Capita di frequente che i lavori di recupero del patrimonio edilizio per i quali si fruisce della relativa detrazione fiscale del 50%/36% comportino un
ampliamento della volumetria preesistente.
In questo caso è opportuno prestare attenzione al fine di verificare se, ed eventualmente in quale misura, spetti la detrazione, premettendo che, come noto, l’art. 16-bis Tuir, nell’individuare le varie tipologie di interventi agevolabili rimanda all’art. 3, co. 1, del d.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’edilizia) ed in particolare, per quanto riguarda i lavori eseguiti nelle singole unità immobiliari:
- agli interventi di manutenzione straordinaria (lett. b della disposizione da ultimo citata),
- interventi di restauro e risanamento conservativo (lett. c),
- interventi di ristrutturazione edilizia (lett. d)
- escludendo invece gli interventi di “nuova costruzione” (lett. e).
Va evidenziato peraltro, che in tema di manutenzione straordinaria è intervenuto, di recente, il decreto c.d. “Sblocca Italia” (D.L. 133/2014), in attesa di conversione, che ha integrato l’art. 3, co. 1, lett. b), d.P.R. 380/2001 stabilendo che nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso.
In questo caso, pertanto, non siamo in presenza tecnicamente di un “ampliamento”, o comunque di una modifica dei volumi preesistenti, poiché si fa riferimento alla volumetria complessiva che resta immutata. Si pone, tuttavia, la questione del limite di spesa su cui calcolare la detrazione. In proposito giova ricordare che l’Amministrazione finanziaria, con la circolare 121/E/1998, ha chiarito come, ai fini dell’individuazione del limite di spesa su cui calcolare la detrazione, è necessario tener conto del numero iniziale di unità immobiliari sul quale si eseguono i lavori. Pertanto, in applicazione di tale principio, si dovrebbe ritenere che in caso di frazionamento di un immobile il limite di spesa sia (allo stato attuale) di 96.000 euro, mentre in caso di accorpamento di due immobili si dovrebbe concludere che il limite di spesa su cui calcolare la detrazione sia pari a 192.000.
Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, invece, sono espressamente ricompresi dalla suddetta normativa edilizia anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.
Ebbene, come ribadito dall’Agenzia delle Entrate con la
R.M. 4/E/2011, nel caso di demolizione dell’immobile e di sua “
fedele ricostruzione” che rispetti la volumetria preesistente (rispetto alla versione vigente al tempo del citato documento di prassi, peraltro, la norma edilizia oggi non fa più riferimento alla “sagoma” preesistente, ma solo alla volumetria) l’intervento edilizio è
pienamente agevolabile.
Qualora invece l’immobile demolito sia ricostruito con ampliamento della volumetria la detrazione non spetta, poiché in base alla normativa edilizia si tratta di una “nuova costruzione” e non di un intervento di ristrutturazione.
Qualora invece l’ampliamento sia eseguito senza la previa demolizione, la detrazione compete per le sole spese riferibili alla parte esistente, mentre le spese riguardanti l’ampliamento non sono detraibili.
È opportuno, pertanto, in tale ultimo caso, che le spese riguardanti le due “tipologie” di intervento siano fatturate separatamente dall’impresa che esegue i lavori, di modo che anche i relativi importi e i conseguenti pagamento siano separati.