Dal Jobs Act nessuna chiarezza per lo sport dilettantistico
di Guido MartinelliSe qualcuno avesse mai sperato che i decreti legislativi in corso di approvazione in attuazione della L. n. 183/2014 (il tanto nominato Jobs act) potessero finalmente mettere un punto finale alla diatriba sull’assoggettamento o meno a contribuzione previdenziale dei compensi erogati per prestazioni sportive dilettantistiche, sarà rimasto, come chi vi scrive, profondamente deluso del contenuto dei testi, approvati dal consiglio dei Ministri nella sua seduta del 20.02.2015, in attesa del previsto parere delle commissioni parlamentari competenti.
La vicenda, per come si interseca la legislazione, la giurisprudenza e la prassi amministrativa sta diventando quasi comica se, per chi ne venga coinvolto, non diventi anche drammatica.
La strada scelta dal Legislatore sotto il profilo fiscale di collocare tra i redditi diversi i compensi per attività sportive dilettantistiche (art. 67, primo comma, lett. m. Tuir) e quella, d’altro lato, sotto il profilo previdenziale, di ricomprendere i compensi corrisposti agli istruttori sportivi tra quelli soggetti a contribuzione “spettacolo” ha prodotto le due correnti di pensiero che oggi si confrontano. Quella di chi ritiene che una prestazione lavorativa, se è tale, in armonia con il disposto dell’art. 38 della Costituzione, non possa non comportare una tutela previdenziale e assicurativa (e conseguente contribuzione da versare), vedendo sul punto precisi e puntuali riferimenti nelle sentenze C. Cass. Sez. Lavoro n. 21245/2014 e Sez. terza n. 31840/2014, e quella di coloro i quali, invece, ritengono che per la specificità dell’attività, il Legislatore abbia prevista una nuova area di attività lavorativa, non soggetta a contribuzione previdenziale (a supporto della quale si citano la Circolare del Ministero del lavoro 21.02.2014; Sent. C.d.A. Milano Sez. lav. n. 1172/2014 e C.d.A. Firenze n. 683/2014).
Proviamo a darvi dimostrazione dei due assunti con due sentenze, casualmente decise lo stesso giorno e su due fattispecie analoghe di istruttori di nuoto che operavano per associazioni sportive dilettantistiche:
Corte di Appello di Firenze Sent. n. 683/14 del 08.10.2014: “...la finalità perseguita dal legislatore è quella di realizzare un regime di favore a vantaggio delle associazioni sportive dilettantistiche esentando dal pagamento dell’imposta (e della contribuzione) quanto queste corrispondano in forme di rimborsi forfettari o di compensi non solo agli atleti ma anche a tutti coloro che collaborino con mansioni tecniche o anche gestionali, al funzionamento della struttura riconosciuta dal Coni. Vi sottende, ovviamente, la necessità di incentivare questo tipo di attività e di alleggerirne i costi di gestione, sul presupposto della oggettiva valenza della funzione, anche educativa che consegue all’esercizio di attività sportive non professionistiche”.
C. Cassazione Civile sez. lavoro Sent. n. 21245 del 08.10.2014: “La causa va quindi definita con l’affermazione del seguente principio di diritto: Gli istruttori di nuoto in quanto esplichino la propria attività in corsi di nuoto svolgentisi in piscine, rientrano tra gli addetti agli impianti sportivi di cui al D.Lgs. cps 16 luglio 1947 n. 708 art. 3 co. 1 n. 21 come sostituito dal d.p.r. 22 luglio 1986 n. 10 indipendentemente dal regime autonomo o subordinato di espletamento della loro prestazione lavorativa con conseguente debenza all’inps dei contributi ssn, di malattia e gescal“
Nel primo caso, per i magistrati toscani esiste una sorte di tertium genus oltre il lavoro autonomo e subordinato. La Suprema Corte, invece, non ha dubbi sul loro assoggettamento a contribuzione.
Il Legislatore del jobs act non risolve il dilemma. Anzi!
La previsione di specifico interesse per il mondo dello sport è contenuta nello schema di decreto legislativo (“Testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni”).
All’art. 47 dello schema di decreto viene previsto che, a far data dal 1° gennaio 2016, ai rapporti di collaborazione personali con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato. La norma fa, però, salve alcune tipologie di collaborazioni tra cui “le prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289”.
Ma l’art. 90 della L. n.289/2002 disciplina solo le collaborazioni amministrativo – gestionali e non anche le prestazioni sportive (che sono previste solo dall’art. 67 del Tuir) e, soprattutto, non facendo alcun riferimento alla disciplina fiscale, si continua a “non comprendere” la volontà del Legislatore in merito all’inquadramento previdenziale di queste collaborazioni.
Si sta correndo il rischio di perdere una buona occasione per fare una disciplina organica del lavoro nello sport.