24 Settembre 2014

Riduzione della riserva di rivalutazione

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Le
diverse leggi di rivalutazione che si sono susseguite nel tempo hanno sempre previsto che la
riserva di rivalutazione formatasi a seguito dell’incremento del valore dei beni, “
può essere ridotta soltanto con l’osservanza delle disposizioni dei commi secondo e terzo dell’art. 2445 del Codice Civile”. Ciò sta a significare che, secondo il legislatore, la
riserva di rivalutazione, pur essendo “disponibile” (per copertura perdite o per aumento del capitale sociale),
non è “distribuibile”, salvo che non sia seguita la procedura prevista dalle norme civilistiche per la riduzione del capitale sociale. In particolare, il richiamo ai co. 2 e 3 dell’art. 2445 Cod.Civ., impone di seguire una precisa e rigorosa procedura, che attiene ai seguenti aspetti:
  • l’avviso di convocazione dell’assemblea deve contenere le ragioni e le modalità della riduzione;
  • la deliberazione può essere eseguita soltanto dopo che siano trascorsi novanta giorni dall’iscrizione della delibera presso il registro delle imprese, a condizione che entro detto termine nessun creditore abbia fatto opposizione.
Prima di analizzare i contorni applicativi della disposizione in esame, è importante evidenziare che, mentre la
delibera di riduzione del capitale sociale, cui fa riferimento l’art. 2445 Cod.Civ., comportando una modifica statutaria deve risultare da un verbale di assemblea straordinaria, con la presenza di un notaio, la distribuzione della riserva di rivalutazione non necessita di tale forma, in quanto
trattasi comunque di un’operazione che non incide sul capitale sociale.
In altre parole, il richiamo dei co. 2 e 3 dell’art. 2445 Cod.Civ. contenuto nelle leggi di rivalutazione è riferito all’aspetto procedurale e non anche alla forma della delibera, che potrebbe quindi essere assunta in forma ordinaria.
Ulteriore aspetto che deve essere evidenziato attiene al fatto
che il richiamato art. 2445
Cod.Civ.
si rende oggi applicabile (a seguito della riforma del 2004, avvenuta ad opera del D.Lgs. 6/03)
solamente alle società per azioni, e non anche alle società a responsabilità limitata, per le quali la disposizione applicabile è l’art. 2482 Cod.Civ.
Tale ultima disposizione, peraltro, è più “leggera” rispetto a quella prevista per le società per azioni, in quanto prevede solamente il “paletto” temporale riferito alla necessità di attendere il decorso dei novanta giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese per l’esecuzione della delibera, fermo restando che entro tale termine alcun creditore sociale non abbia fatto opposizione (co. 2 art. 2482 Cod.Civ.).
Nulla è disposto in merito all’avviso di convocazione dell’assemblea (in cui, per le spa, devono essere indicate le ragioni e le modalità della riduzione), ragion per cui si potrebbe ritenere che tale obbligo non debba essere rispettato per le srl, a differenza delle spa. Tuttavia, stante il “generico” richiamo all’art. 2445, co. 2 e 3,
si potrebbe altresì ritenere necessario indicare nell’avviso di convocazione le ragioni e le modalità di riduzione della riserva di rivalutazione
anche per le srl. In ogni caso, si ritiene che per le srl si renda applicabile il più “morbido” art. 2482, co. 2, Cod.Civ., in cui si prevede “solamente” l’attesa di 90 giorni prima di poter dare esecuzione alla delibera che distribuisce la riserva di rivalutazione. D’altro canto, si consideri che,
stante l’autonomia legislativa delle srl a seguito della riforma del diritto societario, il richiamo all’art. 2445, co. 2 e 3 non può che riferirsi alle società per le quali tale disposizioni è ancor oggi applicabile, e quindi solo alle spa. Per le srl, invece, tale richiamo deve essere automaticamente aggiornato all’art. 2482 Cod.Civ.
E’ inoltre opportuno segnalare un
ulteriore problema connesso alla distribuzione della riserva di rivalutazione.
Tale questione attiene alla legittimità di detta distribuzione prima che il maggior valore insito nel bene sia stato realizzato, tramite il recupero dei maggiori ammortamenti, ovvero realizzando un prezzo di vendita almeno pari a quello iscritto in bilancio a seguito della rivalutazione. La tematica attiene al rapporto che la rivalutazione deve avere con l’art. 2423, co. 4, Cod.Civ., in cui si statuisce che
eventuali deroghe alle disposizioni civilistiche in materia di bilancio, tra cui i criteri di valutazione previsti dall’art. 2426, comportano che “
eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato”.