Nei contratti di mutuo fondiario non è ammessa l’automatica capitalizzazione degli interessi
di Luigi Ferrajoli
Gli approdi giurisprudenziali in tema di anatocismo sui contratti ordinari di mutuo bancario vengono estesi anche all’ipotesi di mutuo fondiario, confermando anche per tali contratti il divieto di produzione di interessi su interessi. E’ quanto ritenuto dalla Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 11400 del 22/5/2014.
La disciplina del mutuo fondiario, antecedentemente all’entrata in vigore del T.U.B., di cui al D.Lgs. 385/1993, consentiva espressamente la capitalizzazione del credito per interessi in favore della Banca. In vigenza delle disposizioni speciali, pertanto, non si è mai dubitato che il mancato pagamento delle rate di mutuo fondiario comportasse l’obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull’intero ammontare, inclusa la parte che rappresentava gli interessi di ammortamento. La disciplina speciale continua ad applicarsi ai contratti stipulati ratione temporis, mentre per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del T.U.B. valgono regole diverse.
Il T.U.B. fornisce, all’articolo 38, la nozione di credito fondiario ma non detta alcuna disposizione che prevede, come per il passato, che le somme dovute a titolo di rimborso delle rate di ammortamento dei mutui fondiari, comprensive di capitali e interessi, producano di diritto interessi dalla scadenza.
La Corte ritiene che, in difetto di un’espressa previsione di legge, la regola dell’anatocismo, anteriormente vigente in materia di mutuo fondiario in deroga all’articolo 1283 Cod.Civ., non può più trovare applicazione per i mutui stipulati in data successiva all’entrata in vigore del T.U.B..
Il regime privilegiato di cui in origine godeva il credito fondiario rinveniva la sua giustificazione nel carattere pubblicistico dell’attività svolta dai soggetti finanziatori, individuati dalla legge fra istituti di diritto pubblico, nella stretta connessione tra operazioni di impiego ed operazioni di provvista e nella necessità di assicurare ai risparmiatori, che fornivano quest’ultima acquistando le cartelle fondiarie, sicurezza e tempestività nei rimborsi attraverso la corrispondente sicurezza e tempestività della restituzione delle somme.
In tale contesto, gli interessi corrisposti dai terzi mutuatari non costituivano il corrispettivo del godimento del capitale, ma il mezzo per consentire alla banca di far fronte all’eguale importo di interessi passivi dovuto ai portatori delle cartelle. Conseguentemente, poiché tali interessi andavano comunque corrisposti ai risparmiatori anche in caso di mancato pagamento dalle rate del mutuo, era coerente far corrispondere al mutuatario interessi moratori sull’intero importo della rata scaduta.
La Suprema Corte rileva che l’evoluzione normativa ha comportato il venir meno di tali giustificazioni. In particolare, nel sistema disciplinato dal D.Lgs. 385/1993, in cui qualsiasi ente bancario può esercitare operazioni di credito fondiario ed in cui la provvista non è più fornita attraverso il sistema delle cartelle, il contratto di mutuo fondiario si caratterizza unicamente quale finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado sugli immobili. Pertanto, deve concludersi che la struttura del credito fondiario ha perso quelle peculiarità nelle quali risiedevano le ragioni della sua sottrazione al divieto di cui all’art. 1283 Cod.Civ..
La Cassazione rigetta altresì la tesi dell’esistenza, in materia, di un uso normativo, preesistente all’entrata in vigore del Codice Civile, che deroghi alla disposizione da ultimo citata. La Corte è ormai ferma nel ritenere che al mutuo bancario ordinario, con riferimento al calcolo degli interessi, sono applicabili le limitazioni previste dall’art. 1283 Cod.Civ., non rilevando in senso opposto l’esistenza di un uso bancario contrario. Gli usi normativi, cui fa riferimento la norma del Codice Civile, sono solo quelli formatisi anteriormente alla sua entrata in vigore: nello specifico campo del mutuo bancario ordinario non è dato rinvenirne in epoca anteriore al 1942. Tale conclusione vale anche per il mutuo fondiario, in cui la regola dell’anatocismo è stata applicata, dopo l’entrata in vigore del Codice, in virtù di una espressa previsione legislativa speciale.
Infine, ulteriore conferma del divieto di anatocismo deriva dalla delibera del C.I.C.R. emessa in attuazione del T.U.B., la quale prevede che nelle operazioni di finanziamento in cui il pagamento del premio avviene mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, alla scadenza la rata può produrre interessi solo se contrattualmente stabilito.
I giudici, pertanto, concludono ritenendo che nel nuovo panorama normativo la deroga al disposto dell’art. 11283 Cod.Civ. è consentita in relazione a tutti i contratti di mutuo bancario, ma solo in base ad apposita pattuizione anteriore al sorgere del credito per interessi.