Revisione Legale delle PMI: va presa una posizione
di Claudio Ceradiniosservazioni del CNDCEC al
documento di consultazione diffuso dal MEF per l’attuazione della
Dir. 2013/34/EU, attesa entro il 20 luglio 2015, offrono lo spunto per tornare su un paio di questioni per nulla sopite, e che richiedono una pronta
definizione.
opportuna anche nelle p.m.i, e, secondo aspetto, quali sono in quel caso le
semplificazioni autorizzate rispetto agli standard previsti dagli
ISA (International Standards of Auditing).
Sindaci Unici nelle società di capitali qualificabili come di
minore dimensione, per poi virare immediatamente, tornando alla
vecchia disciplina per le s.p.a. e iniziando una vorticosa serie di interventi sull’art.
2477 C.C., per le s.r.l., come se solo quest’ultime potessero essere
piccole, e come se non diventassero
mai grandi. Si è iniziato prevedendo la possibilità del sindaco unico con
l’art. 14, co. 13, L. 183/2011, si è proseguito con una precisazione dei termini (organo di controllo in luogo di sindaco unico) poco dopo, con
l’art. 35, co. 2, lett. a), D.l. 5/2012, convertito con L. 35/2012, per arrivare alla contestatissima e recente
abrogazione dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo nel caso di
capitale pari o superiore a quello
minimo previsto per le società per azioni (art. 20, co. 8, D.L. 91/2014, convertito con L. 116/2014). Il quadro che ne risulta oggi è
confuso e inadeguato, e ben lungi dal rispondere alla filosofia, cui anche la Dir 2013/34/EU si ispira, e cioè la
modulazione del controllo alla dimensione.
secondo versante, il quadro è perlomeno più preciso, se non agevole. Dal recepimento della
Dir 51/2003/UE, intervenuto in Italia con D.Lgs. 32/2007 anche se solo per la parte obbligatoria, perdendo probabilmente un’occasione che forse oggi si ripropone (ma questa è altra storia), il
dibattito sulla
obbligatorietà di utilizzo dei
principi di revisione nello svolgimento dell’attività di Controllo Contabile, allora, e Revisione Legale, oggi, ha trovato
sintesi. L’art.
2409ter C.C., nella sua breve vita, sarà ricordato per questo, avendo per la prima volta esplicitamente
richiesto che nel giudizio sul bilancio fossero
esplicitati i Principi di Revisione utilizzati. La sua
abrogazione è stata disposta dal D.Lgs. 39/2010, che all’art. 11 peraltro prevede e
ribadisce l’obbligatorietà dell’utilizzo dei Principi di Revisione. Non si scappa.
capo 8, la Direttiva si occupa della
revisione, prevedendo che l’intensità dei controlli revisionali sia disciplinata in
funzione diretta della
dimensione dell’ente sottoposto a controllo, nella convinzione che vi sia un
limite inferiore oltre il quale i
costi superano l’utilità che il sistema ne trae in termini di
maggiore attendibilità dei dati. Più precisamente la Direttiva prescrive l’obbligo di controllo solo per le società che
superino due dei seguenti tre limiti dimensionali:
- dipendenti (50 unità),
- attivo di stato patrimoniale (€/mln 4), e ricavi (€/mln 8).
gold plating (art. 14, co. Da 24 a 24ter, L. 246/2011), il
recepimento della Direttiva non potrà prevedere
l’introduzione o il mantenimento di obblighi (letteralmente livelli di regolazione)
superiori a quelli
minimi richiesti dalla Direttiva recepita. Per superare il divieto, devono sussistere
comprovate e dimostrate esigenze. In assenza, la logica a suo tempo timidamente introdotta, e rapidamente abortita, di
proporzionalità tra controllo e dimensione, dovrebbe essere
reintrodotta, con una disciplina che, indipendentemente dalla natura giuridica, comporti
obblighi crescenti per
dimensioni crescenti.
MEF questo dice, invitando ad una riflessione attenta su
costi e
benefici della Revisione, che evidenzi le eventuali
esigenze che conducano al superamento del divieto di
gold plating. E’ una
opportunità per allinearsi ad una
logica dei controlli presente in molti paesi europei (Germania, Regno Unito, Olanda) dove ha già trovato disciplina ed
attuazione l’opzione a suo tempo prevista dall’
art. 51 della
Dir. 78/660/CEE, di escludere dagli obblighi di revisione le società rientranti nei parametri per la formazione del bilancio di esercizio in forma abbreviata.
posizione chiara. Il commento che il CNDCEC ha offerto al documento del MEF è sul punto
fortemente incentrato sulla difesa della categoria, e noi apprezziamo, e sulla individuazione delle “
comprovate esigenze”.
favoriscono la continuità aziendale, evidenzia il CNDCEC riferendo anche ad un proprio studio del 2007 sul punto che per gli anni 2002-2006 aveva evidenziato una
correlazione sufficientemente difendibile tra
presenza dell’organo di controllo e
longevità. Non ci sarebbero nemmeno
evidenti risparmi eliminando l’obbligo di controllo, poiché le banche ed altri
stakeholders lo imporrebbero in ogni caso, pesando negativamente infine l’assenza della revisione sui
rating bancari.
paio di questioni non si possono eludere.
prima, riguarda l’attuale disciplina dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo, chiara per le
s.p.a., (serve sempre, punto) e
inadeguata per la
s.r.l.. Si può aderire alla logica del
Nord Europa, in cui l’obbligo dipende dalla
dimensione, o a quella più “
latina” (Italia, Francia, Spagna) in cui dipende dalla
natura giuridica della società, ma deve essere
reso chiaro
quando le società siano assoggettate all’obbligo di
vigilanza ex art. 2403 C.C. e/o di
revisione legale, ed
a chi sono demandate le relative funzioni, e possibilmente la norma (la cui formulazione non ci pare un’opera titanica) non deve richiedere l’aiuto di un ermeneuta per essere compresa.
seconda riflessione riguarda più strettamente la
revisione legale. Può essere comprensibile il tentativo del CNDCEC di
difendere la revisione obbligatoria anche per le piccole, ma se ne devono trarre le
conseguenze dopo
anni di applicazione dei
principi di revisione. Non basta che il CNDCEC ricordi l’adattabilità e la
flessibilità degli ISA, sacrosanta ma
tutt’altro che agevole, ed indichi a sostegno della propria posizione (la revisione nelle piccole non è un problema) semplicemente la pubblicazione anche in italiano della
Guida all’Utilizzo dei Principi di Revisione nella revisione delle piccole e media imprese, due volumetti predisposti dallo IAASB, organismo dell’IFAC (International Federation of Accountant) che complessivamente contano 570 pagine. Né è sufficiente la pubblicazione del 2012 del CNDCEC sul medesimo argomento, apprezzabilissima e tecnicamente inappuntabile, ma che di fatto
nulla semplifica. Se la posizione da sostenere è che la revisione legale
serve sempre, o quasi, bisogna uscire dall’equivoco, e la professione deve
disporre in Italia, dove le imprese di piccole dimensioni sono la normalità, di
indicazioni precise della
misura e delle
condizioni di
semplificazione del lavoro dei revisori, in funzione della
dimensione e delle
caratteristiche della
società e dell’organo che la
controlla, e del tempo e compenso di cui dispone. Questa responsabilità è
ineludibile, anche perché la
tendenza, sulla base di quanto dovrà essere recepito dalla
Dir. 2014/56/UE entro metà giugno 2016 e del
Regolamento UE 537/2014, è quella di un ulteriore incremento di
obblighi e difficoltà (si vedano a titolo solo di esempio gli artt. 24bis e ter, 26 e 29 della Dir. 2014/56/UE). Se dobbiamo fare i revisori,
qualcuno deve dirci come farlo nella realtà italiana, e deve dirlo con
precisione ed autorevolezza sufficienti a costituire uno
standard di riferimento, che qualifichi la
diligenza del comportamento ex art. 1176, co.2, C.C., e che
dimensioni di conseguenza la
responsabilità di fronte al giudice.
Solo allora, la professione avrà fatto il suo compito.