Verifiche “a tavolino” e ravvedimento operoso
di Davide DavidLe modifiche alla disciplina del ravvedimento operoso pongono ancora in maggiore risalto la necessità del rilascio di un processo verbale di constatazione o, comunque, di chiusura delle operazioni di controllo anche al termine delle verifiche effettuate in ufficio (c.d. verifiche “a tavolino”).
A tale proposito è da tempo che si discute se il mancato rilascio del pvc al termine di una verifica “a tavolino” comporti o meno la annullabilità dell’avviso di accertamento che ne consegue per violazione dell’art. 12, co. 7, della L. n. 212/00 (a norma del quale l’ufficio non può emettere l’avviso di accertamento prima che siano decorsi 60 giorni dalla notifica del pvc).
Nella giurisprudenza di merito sono molteplici le sentenze con le quali i giudici hanno riconosciuto la annullabilità di detti avvisi.
Tra le ultime si segnala la sentenza della CTR Trieste n. 92/01/15 del 03.03.15, con la quale i giudici dell’appello, nel confermare la sentenza di primo grado impugnata dall’Ufficio, hanno riconosciuto la nullità degli avvisi di accertamento emessi a seguito di una verifica “a tavolino” (per indagini finanziarie) non conclusasi con un pvc.
A motivazione del loro convincimento i giudici triestini hanno tra l’altro affermato che non possono ravvisarsi sostanziali diversità per gli effetti tra le verifiche eseguite nei locali di svolgimento dell’attività imprenditoriale o professionale e quelle eseguite in ufficio, il che rende applicabile anche a tali verifiche, ancorché in assenza di una espressa previsione del testo dell’art. 12 della L. n. 212/2000, “l’obbligo del rispetto del termine di 60 gg. dalla conclusione delle operazioni per l’emanazione dell’avviso di accertamento”.
Nella giurisprudenza di legittimità la questione dell’applicazione del comma 7 dell’art. 12 della L. n. 212/2000 anche alle verifiche “a tavolino” è stata da ultimo rimessa alle Sezioni Unite dalla VI Sezione della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 527/2015 del 14.01.2015, con argomentazioni che fanno propendere per l’applicazione analogica della suddetta norma anche alle verifiche “a tavolino” e per la conseguente annullabilità degli avvisi di accertamento non preceduti da pvc.
La questione della ipotizzata illegittimità degli avvisi di accertamento emessi a seguito di verifiche “a tavolino” senza essere fatti precedere da un processo verbale di constatazione si interseca ora con le nuove disposizioni in materia di ravvedimento operoso.
Ciò in quanto la legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014) ha inserito al comma 1 dell’art. 13 del D.Lgs. n. 472/97 la lettere b-quater), che espressamente prevede la riduzione delle sanzioni “ad un quinto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni … avviene dopo la constatazione della violazione ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, salvo che la violazione non rientri tra quelle indicate negli articoli 6, comma 3, o 11, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (mancata emissione ricevute, scontrini e documenti trasporto, omessa annotazione corrispettivi su apposito registro per malfunzionamento registratore di cassa e mancata installazione registratore di cassa, ndr)”.
Ebbene, l’art. 24 della L. n. 4/29 richiamato dalla nuova norma sul ravvedimento operoso dispone espressamente che “Le violazione delle norme contenute nelle leggi finanziaria sono constatate mediante processo verbale”; ed è proprio rifacendosi a tale disposizione che diverse Commissioni Tributarie hanno riconosciuto che anche le verifiche “a tavolino” devono concludersi con il rilascio di un pvc e che sono di conseguenza annullabili gli avvisi di accertamento non fatti precedere dal pvc.
Va poi evidenziato che la legge di stabilità 2015 ha anche abrogato, con effetto dal 2016, gli istituti dell’acquiescenza integrale al pvc e agli inviti al contraddittorio, i quali prevedono la riduzione a 1/6 delle sanzioni in caso di totale accoglimento dei rilievi mossi dai verificatori.
Per quanto sopra si ha quindi che, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, in caso di verifica il contribuente, diversamente da quanto previsto dalla normativa precedente, può ancora ravvedersi andando a regolarizzare errori e omissioni “potenzialmente” constatabili da parte degli organi della verifica, beneficiando della riduzione delle sanzioni nella misura:
- generalmente stabilita per le violazioni non constatate (determinata in funzione del periodo trascorso dalla commissione della violazione), se la regolarizzazione avviene prima della constatazione da parte dei verificatori, non avendo alcuna rilevanza il fatto che la verifica abbia già avuto inizio (con una riduzione che va, in funzione del periodo trascorso dalla commissione della violazione, da 1/10 del minimo a 1/6 del minimo);
- di 1/5 del minimo per le violazioni constatate dai verificatori.
Deve essere tenuto anche conto che il contribuente può decidere quali violazioni regolarizzare, non essendo richiesto che, per beneficiare della riduzione della sanzione, debbano essere regolarizzati tutte le violazioni constatate (o potenzialmente constatabili) dai verificatori.
In buona sostanza, il contribuente ha quindi la possibilità, in caso di constatazione, di regolarizzare i soli rilievi che ritiene fondati o comunque poco difendibili e attendere, per gli altri, l’esito dell’azione di accertamento e dell’eventuale contenzioso che ne dovesse conseguire.
Quanto sopra rende quindi ancora più necessario, per il principio di eguaglianza, che il pvc venga rilasciato anche a seguito di verifiche fatte “a tavolino”, perché altrimenti i contribuenti sottoposti a tali verifiche subirebbero un diverso (e ingiustificato) trattamento rispetto a quelli verificati in azienda, oltre che per il mancato rispetto del termine dilatorio dei 60 giorni per l’emissione dell’avviso di accertamento, anche per l’impossibilità di regolarizzare tramite il ravvedimento operoso le violazioni che l’Ufficio intende contestare.
Il che rafforza la tesi della illegittimità degli avvisi di accertamento emessi senza essere preceduti da un processo verbale di chiusura delle operazioni di verifica condotte “a tavolino” in ufficio.
A margine di questa breve dissertazione e in funzione delle scelte da operare a seguito del rilascio di un pvc, si vuole evidenziare che il ravvedimento operoso richiede comunque la distinta regolarizzazione delle violazioni contestabili o contestate (come anche confermato dall’Agenzia delle entrate con la circolare 6/E/2015).
In termini sanzionatori ciò comporta, come fatto giustamente notare da diversi autori, che in ipotesi di violazioni tra loro concatenate (quali, ad esempio, quelle riferibili alla omessa fatturazione di una operazione) occorre pagare le sanzioni previste per ogni singola violazione (ancorché in misura ridotta), senza la possibilità di beneficiare dell’istituto del cumulo giuridico.
Potrebbe quindi anche accadere che, a fronte della constatazione di violazioni tra loro concatenate, l’ammontare complessivo delle sanzioni dovuto per regolarizzare dette violazioni tramite il ravvedimento operoso (beneficiando della riduzione a 1/5 di ogni singola sanzione) risulti superiore alla sanzione unica che verrebbe altrimenti irrogata con l’avviso di accertamento, riducibile a 1/3 per la definizione in adesione o per acquiescenza.
Occorre inoltre considerare che il ravvedimento operoso non consente di rateizzare le somme dovute per la regolarizzazione, diversamente da quanto accade (ancora per il 2015) in caso di acquiescenza integrale al pvc e per la definizione in adesione degli avvisi di accertamento e per la acquiescenza agli stessi.