Recupero Iva accordi ristrutturazione e piani attestati – II parte
di Davide DavidGiovanni TurazzaNella prima parte del nostro intervento, pubblicata il 12 dicembre, è stata segnalata la possibilità, introdotta dal Decreto Semplificazioni, di portare in detrazione anche oltre l’anno dall’effettuazione delle operazioni l’Iva su fatture parzialmente non pagate a seguito di accordi di ristrutturazione dei debiti o di piani attestati.
Si sono inoltre esaminate in sintesi le disposizioni della legge fallimentare (articoli 182-bis e 67) concernenti i predetti accordi e piani e si sono ripercorse le soluzioni fornite in via interpretativa per quanto concerne l’analoga detrazione già prevista per le procedure concorsuali.
Riportando le suddette soluzioni al caso degli accordi di ristrutturazione e dei piani attestati si è segnalato che, a parere di chi scrive:
- possono esercitare il nuovo diritto alla detrazione solo i cedenti o prestatori che abbiano stipulato un accordo con il debitore con riconoscimento di una riduzione dei propri crediti, mediante espressa partecipazione all’accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis della L.F. ovvero ad atto previsto nel piano attestato ex art. 67 della L.F. (con conseguente pagamento solo parziale); non potranno invece trovare ingresso le riduzioni dei crediti concordate con debitori che abbiano utilizzato detti istituti, qualora tali pattuizioni non siano state poste in essere nell’ambito degli stessi;
- non possono beneficiare della detrazione i soggetti che hanno certificato i corrispettivi con altri mezzi diversi dalle fatture (in particolare, scontrini e ricevute fiscali).
Si vuole ora ulteriormente approfondire l’aspetto del momento nel quale sorge il diritto alla detrazione dell’Iva.
Si ricorda, a tale proposito, che, con riguardo sia alle procedure concorsuali che a quelle esecutive, l’art. 26 del d.P.R. n. 633/1972 prevede espressamente, quale presupposto per la detrazione, l’infruttuosità delle procedure stesse.
Il principio che si ricava dai diversi chiarimenti forniti al riguardo dall’Amministrazione finanziaria, quali riepilogati nel nostro precedente intervento, è che nel caso delle procedure concorsuali ed esecutive il diritto alla detrazione può essere esercitato solo quando risulta definitivamente acclarata, a seguito della conclusione delle procedura, l’infruttuosità della partecipazione alla procedura stessa da parte del creditore che intende avvalersi della relativa facoltà. Ciò in quanto è solo in tale ipotesi che si ha una ragionevole certezza dell’incapienza del patrimonio del debitore (vedasi, in tal senso, la Risoluzione n. 195/E/2008).
Per come però risulta formulato ora l’art. 26 del d.P.R. n. 633/1972, a seguito delle modifiche operate dal Decreto Semplificazioni, la richiesta infruttuosità delle procedure sembrerebbe limitata alle sole procedure concorsuali ed esecutive, e non anche ai piani attestati e agli accordi di ristrutturazione, soluzione che appare motivata dalla circostanza che l’adesione agli accordi di ristrutturazione (a condizione della successiva omologa) o ad accordi stipulati in esecuzione di piani attestati pubblicati (con previsione di regolazione di crediti a stralcio), comportano in re ipsa la definitiva infruttuosità della parte del credito di cui si è convenuta la rinunzia.
Parrebbe allora potersi affermare, ripercorrendo il nuovo dettato normativo, che il diritto alla detrazione possa essere esercitato:
- per gli accordi di ristrutturazione, a decorrere dalla loro omologazione;
- per i piani attestati, a decorrere dalla loro pubblicazione nel registro delle imprese, ovvero, per i motivi esposti nel nostro precedente intervento, dalla data dell’accordo stipulato in esecuzione del piano attestato, se successiva.
In ogni caso va prestata particolare attenzione al fatto che, per quanto concerne i piani attestati, il diritto alla detrazione è comunque condizionato alla relativa pubblicazione nel registro delle imprese.
A norma, però, dell’art. 67 della L.F. la richiesta della pubblicazione del piano attestato nel registro delle imprese non è un obbligo, bensì una facoltà del debitore, che peraltro usualmente non viene esercitata.
Diviene quindi importante per i creditori adoperarsi affinché il debitore ne richieda la pubblicazione (ancorché ragioni di riservatezza gli suggeriscano di evitarlo) in modo da consentire loro di portare in detrazione l’Iva per la parte di credito alla quale rinunciano; anche se ciò potrebbe confliggere con il contrastante interesse del debitore a non ricevere delle note di variazione che comportino l’insorgere di un debito Iva. Per altro verso, il redattore del piano dovrà tenere conto della possibilità, in caso di pubblicazione del piano, che i creditori emettano delle note di variazione per il recupero dell’Iva, da cui l’insorgere di un debito Iva in capo al debitore.
L’individuazione del momento dal quale sorge il diritto alla detrazione rileva altresì per l’individuazione del momento dal quale hanno effetto le nuove disposizioni, data anche l’assenza di una disciplina transitoria.
La modifica dell’art. 26 del d.P.R. n. 633/1972 da parte del Decreto Semplificazioni è, infatti, entrata in vigore il 13 dicembre 2014 e non pare che il nuovo testo introdotto per consentire la detrazione dell’Iva con riguardo ai piani attestati e agli accordi di ristrutturazione possa avere valenza di norma di interpretazione autentica.
Se quindi si accoglie la tesi della non richiesta infruttuosità dei procedimenti, parrebbe potersi affermare che il diritto alla detrazione dell’IVA sia consentito solo con riguardo:
- agli accordi di ristrutturazione omologati a decorrere dal 13.12.2014;
- ai piani attestati pubblicati nel registro delle imprese a decorrere dal 13.12.2014.
Dal punto di vista formale, ancorché la normativa di riferimento non preveda particolari obblighi documentali, è opportuno (giusto anche quanto indicato dalla prassi ministeriale per l’analogo caso delle procedure concorsuali) che il fornitore emetta una nota di variazione correlata alla fattura originaria, con indicate le sue generalità e quelle del cliente, la quantità e la qualità dei beni ceduti o delle prestazioni rese, l’ammontare dell’imponibile e dell’Iva originariamente fatturati nonché le variazioni sia dell’imponibile che dell’Iva operate in conseguenza del mancato pagamento. Non è invece consentito emettere una nota di variazione per la sola Iva, tralasciando la variazione dell’imponibile (cfr. Risoluzione n. 127/E/2008). Nella nota di variazione andrà altresì evidenziato che trattasi di variazione operata per mancato pagamento del corrispettivo a causa di un accordo di ristrutturazione o di un piano attestato, specificando gli estremi identificativi del procedimento (tra i quali, rispettivamente, quelli dell’omologa e della pubblicazione nel registro delle imprese).
La nota di variazione va annotata nel registro Iva degli acquisti, ovvero, in alternativa, può essere annotata in rettifica nel registro dei corrispettivi o in quello delle fatture emesse.
Da ultimo va segnalato che, per quanto concerne gli accordi di ristrutturazione dei debiti, la modifica dell’art. 26 del d.P.R. n. 633/1972 allinea la disciplina Iva a quella del Tuir, che già associa gli accordi di ristrutturazione alle procedure concorsuali (a seguito delle modifiche apportate dal D.L. n. 83/2012):
- all’art. 88 ai fini della detassazione, entro determinati limiti, della riduzione dei debiti dell’impresa che ha stipulato l’accordo con i creditori;
- all’art. 101 ai fini della deducibilità delle perdite su crediti, statuendo tra l’altro che il debitore è da considerare assoggettato a detta procedura dalla “data … del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione”.
Nel Tuir i piani attestati sono, invece, richiamati solo all’art. 88, ai fini della detassazione da parte del debitore (condizionatamente alla pubblicazione del piano); mentre manca un analogo richiamo nell’art. 101, ai fini della deducibilità della perdita da parte del creditore.
Dato il rincorrersi della disciplina Iva con quella del Tuir è quindi prevedibile e auspicabile che in un prossimo futuro venga modificato l’art. 101 del Tuir, perché richiami espressamente anche i piani attestati, fermo restando che anche attualmente la parte di credito alla quale il creditore rinuncia in tale ambito pare comunque presentare quei requisiti di certezza e precisione richiesti, in generale, per la deducibilità delle perdite su crediti manifestatesi al di fuori delle procedure espressamente richiamate dalla norma del Tuir.