Imposte dirette e concordato preventivo
di Claudio CeradiniFondazione DCEC di Reggio Emilia ha diffuso lo scorso 3 ottobre il documento “
La fiscalità nel concordato preventivo in continuità aziendale”, che consente di svolgere qualche riflessione e fare il punto su un tema tutt’altro che scontato.
imposta di registro, si sofferma sulle
imposte dirette in concordato, preoccupandosi di esaminare la compatibilità delle norme attuali, per parte nemmeno troppo nuove, con la struttura in
continuità prevista dall’art. 186bis L.F.
chiarimenti ufficiali, che non sono ancora giunti, rimangono aperte alcune questioni applicative che nel particolare caso del
concordato in continuità si aggiungono alla oggettiva carenza nelle norme.
innovato la disciplina del risanamento nella Legge Fallimentare, hanno invece aggiornato solo
parzialmente le regole
fiscali. Nessuna variazione in particolare all’art.
86, co. 5, Tuir, e modifiche all’art.
88, co. 4, Tuir, per effetto dell’art. 33, co. 4, DL 83/2012 n. 83, (L. 134/2012), anche se forse non abbastanza strutturate.
numerosi aspetti relativi alla tassazione del reddito nell’ambito di alcune delle nuove procedure previste dalla Legge Fallimentare, che andrebbero meglio
coordinati con le regole del Tuir. Lo strumento concordatario presenta già
vistose incertezze, sarebbe quanto mai opportuno che non se ne aggiungessero di
natura tributaria. Completamente inesplorato dalla riforma, infine, l’approccio IRAP.
Fondazione di Reggio Emilia correttamente ricorda come la fiscalità del concordato attenga tre aspetti, due tradizionali (tassazione di
sopravvenienze da falcidia e
plusvalenze) ed uno nuovo (il reddito prodotto in
continuità).
sopravvenienza da falcidia è il risultato più classico della procedura concordataria, e normalmente anche dell’omologa di un
accordo di ristrutturazione del debito (art. 182bis L.F.). La regola è da tempo quella della
irrilevanza fiscale del naturale effetto esdebitatorio del concordato, ed il già citato D.L. 83/2012 ha riformulato l’art. 88, co 4, Tuir,
ampliando la franchigia alle sopravvenienze da falcidia generatesi nell’
accordo di ristrutturazione che sia stato
omologato e nel
piano attestato di risanamento (art. 67, co. 3, lett. D, L.F.) che sia stato
iscritto al Registro Imprese, e che peraltro raramente le contempla. Il beneficio da un lato è rigorosamente riservato alle sopravvenienze derivanti dall’utilizzo dei citati strumenti concorsuali o meta-concorsuali, rimanendo totalmente
estranee quelle originate da transazioni
extra giudiziali, che rimangono integralmente tassabili, e dall’altro non è incondizionato, ma
misurato per accordi di
ristrutturazione e piani di
risanamento sulla parte di sopravvenienza che
eccede le
perdite utilizzabili, con riferimento sia a quelle
pregresse che a quelle di
periodo. Sul punto la Fondazione non si sofferma, ma in realtà si pongono problemi applicativi, non essendo chiaro se
l’utilizzo delle perdite pregresse a detassazione della sopravvenienza possa essere
integrale o
limitata all’80% secondo le regole di cui all’art. 84 Tuir, come a suo tempo Assonime ebbe modo di sostenere con Circ. 15/2013.
plusvalenze da cessione di beni. Si è già ricordato che l’art.
86, co. 5, Tuir non ha subito modifiche per effetto del D.L. 83/2012.
primo, l’esenzione è limitata alle procedure di
concordato preventivo, non se ne comprende la ragione, ma è così. Gli altri strumenti di risanamento, dall’accordo di ristrutturazione al piano attestato, non beneficiano della franchigia.
tenore letterale della norma, che assegnerebbe la franchigia alle sole cessioni perfezionate a
favore dei creditori.
ampio la norma assumendo l’
irrilevanza del
destinatario della cessione, ed assegnando la franchigia in ragione della
condizione del cedente,
assoggettato alla procedura concordataria. Nello stesso senso anche l’Amministrazione Finanziaria con
risoluzione 29/E/2004.
terzo aspetto, relativo al caso della continuità ai sensi dell’art. 186bis L.F., è invece meno tradizionale ed obbliga a qualche riflessione. Bene fa la Fondazione a rilevare come l’attuale formulazione dell’art. 86, co. 5, del Tuir
mal si adatti alla nuova struttura concordataria, e del resto non ci si poteva attendere nulla di diverso, essendo stata
scritta in tempi in cui
altro non c’era se non la versione
liquidatoria del concordato.
plusvalenze da cessione di beni e magazzino,
non potendo estendersi anche ai
risultati della gestione. Appare piuttosto ardito il tentativo di allargare la franchigia anche agli utili di periodo in forza solo dell’
inclusione della parola “
magazzino” nel testo di legge. Quella norma è
antecedente di anni alle nuove forme di concordato, e ogni tentativo di “
stiracchiarla” è indubbiamente pericoloso.
proventi derivanti dalle cessioni di beni non funzionali, che ben possono convivere con un piano in continuità. E del resto, va anche detto che uno dei motivi di
attrazione, uno dei pochi oggi, del piano concordatario in continuità giuridica, e quindi da parte dello stesso debitore, è proprio la
disponibilità di
perdite pregresse utilizzabili che una newco non potrebbe ereditare.
impatto fiscale da prevedersi nei piani concordatari pur
liquidatori. La franchigia offerta per plusvalenze e sopravvenienza da falcidia non esclude la maturazione di
imponibile sui risultati economici generati da proventi per affitti di azienda o semplicemente di macchinari. Se la
contrapposizione di proventi e costi evidenziasse un
imponibile, al netto delle perdite riportabili che normalmente offrono ampia capienza in questi casi, va
stimato il
carico tributario, nel rispetto dell’art.
182 Tuir, e quindi in misura diversa in relazione alla
natura giuridica del debitore ed alla
durata del piano.