Chiariamo l’esenzione ICI per gli immobili degli enti non commerciali
di Guido MartinelliMarta SaccaroSe l’immobile utilizzato da un ente non commerciale è inserito nella categoria catastale D6 l’accertamento agli effetti dell’ICI è automatico. La categoria D6, infatti, è destinata a rappresentare i “fabbricati, locali ed aree attrezzate per esercizi sportivi con fini di lucro”: pertanto, se su un immobile accatastato D6 l’associazione sportiva dilettantistica non ha versato l’ICI il Comune procede con l’accertamento anche se il fabbricato è di proprietà di un’associazione sportiva dilettantistica. Dall’accertamento è poi scaturito il contenzioso riassunto nella sentenza n. 6546/35/14 del 22.01.2014 della Commissione Tributaria Regionale di Roma, sez. 35, nella quale è stata approfondito l’ambito di applicazione dell’agevolazione che, in relazione all’ICI, era stata disposta per gli enti non commerciali dall’art. 7, comma 1, lettera l) del D.Lgs. n. 504/1992 (agevolazione peraltro riproposta anche con effetto per l’IMU).
In base a questa disposizione, per consentire l’esenzione dall’imposta comunale devono sussistere contemporaneamente due requisiti: il primo, di carattere soggettivo, rappresentato dal fatto che l’immobile deve essere utilizzato da un ente non commerciale, ed il secondo, oggettivo, in base al quale gli immobili utilizzati devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente elencate nella norma (assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive e di culto).
In tono molto incisivo la Commissione Tributaria fa presente che, per l’applicabilità dell’agevolazione (sia quella in discorso ma anche quelle previste agli effetti dell’IRES) non è sufficiente richiamarsi ad un rispetto solo formale della normativa. In aderenza a quanto previsto dalla Corte di Cassazione (sent. n. 16032 del 29 luglio 2005, sent. n. 28005 del 25 novembre 2008), la Commissione Tributaria Regionale osserva che “il rispetto del contesto normativo, dal quale comunque non si può prescindere, non è di per sé attributivo del vantaggio fiscale, essendo questo subordinato alla concreta sussistenza delle condizioni previste per la sua applicazione”.
Sono condivisibili le considerazioni che, in linea generale, vengono poste in merito al rispetto delle disposizioni tributarie di agevolazione. Si legge infatti nella sentenza che la sussistenza delle condizioni formali previste dal quadro normativo, insieme al concreto svolgimento di un’attività sportiva dilettantistica certificata dal Coni, costituiscono elementi imprescindibili perché l’ente possa essere considerato in condizione di agevolazione fiscale ma non per questo sono elementi definitivi per l’attribuzione dello status. Può infatti accadere che al rispetto formale delle disposizioni di legge introdotte nello statuto delle associazioni ed allo svolgimento di una certificata attività dilettantistica non segua un comportamento sociale che sia adesivo al dettato normativo. Questo è tanto più possibile in quanto l’ente può in concreto non adeguarsi alle norme statutarie (ad esempio, nel funzionamento degli organi sociali), può occultamente perseguire finalità di lucro, può di fatto svolgere attività commerciali prevalenti laddove, accanto a quelle aventi finalità sportiva dilettantistica, vengano di fatto esercitate attività di diversa natura: la stessa certificazione del Coni ha pieno valore quale attestato di svolgimento di un’attività sportiva dilettantistica ma nulla rileva al fine del rispetto delle disposizioni in materia.
Lo stesso ragionamento viene poi condotto nella sentenza in commento per verificare l’applicabilità dell’agevolazione agli effetti dell’ICI. Anche per l’imposta comunale – sostiene la Commissione Tributaria Regionale – non sussiste uno status di extrafiscalità ma occorre valutare in concreto l’attività svolta dall’associazione. Richiamando un precedente della Corte di Cassazione (sentenza n. 7385 dell’11.05.2012) viene inoltre osservato che l’agevolazione prevista dalla normativa ICI “opera alla duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusività della loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito, escludendo che il beneficio possa spettare in caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse”.
Sotto questo profilo, quindi, nella sentenza in commento viene osservato che mentre l’agevolazione ICI compete legittimamente in relazione all’immobile, di proprietà dell’associazione sportiva dilettantistica, destinato a sede sociale, non altrettanto si può dire per l’immobile dove è posto il ristorante, concesso in comodato ad un terzo. La circostanza, infatti, che su questo immobile venga svolta un’attività diversa da quella istituzionale è sufficiente a fare decadere il diritto a beneficiare dell’agevolazione agli effetti dell’imposta comunale sugli immobili. Anzi, poiché l’attività svolta è quella di ristorazione, non costituisce alcuna attenuante la circostanza che la stessa sia rivolta ai soci, potendo questi ultimi al massimo rappresentare il parziale bacino di utenza di possibili clienti del gestore.
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