Preliminare e “auto-rinuncia”: fuori gioco l’agevolazione prima casa
di Leonardo Pietrobon
La sottoscrizione di un contratto preliminare di acquisto di una nuova “abitazione principale” e la rinuncia “espressa” al regime agevolativo precedentemente fruito, a parere della Corte di Cassazione, sono due comportamenti non ammessi in relazione all’agevolazione prima casa. Questi sono, in estrema sintesi, i due concetti espressi dalla Corte di Cassazione con due distinte sentenze, rispettivamente la sentenza 29 luglio n. 17151 e la sentenza 30 luglio 2014 n. 17294.
Con la prima sentenza – quella del 29 luglio 2014 n. 17151 – la Corte di Cassazione torna ad esaminare una delle cause di decadenza dall’agevolazione prima casa di cui alla nota II-bis, dell’articolo 1 della Tariffa, parte I allegata al D.P.R. 131/1986. In particolare, i supremi giudici affrontano la questione relativa alla vendita dell’immobile, acquistato con l’agevolazione prima casa, prima del decorso dei cinque anni dalla data dell’acquisto che, secondo la citata disposizione normativa, comporta la decadenza dal regime agevolativo fruito al momento dell’acquisto, con il conseguente recupero delle maggiori imposte dovute e delle relative sanzioni. A tal proposito si ricorda che, fortunatamente, la stessa norma – con riferimento al comma 4 della nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, Parte I D.P.R. 131/1986 – stabilisce il non realizzo della decadenza “nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione (effettuata prima del decorso del quinquennio) dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.
La sopra citata norma in modo esplicito parla di acquisto di un “nuovo” immobile, entro un anno dalla cessione di quello acquistato con la fruizione della norma agevolativa, non prevedendo altre formule alternative rispetto all’acquisto.
Nel caso preso in esame dalla Corte di Cassazione, il contribuente, entro un anno dalla vendita del primo immobile, non ha proceduto all’acquisto di un “nuovo” immobile da adibire ad abitazione principale, ma si è limitato a stipulare un contratto preliminare di acquisto. A sostegno del proprio operato, l’Agenzia delle Entrate, richiamando i principi già espressi nella R.M. 3 maggio 2004 n. 66, afferma che la condizione necessaria per non incorrere nella decadenza dall’agevolazione è la stipula, entro un anno dalla vendita, di un atto con effetti reali (quale il contratto di compravendita), per effetto del quale si acquisti la proprietà di un nuovo immobile. Tale impostazione è condivisa dalla Corte di Cassazione, la quale afferma che “dal punto di vista civilistico il contratto preliminare di compravendita non produce effetti obbligatori, mentre l’effetto traslativo della proprietà ex art. 1376 c.c. discende dal contratto definitivo o dalla sentenza costitutiva (…). Il significato letterale dell’espressione <<acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale>>, quale elemento previsto ai fini della conservazione dell’agevolazione fiscale di cui si tratta, rimanda univocamente alla necessità di porre in essere un negozio traslativo del diritto di proprietà di un immobile”.
La sentenza del 30 luglio 2014 n. 17294, invece, affronta il caso di un contribuente che ha rinunciato all’agevolazione prima casa, precedente fruita, e successivamente acquista un immobile chiedendo l’applicazione della medesima agevolazione. In particolare, la vicenda affrontata dai supremi giudici riguarda una coppia di contribuenti che, quindici anni dopo aver acquistato un immobile con l’agevolazione prima casa, dichiarano all’Agenzia delle Entrate che l’agevolazione fruita all’epoca è stata loro attribuita in modo illegittimo e ne chiedono quindi la revoca. L’Agenzia delle Entrate dopo aver inizialmente accettato la richiesta dei contribuenti, liquidando le maggiori imposte e sanzioni, revoca tale atto, in quanto “scopre” che la richiesta presentata dai contribuenti, e inizialmente accettata dalla stessa Agenzia, è stata effettuata al solo scopo di procedere con l’acquisto di un ulteriore immobile da adibire ad abitazione principale, fruendo in misura più favorevole dell’agevolazione.
Dopo i due gradi di giudizio sfavorevoli ai contribuenti, la Corte di Cassazione conferma le decisioni della commissione provinciale e regionale competente, affermando che “non è possibile fruire dell’agevolazione prevista per l’acquisto della prima casa, previa rinunzia a un precedente analogo beneficio, conseguito in virtù della medesima disciplina, in conseguenza del divieto di reiterazione interna derivante dalla legge e del carattere negoziale, non revocabile per definizione, della precedente dichiarazione di voler fruire del beneficio”. In altri termini, quindi, a parere della Corte di Cassazione la richiesta dell’agevolazione prima casa ha natura negoziale che non ammette revoca, come nel caso preso in esame.
La conclusione a cui sono giunti i supremi giudici, con la sentenza in commento, ricalca quasi fedelmente la tesi sostenuta dalla stessa Agenzia delle Entrate con la R.M. 112/E/2012, la quale afferma che la dichiarazione di rinuncia del contribuente non permette allo stesso la successiva fruizione dell’agevolazione, richiamando a tal proposito la sentenza dalla Corte di Cassazione del 28 giugno 2000 n. 8784, secondo cui “non è possibile conseguire l’agevolazione prevista per l’acquisto della prima casa, …, previa rinunzia ad un precedente analogo beneficio, conseguito in virtù della medesima disciplina (…). A parere della suprema Corte, infatti, la dichiarazione di voler fruire del beneficio “non è revocabile per definizione, tanto meno in vista di un successivo atto di acquisto”.