La sproporzionalità delle sanzioni tributarie per le violazioni formali in ambito IVA
di Michele CenciNiccolò Di BellaLa Circolare n. 16/D, emessa dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli lo scorso 20 ottobre, ci consente ancora una volta di esprimere alcune considerazioni sul rispetto del principio di proporzionalità di alcune disposizioni sanzionatorie amministrative tributarie contenute nel D. Lgs. n. 471/1997.
Il motivo che ha spinto l’ufficio normativa e contenzioso delle Dogane ad emanare la suddetta Circolare è da individuare nella sentenza emessa dalla Corte di Giustizia UE in data 27 luglio 2014 nella causa C-272/14, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte medesima dalla CTR Toscana nel procedimento instaurato dalla Equoland Soc. Coop.. In tale occasione i giudici toscani ebbero occasione di sottoporre le seguenti questioni pregiudiziali, per sapere se:
- l’introduzione c.d. “virtuale” e, dunque, non fisica dei beni all’interno del deposito fiscale fosse sufficiente a garantire la sospensione del pagamento dell’Iva all’importazione;
- l’Amministrazione finanziaria di uno Stato membro sia legittimata a richiedere il pagamento dell’Iva all’importazione, nonostante questa sia già stata assolta, seppure erroneamente o irregolarmente, mediante il meccanismo dell’inversione contabile;
- la richiesta di cui al punto precedente violi il principio (immanente) comunitario di neutralità dell’iva.
Rimandando ad altra occasione l’approfondimento della questione attinente il regime dei depositi c.d. “virtuali”, vogliamo in questa sede soffermarci sugli aspetti di tipo sanzionatorio indicati ai punti 2) e 3), che la Corte ha voluto trattare in maniera congiunta in quanto intimamente connessi.
I giudici del Lussemburgo, al Par. 32 della sentenza, affermano che gli Stati membri “…rimangono competenti, in mancanza di una disciplina in materia di sanzioni, a scegliere le sanzioni che sembrano più appropriate…”; tuttavia, nel proseguo del testo (Par. 40), a commento della disposizione contenuta nell’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 (che prevede una sanzione pari al 30% di ogni importo non versato a seguito di omissioni/errori negli adempimenti posti a carico del cessionario o committente di beni e/o servizi dall’estero, extra-UE o intra-UE) non mancano di rilevare che “…la prescrizione secondo cui, oltre a una maggiorazione del 30%, il soggetto passivo deve versare nuovamente l’Iva all’importazione, senza che si tenga conto del pagamento già avvenuto, equivale sostanzialmente a privare tale soggetto passivo del suo diritto a detrazione. Infatti, assoggettare una sola e unica operazione a una doppia imposizione dell’Iva, concedendo al contempo una sola volta la detraibilità di tale imposta, fa permanere la rimanente Iva a carico del soggetto passivo” concludendo che “una sanzione consistente in un diniego del diritto a detrazione non è conforme alla sesta direttiva nel caso in cui non fossero accertati nessuna frode o danno per il bilancio dello Stato”.
Tuttavia, come la Suprema Corte Europea ha avuto occasione, con la citata sentenza, di ribadire concetti già espressi negli orientamenti del 2007 sul caso “Ecotrade”, al tempo stesso l’Agenzia delle Dogane ha approfittato della pronuncia sul caso “Equoland” per ottenere una sorta di legittimazione alla propria posizione in merito, richiamando in primis le modifiche introdotte nel 2012 al settimo comma dell’art. 60 del dD.P.R. n. 633/1972, in base alle quali è consentito al cedente/prestatore l’esercizio della rivalsa, nei confronti del proprio cessionario/committente, dell’Iva pagata a seguito di accertamento, rispettando il principio di neutralità.
Di contro, occorre evidenziare che le violazioni in commento sono considerate alla stregua di violazioni formali, anche se non sarebbe affatto irragionevole ricondurle nell’alveo di quelle “meramente formali” ex art. 6, comma 5-bis, D. Lgs. 472/1997, per le quali non sono previste sanzioni allorquando tali violazioni:
- non abbiano arrecato pregiudizio all’azione accertatrice dell’Ufficio;
- non abbiano inciso nella determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo.
In conclusione, pur apprezzando lo sforzo delle Dogane in difesa del nostro Legislatore, non si può che rimanere perplessi innanzi ad una sanzione pari al 30% a fronte di violazioni di natura formale! Ancor più se, come probabilmente è giusto che fosse, tali violazioni venissero considerate “meramente formali”.
L’auspicio è che, in attuazione della Legge Delega di Riforma del Sistema Fiscale (L. n. 23/2014), il Governo provveda a rivedere il sistema sanzionatorio tributario, così come sancito all’art. 8, comma 1, “…secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti…”.