L’inquadramento degli insegnanti di associazioni culturali
di Guido MartinelliLa rubrica dedicata al terzo settore questa settimana esamina le figure degli insegnanti, quali prestatori d’opera per le associazioni culturali come docenti per corsi indetti a favore degli associati, ai fini dell’inquadramento contrattuale e delle modalità tecniche di effettuazione delle prestazioni.
Una delle figure maggiormente presenti tra i prestatori d’opera delle associazioni culturali è quella del docente dei corsi indetti da tali enti in favore dei propri associati.
La tipologia di soggetti coinvolti è diversificata, in alcuni casi trattasi di insegnanti di scuole pubbliche o università che si dedicano anche a questa attività in favore del terzo settore, in altri casi di studenti o esperti a vario titolo nelle discipline oggetto di didattica.
Se può essere agevole individuare nella prestazione di un relatore ad un convegno la fattispecie del lavoratore autonomo, la definizione del rapporto degli istruttori, dei docenti in genere strutturati in corsi è quella che, nell’ambito di un circolo ricreativo presenta le maggiori difficoltà qualificatorie.
Per quanto attiene l’inquadramento del rapporto di lavoro dell’istruttore, uno dei criteri citati dall’INPS come spartiacque tra il rapporto di lavoro autonomo e quello subordinato è stato individuato nella presenza o meno dell’obbligo del preavviso dell’eventuale assenza del lavoratore allo svolgimento della prestazione concordata.
L’INPS, infatti, ritiene che se l’insegnante sia tenuto a preavvertire il centro della sua assenza, quest’obbligo fa ritenere che l’assenza non ponga problemi organizzativi al prestatore ma al centro che deve provvedere alla sua sostituzione. Ciò in sostanza starebbe ad indicare che il docente è inserito nell’organizzazione dell’impresa la quale se ne assume il rischio dovendo rispondere agli utenti del servizio di istruzione nell’ipotesi di mancata tempestiva sostituzione dell’insegnante assente. In tal caso, dunque, assumendosi il centro il rischio d’impresa, il rapporto dell’istruttore con il circolo deve considerarsi di lavoro subordinato.
In realtà tale assunto non è pacifico in Giurisprudenza. Spesso si è, infatti, negato, nell’ambito del lavoro autonomo, la rilevanza determinante dell’elemento del rischio, in quanto nella prestazione d’opera intellettuale, gestita in regime d’autonomia, il lavoratore assume un’obbligazione di mezzi e non di risultato. Solo in quest’ultimo caso assumerebbe rilevanza il rischio d’impresa.
Il Ministero del Lavoro, già con propria comunicazione del 16.07.87 prot. n. 7/51364/OA-3 ed in particolare con la C.M. del 14.11.1996 n. 218 si è espresso su tale materia cercando di individuare criteri uniformi per la valutazione della sussistenza, ai fini contributivi, di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato tra i singoli docenti e i relativi istituti, applicabile anche in riferimento all’attività d’insegnamento effettuata nei circoli ricreativi. Pertanto, dopo aver premesso la possibilità di costituire rapporti di natura professionale autonoma in relazione a particolari esigenze, il Ministero ha ritenuto che dovrà escludersi il carattere di subordinazione in presenza dei medesimi elementi obiettivi che sono stati poi ribaditi dalla circolare INPS n.108/00 e pertanto: mancata imposizione al docente di un orario stabilito da parte della scuola; compenso determinato in relazione alla professionalità ed alle singole prestazioni; assenza di vincoli e di sanzioni disciplinari; libera scelta, da parte del docente delle modalità tecniche per la trattazione degli argomenti; volontà dei contraenti diretta ad escludere la subordinazione.
Detti criteri sono stati peraltro ribaditi dalla Direzione Centrale Contributi con la C.M. 28 ottobre 1997 n.210.
Lo stesso Ministero, con propria lettera circolare del 6.4.1988 n. 5/25576/70 sub AU si era espresso sull’argomento con specifico riferimento ai “maestri di discipline sportive ed animatori di villaggi turistici”. Viene sottolineato come nei casi in cui la fattispecie non consenta di identificare con certezza l’esistenza della subordinazione soccorrano altri criteri quali, incidenza del rischio economico, oggetto della prestazione del lavoro dedotto nel rapporto, forma e modalità del corrispettivo; criteri questi che assumono solo un valore indiziario ed in tale senso dovranno essere valutati. Il Ministero conclude sottolineando, conformemente a tutta la più recente Giurisprudenza, la necessità di evidenziare, in presenza di criteri paritetici tra rapporto di lavoro subordinato ed autonomo, quale sia stata quindi la volontà contrattuale delle parti. Pertanto la dichiarazione di volontà delle parti in ordine al contenuto del rapporto “…non va considerata avulsa dal contesto interpretativo e deve tenersi conto del reciproco affidamento che essa crea tra le parti contraenti, ..”. Il nomen iuris adottato dalle parti, pur non essendo decisivo, assume rilevanza quando lo schema contrattuale formalmente utilizzato non appaia incongruo rispetto alla realtà obiettiva e quando le modalità di svolgimento del rapporto, confermando la qualificazione data dalle parti, non contraddicano il tenore della volontà negoziale.
Ne consegue l’opportunità, ai fini probatori, che la conclusione dell’accordo con un insegnante, o collaboratore in genere, venga consacrata in un contratto scritto.
In tal caso, se le parti hanno esplicitamente dichiarato, nel regolare i reciproci interessi, di volere escludere l’elemento della subordinazione “…non si può pervenire ad una diversa qualificazione del rapporto stesso, se non si dimostra che in concreto la subordinazione si sia di fatto realizzata nello svolgimento del rapporto..”