La tassazione dei bonus erogati al personale all’estero
di Nicola Fasanopersonale espatriato, è la tassazione delle somme, come per esempio i
bonus, erogate in costanza di assegnazione all’estero in regime di “retribuzioni convenzionali” di cui all’art. 51, co. 8-bis, Tuir, ma riferibili (del tutto o in parte) ad un periodo di lavoro svolto in Italia, e viceversa, il trattamento fiscale delle voci retributive “
differite” erogate successivamente al rientro in Italia del dipendente, ma relative al periodo di lavoro svolto all’estero. Si tratta di capire, cioè, se in questi casi debba applicarsi:
- un mero criterio di cassa, tipico del reddito di lavoro dipendente, e allora, negli esempi prospettati, i bonus “italiani” corrisposti in costanza di assegnazione all’estero resterebbero comunque assorbiti dalle retribuzioni convenzionali (e farebbero comunque scattare, se del caso, anche la successiva fascia retributiva ai fi ni della retribuzione convenzionale) mentre i bonus “esteri” percepiti dopo il rientro in Italia dovrebbero essere assoggettati a tassazione su base analitica;
- il criterio di “competenza”, in deroga alle regole “ordinarie” di formazione del reddito di lavoro dipendente, e allora nei casi prospettati, i bonus “italiani” corrisposti in costanza di assegnazione all’estero in regime di retribuzioni convenzionali, sarebbero autonomamente tassati (e farebbero scattare, se del caso, anche la successiva fascia retributiva ai fini della retribuzione convenzionale), mentre i bonus “esteri” percepiti dopo il rientro in Italia resterebbero assorbiti nelle retribuzioni convenzionali, fermo restando l’eventuale “aggiornamento” della fascia retributiva ai fini della convenzionale (sempre che non sia già applicata la più alta).
sostituto di imposta italiano, responsabile dell’esecuzione e del versamento delle ritenute su importi elevati riguardanti in genere un consistente numero di dipendenti, che spesso, nella pratica, adotta la soluzione “pro fisco” tassando
in via analitica, nell’uno e nell’altro caso, il bonus “a cavallo” di periodi di imposta in cui il dipendente era tassato con regole diverse.
criterio di competenza, pare
più aderente al tenore letterale dell’art. 51, co.8-bis, espressamente derogatorio delle disposizioni dettate dai precedenti commi, nonché alla
ratio legis rappresentata dall’agevolare l’espatriato con un imponibile (di solito) più basso solo con riferimento ai redditi relativi all’attività svolta all’estero.
più onerosa e meno agevole rispetto al caso in cui si optasse per il criterio di cassa.
mai approfondito.
spunto di interesse in proposito, anche se non appare decisivo in quanto relativo alla gestione del periodo transitorio fra vecchia e nuova disciplina fiscale del lavoro all’estero, è dato dalla Circolare n. 207/E/00, par. 1.5.7 che, commentando le nuove disposizioni sulle retribuzioni convenzionali che sostituivano il precedente regime basato sulla
completa esenzione dettato dall’abrogato art. 3, co.3 lett. c) Tuir, precisava che la riforma entrava in vigore
“…dal 1° gennaio 2001. Ciò comporta che fino al 31 dicembre 2000 i redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto sono in ogni caso esclusi dalla base imponibile ai sensi dell’art.3, co. 3, lettera c), del Tuir, e che solo per i redditi corrisposti a partire dal 2001 sarà applicabile il nuovo regime. È evidente che i valori corrisposti entro il 12 gennaio del 2001, se riferibili all’anno precedente, vanno assoggettati ad imposizione secondo il vecchio regime…”.
piani di incentivazione di durata pluriennale (vuoi sotto forma di
stock options, vuoi sotto forma di
Long Term Incentives, c.d. “LTI”, bonus tarati sulla performance aziendale e del dipendente)
situazioni differenti sotto il profilo fiscale. Si pensi per esempio all’LTI erogato a Tizio nel 2017 (anno in cui è rientrato in Italia) e che riguarda il triennio precedente (2014-2016) in cui Tizio lavora fino a giugno 2015 in Italia e fino al 31 dicembre 2016 all’estero. Per semplicità si ipotizza che Tizio resti sempre fiscalmente residente in Italia.
uddividere il premio complessivo percepito dal dipendente in relazione ai due diversi periodi lavorativi (in Italia e all’estero), tassando
analiticamente la parte relativa al lavoro svolto in Italia e ritenendo
assorbita dalle convenzionali la parte riguardante l’attività svolta all’estero, con la necessità di “aggiornare” la relativa fascia retributiva (se non si applica già la massima), facendosi riferimento, si ritiene, alle convenzionali
applicabili pro tempore (nel nostro esempio quelle del 2015 e del 2016).
integralmente tassate perché percepite dal dipendente oramai rientrato in Italia.
chiarimento ufficiale da parte dell’Agenzia delle Entrate su questa tematica sarebbe quanto mai
opportuno, fino ad allora pare evidente che vi siano tutti gli estremi affinché, in caso di contestazioni da parte dell’Agenzia sull’utilizzo di uno o dell’altro criterio, quanto meno
non siano applicate le sanzioni per obiettive condizioni di incertezza della norma, come previsto dall’art.10, L. 212/00 (c.d. “Statuto del contribuente”).