19 Settembre 2014

Prededuzioni anche fuori dal riparto. Il Tribunale di Cassino apre.

di Claudio Ceradini
Scarica in PDF
Il Tribunale di Cassino, con proprio
provvedimento del 30 luglio 2014, consente di fare il punto su un tema spesso discusso, che attiene il
pagamento dei
crediti prededucibili. Nella sostanza,   si tratta di capire in che misura i crediti cui sia assegnata la qualifica di
prededotti possano essere corrisposti al di fuori del
piano di riparto. La questione è duplice, ed attiene sia le procedure
fallimentari, per le quali il riparto è fase tecnica disciplinata dagli artt. 110 e ss. L.F. così come quelle di
concordato preventivo, per le quali non vi è rinvio o autonoma disciplina.
Va premesso che
l’art. 111, co. 2, L.F. riconosce tre circostanze in cui al credito è riconoscibile la qualifica di prededotto: quando sia così disposto per
legge o quando il credito sia sorto in
occasione (nel corso della) di una procedura concorsuale o in
funzione della procedura, e quindi a seguito di una prestazione svolta prima, ma propedeutica o strumentale.  
Letteralmente
l’art. 111bis, co. 3. L.F. prevede che la possibilità di
pagamento di un credito prededotto al di
fuori dei piani di riparto sia limitata ad
una categoria, e cioè a quelli sorti “
in occasione”. Il testo sembrerebbe chiaro quando riferisce che “I crediti prededucibili
sorti
nel corso del fallimento … (omissis) …. possono essere soddisfatti
al di fuori del procedimento di riparto”.
Il
Tribunale di Cassino pur non ponendosi in contrasto evidente con l’interpretazione letterale, ritiene possibile il pagamento al di fuori del riparto di un credito prededucibile sorto in
funzione, e non in occasione, del fallimento ove ricorrano
due condizioni:
  • il credito non sia contestato, e
  • non vi siano altri crediti prededucibili, sorti in occasione della procedura, rimanendo in altri termini il credito da corrispondere l’unica posizione in prededuzione.
Si tratta di una
apertura utile, che poggia sulla constatazione di un
immodificato regime di
tutela per i creditori concorsuali, per i quali al diritto di
reclamo avverso il
progetto di riparto si sostituisce analoga facoltà contro il
decreto del giudice. In assenza di altri crediti prededucibili, anche la
verifica di capienza prevista dalla norma, che imporrebbe la
graduazione dei pagamenti in via gerarchica in caso di
assenza di attivo sufficiente per tutti i crediti prededucibili, diviene elemento superabile. Evidenzia inoltre il Tribunale che procrastinare il pagamento causerebbe una duplice conseguenza
negativa e
ingiustificata, e cioè un incremento degli
interessi passivi da un lato, e del
rischio per il creditore prededotto dall’altro, poiché altri diritti ugualmente qualificati potrebbero nel prosieguo della procedura maturare.
Personalmente ci sentiamo di condividere sia
l’apertura che la
prudenza del Tribunale, dal momento che le due norme (artt. 111, co. 2, e 111bis, co. 3, L.F.) costituiscono parte della complessiva riforma che il
D.Lgs. 5/2006 ha apportato alla la disciplina fallimentare, e che quindi difficilmente possono essere frutto di quello che spesso si rileva come
scarso coordinamento del legislatore. La precisazione contenuta nell’art. 111bis, co.3, non è quindi casuale, ed assegna una più
agevole disciplina al pagamento di crediti che, prevedibilmente, sono sorti per intervento degli
organi della procedura. Rispettoso della ratio, il provvedimento in commento
allarga opportunamente gli stessi meccanismi ad una fattispecie
analoga nella sostanza.
L’intervento del Tribunale, peraltro, offre l’opportunità per una
ulteriore riflessione, che ci pare opportuna in relazione alla frequenza con la quale la circostanza si verifica, in tema di
concordato preventivo. Atteso che le due norme formano parte di un unico intervento riformatore, e che pertanto i testi non possono che valutarsi come
coordinati e
voluti dal legislatore, deve rilevarsi come la qualifica di prededotto (art. 111, co. 2, L.F.) riferisca in via
generale alle
procedure concorsuali di cui alla Legge Fallimentare, mentre la disciplina del pagamento (art. 111bis, co. 3, L.F.) sia applicabile solo al fallimento, e non alle altre procedure.
Bisogna desumere, quindi, che la limitazione imposta, per le ragioni che abbiamo sinteticamente riportato, al pagamento dei crediti prededotti nel fallimento,
non abbia ragione di applicarsi, in alcun caso, al
concordato preventivo.
In primo luogo, la procedura di concordato preventivo
non prevede alcuna forma tecnica obbligatoria di
riparto. Nella prassi è evidente che le tecniche utilizzate per l’adempimento alla proposta concordataria siano
mutuate da quelle
fallimentari, e nello stesso senso spesso i giudici delegati
richiedono la formazione di una sorta di
stato passivo. Tuttavia rimane il fatto che tale
abitudine, magari utile,
non risponde ad alcuna previsione normativa, per cui allo “
stato passivo
concordatario non sono assegnati né gli
effetti, né tantomeno le
modalità di formazione ed
eccezione previste nel fallimento.
Se quindi la
qualifica di prededuzione deve ritenersi
omogenea, la limitazione prevista per il pagamento
no. Il credito regolarmente sorto per legge o in funzione/occasione della procedura di concordato preventivo deve essere
pagato nel rispetto delle
previsioni convenzionali pattuite, a nulla rilevando il momento in lui l’amministratore o il liquidatore giudiziale provvederanno ad assegnare somme ai
creditori concorsuali.
E del resto parrebbe veramente strano il
contrario, specie in tutte quelle situazioni in cui in discussione non sia solo il
compenso degli
advisor, pacificamente bersagliati in queste situazioni, ma anche le
forniture di beni e servizi che assistono ed alimentano la
quotidiana attività del debitore, specie in continuità.