Revocatoria fallimentare e cessione di immobili
di Luigi Ferrajolisentenza
n. 19314/2014, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della validità degli atti di cessione degli immobili, preceduti dalla stipula di un
contratto preliminare, appartenenti a società che successivamente vengono dichiarate fallite.
par condicio creditorum, il curatore fallimentare nominato dal Tribunale può ricostituire l’integrità del patrimonio della società fallita tramite l’istituto dell’
azione revocatoria fallimentare previsto dall’art. 67 del R.D. n. 267/1942.
atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso.
stato di insolvenza del debitore (c.d.
scientia decotionis).
contratti preliminari di cessione di immobili prima di essere dichiarata fallita; successivamente, essendosi chiuso il fallimento per mancanza di passivo, la società, tornata
in bonis, è stata posta
in liquidazione ed ha proceduto alla stipula dei contratti definitivi di cessione degli immobili già oggetto dei contratti preliminari.
ex art. 67 R.D. n. 267/1942, avverso l’atto di alienazione dell’immobile, nei confronti degli acquirenti.
ricorso per Cassazione denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 67 L.F. sia con riferimento al momento di determinazione del valore ai fine dell’accertamento della sproporzione, sia con riferimento all’elemento soggettivo della
scientia decotionis.
conclusione del contratto definitivo, poiché è quest’ultimo atto a determinare l’effettivo passaggio della proprietà, inoltre il valore del bene cui fare riferimento è quello previsto
sempre nel contratto definitivo (cfr. sent. Cass. n. 5058/2007).
è sottratto alla garanzia dei creditori, rendendo quindi irrilevante lo stato soggettivo con cui è assunta l’obbligazione, di cui l’atto finale comporta esecuzione.
sopravvenuta insolvenza del promittente venditore, secondo la Cassazione il promissario acquirente avrebbe la facoltà di non addivenire alla stipulazione invocando la tutela dell’art. 1461 cod.civ.
notevole sproporzione tra le prestazioni (il prezzo pagato era di € 177.000,00 mentre il valore venale dell’immobile era pari ad € 105.000,00), i convenuti non avevano provato la sussistenza del requisito soggettivo della non consapevolezza dello strato di insolvenza da parte della società
con riferimento al momento della stipula dell’atto definitivo: poiché era stata accertata la notevole sproporzione tra le prestazioni, l’onere della prova della
inscentia decotionis incombeva infatti sull’acquirente.
sottoscrizione
dell’eventuale contratto preliminare al fine di non rischiare di vedersi revocare l’atto di acquisto senza poter opporre alcuna eccezione.