Le presunzioni sulla territorialità IVA dei servizi digitali
di Marco PeiroloDal 1° gennaio 2015, entreranno in vigore le nuove regole territoriali per i “Telecommunication, Broadcasting and Electronic Services” (TBES), introdotte dall’art. 5 della Direttiva n. 2008/8/CE, basate sulla tassazione nel Paese di destinazione anche nei rapporti “B2C”, cioè quando il cliente è un “privato”.
Per tali operazioni, sarà dunque importante individuare:
- da un lato, il luogo di stabilimento del cliente e
- dall’altro, la qualità del cliente avente status di soggetto passivo Iva, cioè quando agisce in veste di “privato”.
Sotto il primo profilo, i servizi digitali saranno imponibili nel luogo in cui il destinatario è stabilito, oppure ha l’indirizzo permanente o la residenza abituale. Al riguardo:
- il luogo dell’attività:
-
- è il luogo in cui sono svolte le funzioni dell’amministrazione centrale dell’impresa. A tal fine, si tiene conto del luogo in cui vengono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell’impresa, del luogo della sua sede legale e del luogo in cui si riunisce la direzione. Se tali criteri non consentono di determinare con certezza il luogo della sede dell’attività economica, prevale il criterio del luogo in cui vengono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell’impresa (art. 10 del Reg. UE n. 282/2011);
- per le persone giuridiche che non sono soggetti passivi, è il luogo in cui sono svolte le funzioni dell’amministrazione centrale o quell luogo della stabile organizzazione destinataria del servizio (art. 13-bis del Reg. UE n. 282/2011, introdotto dal Reg. UE n. 1042/2013);
- l’indirizzo permanente è l’indirizzo figurante nel registro della popolazione o in un registro analogo, oppure indirizzo comunicato alle Autorità fiscali competenti (art. 12 del Reg. UE n. 282/2011);
- la dimora abituale è il luogo in cui la persona fisica vive abitualmente a motivo di interessi personali e professionali. Ove gli interessi professionali siano presenti in un Paese diverso da quello in cui lo sono gli interessi personali, oppure in assenza di interessi professionali, la residenza abituale è determinata dagli interessi personali che presentino stretti legami tra la persona fisica e il luogo in cui vive (art. 13 del Reg. UE n. 282/2011).
Al fine di evitare l’elusivo spostamento del luogo impositivo, è stato previsto – con una presunzione assoluta – che se il cliente è stabilito in più Paesi, oppure ha l’indirizzo permanente in un Paese e la residenza abituale in un altro, si dà la priorità (art. 24 del Reg. UE n. 282/2011, introdotto dal Reg. UE n. 1042/2013):
- nel caso di una persona giuridica non soggetto passivo, al luogo in cui sono svolte le funzioni della sua amministrazione centrale, a meno che sia provato che l’utilizzazione del servizio avviene nel luogo della sua stabile organizzazione;
- nel caso di una persona fisica non soggetto passivo, al luogo della sua residenza abituale, a meno che sia provato che l’utilizzazione del servizio avviene nel luogo del suo indirizzo permanente.
Sotto il secondo profilo considerato, dal prossimo anno, per i servizi digitali, sarà altresì di fondamentale rilevanza stabilire se il cliente, avente lo status di soggetto passivo IVA, agisca o meno in tale qualità.
In base al 6° Considerando del Reg. UE n. 1042/2013, “(a)l fine di individuare il debitore dell’IVA per la prestazione di servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o di servizi prestati tramite mezzi elettronici, e tenuto conto del fatto che il luogo di imposizione è lo stesso a prescindere dal fatto che il destinatario sia o meno un soggetto passivo, il prestatore dovrebbe poter determinare lo status di un destinatario unicamente sulla base del fatto che questi comunichi o meno il proprio numero individuale di identificazione IVA. Conformemente alle norme generali, tale status deve essere modificato se il destinatario effettua successivamente una comunicazione in tal senso. Se tale comunicazione non viene ricevuta, il prestatore dovrebbe rimanere debitore dell’IVA”.
La corrispondente norma è contenuta nell’art. 18, par. 2, del Reg. UE n. 282/2011, così come integrata dal Reg. UE n. 1042/2013. Come regola generale, “il prestatore può considerare che il destinatario stabilito nella Comunità ha lo status di persona non soggetto passivo qualora dimostri che tale destinatario non gli ha comunicato il suo numero individuale di identificazione IVA”. Tuttavia, viene ora aggiunto, “che disponga o no di informazioni contrarie, il prestatore di servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione o prestati tramite mezzi elettronici può considerare che il destinatario stabilito nella Comunità sia una persona che non è soggetto passivo se tale destinatario non gli ha comunicato il proprio numero individuale di identificazione IVA”.
In pratica, il fornitore è autorizzato ma non obbligato a considerare che il cliente sia un “privato” se non gli ha comunicato il proprio numero di partita Iva (cfr. § 5.5.2 delle Explanatory Notes pubblicate dalla Commissione europea il 3 aprile 2014).
Nello specifico, il prestatore “può” trattare i destinatari privi di un numero individuale di identificazione Iva come consumatori finali. Così facendo si tutela da qualsiasi obbligo di assolvimento successivo nel caso in cui il destinatario non gli comunichi mai un proprio numero individuale di identificazione Iva; tale circostanza può essere interpretata come un’indicazione del fatto che il destinatario effettivamente non ha agito in quanto soggetto passivo.
Tuttavia, il prestatore non ha l’obbligo di trattare un destinatario che è soggetto passivo e che agisce in quanto tale come se fosse un consumatore finale: se vuole trattarlo come un soggetto passivo, sebbene il destinatario non gli abbia comunicato il proprio numero individuale di identificazione Iva, lo può fare, ma l’onere della prova ricadrà su di lui e, per tutelarsi da obblighi di assolvimento, avrà bisogno di informazioni sufficienti a dimostrare lo status del destinatario” (cfr. § 5.4 delle Explanatory Notes pubblicate dalla Commissione europea il 3 aprile 2014).
Il concetto di “informazione contraria” non è, però, al momento, definito, sicché per considerare come soggetto Iva un cliente che, per presunzione relativa, è un “privato” (o viceversa), occorre possedere elementi di prova incontrovertibili.