risolta perché è ormai noto che la competenza non sia un concetto che possa essere applicato in modo “elastico”, anche qualora si determini un ipotetico vantaggio a favore del fisco (vale a dire la deduzione di un costo nel successivo periodo).

Nel caso delle forniture si può tranquillamente affermare che gli importi delle medesime sono astrattamente conoscibili alla data della fine periodo, in quanto (sia pure in modo un po’ irrealistico), il soggetto potrebbe consultare i contatori, applicare la tariffe e le maggiorazioni di legge, determinando così l’importo che può essere dedotto.

Se la quantificazione di tali importi è consolidato in una bolletta che giunge prima della formazione del bilancio, si potrà avere la certezza degli importi ed, ulteriormente, soddisfare il requisito della preventiva contabilizzazione.

Non si cada però nel tranello di confondere l’aspetto probatorio di supporto e conforto, con la conoscibilità sopravvenuta nel successivo esercizio; insomma, non è sufficiente avere il documento giustificativo prima della formazione del bilancio, se non si ha la oggettiva certezza di poter provare che il medesimo era già conoscibile (anche se non conosciuto) alla data di chiusura del periodo di imposta.

Richiamato e compreso il concetto generale, si tratta di approfondire una ulteriore vicenda.

Va infatti ricordato che grava sul contribuente l’onere probatorio di confermare, in capo al componente di reddito, l’esistenza dei requisiti necessari per la sua deduzione o, volendo operare una lettura a specchio, l’assenza di tali requisiti per evitare la tassazione di un componente positivo.

Il tutto per giungere ad affermare che le procedure di quantificazione dell’imponibile debbono essere sempre basate su una analisi ordinata anche a livello di supporto documentale.