Quali effetti sul trust familiare donatorio delle recenti ordinanze?
di Ennio VialNegli scorsi mesi di febbraio e marzo, la Cassazione è intervenuta in materia di trust con alcune ordinanze che hanno destato notevole perplessità tra gli operatori. In questa sede ci interessa in particolare la Cassazione, Ordinanza n. 3886 del 25 febbraio 2015 (udienza 4 febbraio 2015), dove si affronta il caso di un atto costitutivo di un trust in cui comparivano come disponenti due coniugi che indicavano se stessi come beneficiari, se in vita, altrimenti i figli in parti uguali.
In considerazione della mancanza di attualità di trasferimento di diritti, sono state applicate in maniera fissa le imposte di registro, ipotecaria e catastale.
L’Agenzia delle entrate ha notificato al notaio un avviso di liquidazione col quale ha recuperato le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale, nonchè l’imposta sulle successioni e donazioni con l’aliquota dell’8%.
Il contribuente ha avuto ragione in primo e secondo grado atteso che, per un verso, il trust è atto neutro e, per altro verso, che i beneficiari sono titolari di una posizione qualificabile come aspettativa giuridica.
Dalla lettura dei passi successivi dell’Ordinanza emerge che il trust è altresì auto dichiarato.
I giudici di legittimità ritengono che in questo caso vadano applicate l’imposta di donazione nella misura dell’8% e le imposte ipotecarie e catastali nella misura del 3%. I giudici, inoltre, negano l’esistenza del trust; questo è certamente sbagliato perché la sussistenza del trust deve essere valutata alla luce della sua legge regolatrice e non in base ad altri canoni ermeneutici.
Si evidenzia come una simile fattispecie dia luogo ad un trust fiscalmente interposto, ma un conto è l’aspetto fiscale, un conto è la validità civilistica dell’istituto.
Nel definire l’aliquota la Corte sembra dare rilievo alla qualità dei “conferenti” anziché a quella dei beneficiari (forse perché nel caso di specie beneficiari e conferenti coincidevano, ma ciò non è stato precisato), affermando così che essi non rientrano “in alcuna delle categorie previste dalla norma, che godono di aliquota inferiore”.
In effetti, non si capisce se la casistica non presente tra le aliquote agevolate cui fanno riferimento i giudici sia quella del trust auto dichiarato in quanto tale o quella della coincidenza tra disponenti e beneficiari. Rimane tuttavia salva l’applicazione delle aliquote minori e delle relative franchigie nel caso in cui tra il disponente ed i beneficiari sussista un rapporto di parentela stretta.
La tesi dell’applicazione delle aliquote e delle franchigie in modo da tener conto dei rapporti di parentela tra disponente e beneficiari è stata evidenziata anche dalla Sentenza CTP Roma n. 6615/25/15 del 25 marzo 2015 (ud. 24 novembre 2014). In quell’occasione è stato sostenuto che l’imposta di donazione non è correlata all’arricchimento ma alla mera creazione del vincolo. Si tratta di una tesi sostanzialmente in linea con quella della Cassazione.
I giudici di prime cure, tuttavia, si discostano dalla Cassazione laddove confermano la non applicabilità delle imposte ipocatastali nella fase iniziale di istituzione del trust ma solamente nella fase finale in cui il patrimonio verrà attribuito ai beneficiari.
La Cassazione, al contrario, riteneva applicabili le ipocatastali anche in sede di apporto in trust. Si tratta di una tesi invero non sostenibile atteso che, in quel caso, trattandosi di un trust auto dichiarato manca la voltura degli immobili per cui le ipocatastali non sono dovute.
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