13 Dicembre 2014

La fusione anticipata rallenta durante la pausa estiva?

di Comitato di redazione
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Nella terza giornata del Master Breve abbiamo analizzato l’operazione di fusione e, dal confronto con i colleghi, sono emerse diverse problematiche in relazione all’applicazione dell’articolo 2503 Cod. Civ.. La disposizione, come noto, consente ai creditori, che si sentissero danneggiati nelle loro ragioni dal compimento dell’operazione, di potersi opporre alla medesima; in tal senso, il Codice assegna un termine 60 giorni (riducibile alla metà nel caso in cui non siano coinvolte nella fusione società con capitale rappresentato da azioni) per far constare la loro opposizione.

Per far risultare l’assenza di contrarietà, si può richiedere il rilascio di un apposito certificato, la cui richiesta viene veicolata su fac-simile predisposti a livello territoriale (per un esempio, si veda quello allegato del Tribunale di Udine); ma, anche in relazione alla necessità ed alla valenza del certificato, avremo modo di dettagliare l’esistenza di posizioni differenziate.

Se scartiamo le ipotesi che rendono inutile il decorso del termine (rappresentate dal comma 1 del citato articolo, quali, ad esempio, la manifestazione di esplicito consenso), ci si deve interrogare in merito alla possibilità che i 60 giorni canonici del codice civile possano prolungarsi per effetto della sospensione feriale dei termini.

La questione, ovviamente, può interessare massicciamente le fusioni per le quali si intenda utilizzare, quale situazione patrimoniale di riferimento, il bilancio dell’ultimo esercizio chiuso non oltre 6 mesi prima, ai sensi del disposto dell’articolo 2501–quater Cod. Civ.. Infatti, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, potrebbe spesso accadere che il termine in analisi venga a cadere nel periodo “estivo”.

Al riguardo, non vi sono opinioni uniformi, tant’è che spesso i vari Registri delle imprese emanano delle direttive al riguardo.

Un esempio è costituito dal Giudice del Registro delle imprese di Roma che, con nota del 23.07.2013 (in senso conforme, Tribunale di Brescia, 16.01.2006, e Giudice del Registro delle Imprese di Milano, con direttiva del 27.11.2012), ha avuto modo di affermare che “l’opposizione dei creditori alla fusione, ex art. 2503 c.c., è un rimedio giurisdizionale di natura contenziosa.

Pertanto, il termine di sessanta giorni per proporre l’opposizione, decorrente dall’ultima delle iscrizioni previste dall’art. 2502-bis Cod. Civ., è un termine di decadenza di carattere sostanziale a rilevanza processuale, al quale è applicabile la disciplina della sospensione di cui alla legge n. 742/1969. Il termine di legge per l’opposizione dei creditori all’atto di fusione è, quindi, soggetto alla sospensione feriale dei termini giudiziari, sino al 2014 dal 1° agosto al 15 settembre e, per effetto delle modifiche apportate dal D.L. n. 132/2014, dal 1° al 31 agosto per le annualità successive.

Ne consegue, seguendo la nota, che la Camera di commercio non potrà procedere all’iscrizione degli atti di fusione trasmessi prima della scadenza del predetto termine; in particolare, l’atto di fusione il cui termine per l’opposizione ex art. 2503 Cod. Civ. non sia interamente trascorso al 31 luglio, potrà essere trasmesso al Registro delle imprese soltanto successivamente al 31 agosto, data dalla quale inizierà a decorrere il periodo mancante interrotto dalla sospensione feriale.

Ma tale visione non è univoca, infatti il Consiglio Notarile di Roma (massima n. 4 del luglio 2013) ha avuto invece modo di affermare che “l’opposizione dei creditori alla fusione ex art. 2503 c.c. (o alla scissione ex art. 2506-ter, ultimo comma, c.c. che rinvia all’art. 2503 c.c.) ha natura di dichiarazione negoziale unilaterale recettizia, come tale da esercitarsi in via stragiudiziale (senza che sia necessaria, pertanto, la proposizione della stessa in via giudiziale), con conseguente onere per la società interessata di instaurare il relativo (successivo ed eventuale) giudizio”.

Pertanto, si ritiene valida ed efficace l’attuazione della fusione (o della scissione) che avvenga decorsi sessanta giorni (o trenta giorni nei casi in cui ciò sia concesso dalla legge) dall’ultima delle iscrizioni previste dall’art. 2502-bis Cod. Civ. delle relative deliberazioni/decisioni, senza che il termine in questione sia soggetto alla sospensione feriale di cui alla legge n. 742/1969.

Di conseguenza, il notaio chiamato a rogare l’atto di fusione (o di scissione) è tenuto a richiedere all’organo amministrativo una specifica dichiarazione attestante la mancata proposizione dell’opposizione nel termine di legge, senza la necessità di doversi munire del certificato della cancelleria del competente tribunale attestante la mancata proposizione di opposizioni, da allegare, eventualmente, al relativo atto. In senso conforme anche la massima n. 62 del 21.06.2005 della Commissione società del Consiglio Notarile di Milano, secondo cui “decorsi 60 giorni dall’ultima iscrizione nel registro delle imprese delle relative deliberazioni, l’atto di fusione (o di scissione) può essere ricevuto (e quindi depositato per l’iscrizione), pur non essendo trascorso l’ulteriore periodo di cui il termine per l’opposizione dei creditori sarebbe maggiorato in caso di applicazione della sospensione feriale”.

Anche in questo caso, dunque, vale il motto in forza del quale a seconda del Registro delle imprese interessato si potrebbero riscontrare procedure differenziate.

Vale la pena, pertanto, accertare preventivamente l’orientamento del notaio, onde non dover poi discutere successivamente sulla efficacia della fusione.