I criteri contabili di imputazione delle provvigioni
di Viviana Grippo
Come sappiamo ogni ricavo e costo di esercizio soggiace al principio della competenza.
Con riferimento al rapporto di agenzia il problema della corretta imputazione dei costi e dei ricavi deve essere analizzato sotto sue diversi profili:
- la corretta individuazione del momento in cui l’agente deve assoggettare a tassazione le provvigioni maturate;
- l’individuazione del momento in cui la casa mandante può dedurre dal proprio reddito le provvigioni maturate in capo all’agente medesimo.
La casa mandante deve correlare le provvigioni dovute ai ricavi che la stessa consegue dalla vendita dei propri prodotti.
Il diritto alla provvigione è disciplinato dal comma 1 dell’art. 1748 cc, il quale prevede: “Per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento.”
E dal comma 4 del medesimo: “Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo”.
Considerando i due commi appare evidente che il diritto alla provvigione sembra poter sorgere, anche in funzione di specifici accordi definiti tra agente e preponente, in tre diversi momenti:
- quello della conclusione del contratto tra preponente e suo cliente, essendo stata promossa dall’agente la conclusione di tale contratto;
- quello dell’esecuzione della prestazione da parte del preponente, vale a dire la consegna della merce o la resa del servizio;
- quello del pagamento al preponente da parte del cliente.
La questione, in dottrina, è ampiamente dibattuta e, tra tutte, anche per esigenze di sintesi, può essere utile ricordare la posizione di Assonime, portata dalla circolare n. 10 del 2006 che, pur in modo piuttosto cauto, porta a dire che la disciplina va interpretata nel senso di riconoscere all’autonomia privata la possibilità di intervenire sul momento di insorgenza del diritto alla provvigione con apposite pattuizioni contrattuali.
In particolare, secondo Assonime, se la regola generale è quella di individuare il diritto alla provvigione al momento della conclusione del contratto, è pur sempre possibile che le parti decidano di posticipare la spettanza delle provvigioni ad un momento successivo, che potrebbe essere l’esecuzione da parte del preponente fino, e comunque non oltre, il momento del pagamento da parte del cliente.
Secondo la Cassazione Sezione Lavoro n. 5467 del 2000:
- il momento di acquisizione del diritto alla provvigione è quello in cui l’operazione promossa dall’agente è stata conclusa tra le parti, quindi la conclusione del contratto;
- il momento di esigibilità è il momento in cui il preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione, e fatta salva ulteriore deroga esplicita.
Si potrebbe quindi concludere che:
- per l’agente la provvigione matura alla conclusione del contratto;
- l’esecuzione da parte del preponente e il pagamento da parte del cliente sono due momenti cui si può ricollegare il solo aspetto finanziario del pagamento della provvigione, come detto già maturata.
Appare quindi chiaro che il momento di rilevazione del ricavo per l’agente è da ricondurre alla conclusione del contratto tra preponente e cliente del medesimo, poiché proprio questo evento è l’obiettivo dell’attività di agenzia. Sono sostanzialmente irrilevanti i fatti che riguardano l’esecuzione del contratto, vale a dire la consegna del bene o la prestazione del servizio da parte del preponente ovvero il pagamento da parte del suo cliente.
Dal punto di vista del preponente, il momento di rilevazione del costo per provvigioni è legato non tanto all’imputazione della provvigione attiva da parte dell’agente, quanto all’esecuzione del contratto, quindi al momento in cui si consegna la merce o si presta il servizio, il che può avvenire o nell’esercizio in cui si è concluso il contratto, o in un esercizio successivo.
Volendo schematizzare:
- se il contratto si conclude nell’anno n, e l’esecuzione si ha altrettanto nell’anno n, l’agente rileverà un ricavo per provvigioni attive come componente di competenza dell’anno n e il preponente rileverà un ricavo di vendita e un costo per provvigioni altrettanto nell’anno n.
- se il contratto, concluso nell’anno n, ha esecuzione nell’esercizio n+1, l’approccio deve necessariamente cambiare. Infatti, non vi è dubbio che, se il contratto ha, ad esempio, ad oggetto una fornitura di merci, il preponente rileva il ricavo di vendita nell’esercizio di consegna o spedizione, quindi nell’esercizio n+1. E, per il principio di correlazione tra costi e ricavi – i costi vanno imputati all’esercizio nel quale sono imputati i ricavi conseguiti grazie al sostenimento di detti costi – il preponente dovrà rilevare il costo per provvigioni nell’esercizio n+1, poiché il ricavo di vendita, conseguito grazie al sostenimento del costo per provvigioni passive, è di competenza di detto esercizio.
Affrontiamo ora il problema contabile della provvigione dovuta all’agente da parte della casa mandante, quando l’esecuzione del contratto avvenga nell’esercizio successivo a quello di conclusione.
Assonime propone di adottare due possibili metodi alternativi per realizzare tale differimento:
- rilevare il costo per le provvigioni e sospenderne l’imputazione al conto economico fino a che non siano realizzati i corrispondenti ricavi;
- rinviare tout court la contabilizzazione di tale costo all’esercizio in cui si manifestino i relativi ricavi.
Questo comporta, nel secondo caso la mancanza di rilevazioni contabili, mentre nel primo caso sarà necessario fare le seguenti scritture:
all’atto della maturazione della provvigione a favore dell’agente
Costi per provvigioni a Debiti vs. agenti
Alla chiusura del bilancio, visto che per il preponente il costo non è di competenza:
Costi anticipati a Costi per provvigioni
All’esercizio successivo, si imputerà il costo per competenza:
Costi per provvigioni a Costi anticipati
Seppur oggetto di condivisione da parte dell’Agenzia delle Entrate nella ris. 91/2006, nonché della dottrina maggioritaria, deve ritenersi che le soluzioni proposte presentano comunque un margine di incertezza nella misura in cui ricondurre il momento di maturazione del diritto alla provvigione a favore dell’agente, non sembra essere l’unica soluzione che deriva dall’art. 1748 c.c..