Reverse charge Iva nella cessione di immobili
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariL’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, dispone che “l’imposta è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili (….)”. Tuttavia, in deroga a tale principio generale, i successivi commi 2, 3, 5, 6 e 7, del medesimo art. 17 prevedono l’inversione contabile (o reverse charge), obbligando il cessionario, o il committente, al pagamento dell’imposta, mediante l’emissione di un’autofattura o all’integrazione della fattura del cedente o prestatore. Le motivazioni alla base di tale inversione sono fondamentalmente rinvenibili in alcuni casi alla volontà di contrastare fenomeni di frodi Iva, ed in altre ipotesi all’impossibilità per il cedente di applicare l’imposta in quanto soggetto non identificato ai fini Iva in Italia (generalmente soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia e non identificati direttamente, ovvero senza rappresentante fiscale nel nostro territorio). L’art. 17, commi 5, 6 e 7, del D.P.R. n. 633/1972, contengono tutta una serie di disposizioni speciali riferite ad operazioni interne, ossia eseguite tra soggetti residenti in Italia, per le quali l’imposta non è dovuta dai cedenti o dai prestatori, bensì dai cessionari o dai committenti. In particolare, la lett. a-bis) del comma 6 dell’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972, contiene l’ambito applicativo del regime di reverse charge per le cessioni di immobili, che a seguito delle novità introdotte dal D.L. n. 83/2012, è stato ampliato anche agli immobili abitativi, prevedendo nel contempo che tale inversione contabile si applichi necessariamente in presenza di una specifica opzione per l’applicazione dell’Iva. In particolare, l’art. 9 del D.L. n. 83/2012 è intervenuto nell’ambito dell’applicazione del reverse charge, tramite la riscrittura della lettera a-bis contenuta nell’art. 17, comma 6 del D.P.R. n. 633/1972. La nuova formulazione della lettera a-bis prevede l’applicazione dell’inversione contabile “alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) del primo comma dell’articolo 10 per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione”. In particolare:
- la prima differenza rispetto al quadro normativo in essere precedentemente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 83/2012, riguarda il fatto che, visto il richiamo contenuto nella predetta lett. a-bis) dell’art. 17, comma 6, al 8-bis) dell’art. 10 del D.P.R. n. 633/72, rientrano nell’ambito applicativo del reverse charge, oltre alle cessioni dei fabbricati strumentali già interessati dalla precedente previsione, anche quelle riguardanti i fabbricati abitativi (ovviamente nei casi in cui tali cessioni rientrino nel campo di applicazione dell’IVA e non dell’esenzione);
- la seconda questione da valutare riguarda il fatto che l’inversione contabile si applica alle sole cessioni in Iva a seguito di opzione e non a quelle per le quali il cedente è tenuto ad applicare l’Iva nei modi tradizionali (con l’esercizio della rivalsa). Pertanto l’impresa costruttrice, o ristrutturatrice, di fabbricati abitativi o strumentali che ceda detti immobili entro i 5 anni dal completamento dei lavori, essendo tenuto ad applicare l’imposta (senza alcuna opzione), dovrà anche esporla sul documento (esercitando la rivalsa nei modi ordinari), incassarla dal cessionario e provvedere al versamento facendola concorrere alla propria liquidazione Iva. Al contrario, quando la cessione fosse in Iva per opzione, l’applicazione dell’inversione contabile sarebbe obbligatoria in tutte le situazioni. A tale regola generale pare comunque lecito sottrarre la cessione di immobile a contribuente privo della partita Iva, per gli evidenti impedimenti tecnici in capo a tale ultimo soggetto.
Qualche aspetto di maggior criticità si pone in relazione alle cessioni effettuate nei confronti di acquirenti che presentano delle limitazioni all’esercizio del diritto alla detrazione, in quanto effettuano operazioni esenti. Come noto, l’art. 19, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972, ed il successivo art. 19-bis, prevedono l’applicazione del regime del cd. “pro-rata” di detrazione, calcolato in funzione del volume di operazioni imponibili rispetto al volume d’affari, per il cui conteggio si deve tener conto anche delle operazioni esenti. Nell’ipotesi di acquirente dell’immobile che applichi il pro-rata:
- quando questo acquista un immobile (abitativo o strumentale) entro i 5 anni dal completamento dell’immobile da un’impresa che ha costruito o ristrutturato, si vedrà l’imposta addebitata in fattura nei modi ordinari;
- nel caso di cessione da costruttore o ristrutturatore oltre i 5 anni (di abitativo o strumentale), il cedente potrà optare per l’Iva, con la conseguenza che tale operazione sarà interessata dall’inversione contabile;
- qualora il fabbricato strumentale fosse ceduto da parte di soggetto diverso dal costruttore (e qui senza alcun limite temporale) il cedente potrà optare per l’applicazione dell’Iva (la cessione di abitativo da soggetto diverso dal costruttore, o ristrutturatore, è invece sempre in esenzione Iva), ma essendo in ogni caso una cessione in Iva per opzione, sarà sempre necessario applicare l’inversione contabile.
25 Gennaio 2022 a 18:46
Vorrei porvi un quesito. Nel caso di acquisto di una casa abitativa da parte di una società immobiliare direttamente dal costruttore, che deve poi essere data in locazione, si può applicare il reverse charge, e quindi optare per l’opzione? Grazie.