Il confronto del prezzo: metodo principe del transfer price
di Ennio VialVita PozziÈ appena il caso di ricordare come l’art. 110, comma 7 del Tuir imponga che nelle transazioni attive e passive fra soggetti appartenenti al medesimo gruppo, ma residenti in stati diversi, si applichi il valore normale. La ratio della norma è evidentemente quella di prevenire l’allocazione di materia imponibile in paesi a bassa fiscalità o, in ogni caso, in paesi diversi da quelli dove il reddito risulta effettivamente prodotto.
Le Linee guida Ocse del 2010 offrono interessanti spunti, che aiutano l’impresa nella determinazione del giusto prezzo. Diversi metodi vengono, infatti, proposti.
Il punto da cui si parte è che nessun metodo è adatto in ogni possibile situazione. I metodi tradizionali (confronto del prezzo, prezzo di rivendita e cost plus) sono considerati quelli più “diretti” per stabilire se le transazioni infragruppo rispettano il principio del prezzo di libera concorrenza, ma non è detto che siano i più adeguati in ogni situazione.
Peraltro, viene anche ammessa l’eventualità che un soggetto usi metodi diversi da quelli proposti dalle Linee guida dell’Ocse. In questo caso si deve spiegare il motivo e, se posso utilizzare i metodi Ocse, questi ultimi sono da preferire.
In ogni situazione non è necessaria l’applicazione di più di un metodo. Tuttavia, per i casi difficili dove nessun approccio è conclusivo, si potrebbero utilizzare più metodi contemporaneamente.
Il metodo del confronto del prezzo è generalmente accreditato come lo strumento principe perché analizza in modo diretto la variabile che deve essere determinata, ossia il prezzo della transazione. In sostanza, si confronta il prezzo verificato e quello che verrebbe praticato per transazioni comparabili (tra imprese indipendenti), quanto a condizioni e a beni oggetto del trasferimento. Si tratta del metodo storicamente “privilegiato” dall’Ocse (fino alla “revision” del 2010 in cui tale prioritaria applicazione viene molto “sfumata”).
L’analisi viene realizzata utilizzando transazioni comparabili interne (tra l’impresa che effettua l’operazione e un terzo) o esterne (tra imprese “terze” indipendenti).
Il metodo si può utilizzare se:
- nessuna delle differenze (se presente) tra le operazioni poste in essere può avere effetti significativi e influire sul prezzo nel mercato aperto;
- le rettifiche possono essere poste in essere per eliminare gli effetti di tali differenze.
Il confronto esterno di prezzo è di difficile applicazione e spesso ci sono differenze rilevanti nei prezzi praticati. L’aspetto più critico risiede nella oggettiva difficoltà di reperire queste informazioni.
Il confronto interno è molto più gestibile. La società Alfa vende l’identico prodotto alla società Beta appartenente al gruppo e alla società Gamma estranea al gruppo.
Anche in questo caso però si deve prestare la massima attenzione alle bucce di banana. Il prezzo potrebbe essere identico ma non è scontato che ciò sia un bene.
Innanzitutto, si deve esaminare la transazione con la massima accuratezza al fine di evidenziare prestazioni accessorie che potrebbero influenzare il prezzo. Si pensi al caso banale del trasporto. Se a fronte di un prezzo identico il trasporto è in un caso a cura del cedente e nell’altro a cura del cessionario, significa che il prezzo infragruppo forse non è adeguato.
Altro aspetto importante da valutare è se le differenti quantità comportano una correzione del prezzo di trasferimento.
Gli elemento che nella sostanza possono rendere difficile l’applicazione di questo metodo sono:
- la difficile individuazione del mercato rilevante dei prodotti;
- la frequente non comparabilità tra i prodotti (per esempio, in ragione dei differenti termini e condizioni di vendita o delle diverse qualità merceologiche);
- le rilevanti differenze nei volumi di vendita;
- le peculiarità connesse all’incorporazione, nei prodotti, di diritti di proprietà industriale (es. marchi apposti sul prodotto);
- la non agevole reperibilità delle informazioni necessarie.