Dirigenti dell’Agenzia: legittimi o illegittimi? Questo è il problema.
di Massimo ChiofaloLa Corte Costituzionale con la sentenza del 25 febbraio 2015, n. 37 ha dichiarato illegittimi i conferimenti d’incarico di 767 dirigenti (su un totale di 1200 circa) nominati all’Agenzia delle entrate, delle Dogane e del Territorio.
I Giudici, con la richiamata sentenza, hanno di fatto declarato l’incostituzionalità, per violazione dei principi costituzionali sanciti dagli artt. 3, 51, 97, di tre norme:
- L’art. 8, c. 24 del D.L. n. 16/2012, convertito nella L. n. 44/2012;
- L’art. 1, c. 14, del D.L. n. 150/2013, convertito nella L. n. 15/2014;
- L’art. 1, c. 24, del D.L. n. 192/2014.
Mentre le norme di cui ai punti 2 e 3 sono delle mere proroghe della prima disposizione, l’art. 8, c. 24, del D.L. n. 16/2012, testualmente disponeva: “fermi i limiti assunzionali a legislazione vigente, in relazione all’esigenza urgente ed inderogabile di assicurare la funzionalità operativa delle proprie strutture, volte a garantire una efficace attuazione delle misure di contrasto all’evasione di cui alle disposizioni del presente articolo, l’Agenzia delle Dogane, l’Agenzia delle Entrate e quella del Territorio sono autorizzate ad espletare procedure concorsuali da completare entro il 31 dicembre 2013 per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, secondo le modalità di cui al c. 530 della L. 296/2006 e dell’art. e, c. 2 del D.L. 203/205, convertito in L. 248/2005. Nelle more dell’espletamento di dette procedure l’Agenzia delle Entrate, delle dogane e del Territorio, salvi gli incarichi già affidati, potranno attribuire incarichi dirigenziali ai propri funzionari con la stipula (diretta n.d.r.) di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso.”
E’ evidente che, le norme succitate ed oggetto di censura da parte del Giudice Costituzionale hanno consentito la nomina di figure dirigenziali all’interno delle Agenzie fiscali, senza l’espletamento di alcuna procedura concorsuale.
Il D.Lgs. n. 300/1999, ed il Regolamento di Amministrazione dell’Agenzia delle Entrate (provvedimento del Comitato Direttivo n. 4 del 30.11.2000) regolano e definiscono l’organizzazione e il funzionamento degli uffici finanziari ed individuano gli organi delle Agenzie fiscali nel Direttore, nel Comitato direttivo e nel Collegio dei revisori. La normativa succitata attribuisce chiaramente il potere rappresentativo di ogni Agenzia fiscale, esclusivamente, al Direttore, tant’è che lo stesso Statuto dell’Agenzia delle entrate, all’art. 6, dispone testualmente: «Il Direttore è il legale rappresentante dell’Agenzia, la dirige e ne è responsabile».
Pertanto, solo ed esclusivamente il Direttore potrà essere individuato quale soggetto legittimato alla sottoscrizione dei ruoli e degli atti impositivi, a meno che tale potere non sia stato oggetto di una specifica delega, conferita ad un funzionario di carriera dirigenziale.
Il Regolamento di Amministrazione precisa altresì che le direzioni provinciali sono uffici a livello dirigenziale (si veda l’art. 5, c.5) ed, in relazione alla dimensione, possono prevedere anche ulteriori posizioni dirigenziali interne. Lo stesso articolo inoltre prescrive che: “Gli avvisi di accertamento sono emessi dalla direzione provinciale e sono sottoscritti dal rispettivo direttore o, per delega di questi, dal direttore dell’ufficio preposto all’attività accertatrice ovvero da altri dirigenti o funzionari, a seconda della rilevanza e della complessità degli atti.”. L’art. 12, c. 1 dello stesso Regolamento delle Agenzie, ancora, prescrive: “l’accesso al ruolo di dirigente avviene per i posti vacanti, con procedure selettive pubbliche sia dall’esterno che dall’interno, nel rispetto dei principi, di cui all’art. 35 del succitato D.Lgs. 165/2001.”
Constatato quindi che le direzioni provinciali sono uffici di livello dirigenziale ed i relativi dirigenti devono sottoscrivere gli avvisi di accertamento o delegare altri dirigenti o funzionari, è chiaro che la sentenza del Supremo Giudice ha determinato notevole incertezza sulla legittimità degli atti emessi da soggetti privi della qualifica di dirigente: l’art. 42, c. 1, del D.P.R. n. 600/1973 statuisce infatti che “Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione degli avvisi sottoscritti dal capo ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.”, così come, anche in tema di riscossioni, il D.M. n. 321/1999 stabilisce che i ruoli siano formati dall’ente creditore e che una volta formati, siano firmati e consegnati mediante trasmissione telematica ai concessionari della riscossione.
E’ evidente che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 37/2015, ha voluto ripristinare la legalità, violata dal Legislatore con norme rifugio, emanate per supplire la lentezza e l’inefficienza della pubblica Amministrazione: dovevano essere bandite le selezioni pubbliche, consentendo a tutti coloro che ne avessero l’interesse e i requisiti, di potervi partecipare.
La Legge n. 241/1990, nel determinare i casi di efficacia e invalidità dei provvedimenti amministrativi, all’art. 21-septies dispone: “È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.”. Perciò l’atto sottoscritto da un soggetto privo della qualifica di dirigente o delegato dal direttore provinciale (anch’esso dirigente) è nullo, in quanto privo di uno dei suoi elementi essenziali. È palese che, sia per le cartelle che per gli avvisi di accertamento, la sottoscrizione da parte di un soggetto non titolato, ne determina la totale inefficacia per inesistenza. Così come prescritto dall’art. 480 del c.p.c., inoltre, “il precetto deve essere sottoscritto a norma dell’art. 125 del c.p.c. e notificato alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.”
Siamo al paradosso: saranno tante le contestazioni che verranno mosse in opposizione agli atti tributari, in forza della Sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015 e non è dato sapere se con una sanatoria ex lege il Legislatore cercherà di salvaguardare il gettito erariale a discapito della certezza del diritto. Certo è che le prime sentenze delle Commissioni Provinciali volgono nella direzione di conservare gli effetti degli atti emessi in precedenza, in virtù della “teoria del funzionario di fatto”. Si citano, a tal proposito, la CTP Gorizia n. 63/01/2015 del 01.04.2015 e la CTP Macerata n. 150/02/2015 del 20.05.2015.
Nell’evoluzione di questa grave ed incresciosa vicenda le aspettative dei contribuenti sono invece rivolte, ancora una volta, alla prevalenza dell’invincibilità del diritto rispetto alla ragion di Stato. Speriamo bene.