I cambi da utilizzare in RW
di Nicola Fasano
Nelle operazioni di chiusura dell’Unico, il quadro RW riveste un ruolo di primo piano. Quest’anno, considerato che sono confluite in RW anche l’IVIE e l’IVAFE, molte problematiche sono state anticipate e affrontate già in sede di versamento delle imposte dovute a saldo e quale primo acconto, ma comunque restano alcuni dubbi.
Un tema su cui si è creata parecchia confusione è quello legato al tasso di cambio utilizzare per la compilazione del quadro.
Ciò in quanto, ai fini del monitoraggio fiscale, la norma di riferimento rappresentata dall’art. 4, comma 4 del d.l. 167/90 (come riformulato dalla legge 97/2013), prevede espressamente che in relazione all’RW, “Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, è stabilito il contenuto della dichiarazione annuale …. nonché’, annualmente, il controvalore in euro degli importi in valuta da dichiarare”.
Pare, in sostanza, che il legislatore intendesse confermare l’utilizzo, come in passato, del cambio medio annuo.
Tuttavia, il Provvedimento attuativo del 18 dicembre 2013 ha chiaramente stabilito che gli importi in valuta estera devono essere convertiti facendo riferimento ai cambi medi mensili. Tale precisazione è riportata anche dalle istruzioni all’RW 2014, dopo che l’Agenzia delle entrate, già in occasione degli incontri con la stampa specializzata, aveva confermato l’utilizzo dei cambi medi mensili, precisando che per valorizzare le attività e gli investimenti all’inizio del periodo di imposta deve farsi riferimento al cambio del mese di dicembre dell’anno prima. Tale orientamento è stato confermato anche dalla circolare 10/E/2014.
Sembra dunque assodato che, secondo l’Agenzia, i parametri di riferimento devono essere rappresentati dai cambi medi mensili e non da quelli annuali. Peccato però che la stessa Agenzia, ha approvato con il Provvedimento 10 aprile 2014 i “soliti” cambi medi annuali ai fini del monitoraggio fiscale, riferendosi espressamente al “nuovo” art. 4, comma 4 del d.l. 167/1990, alimentando i dubbi sul punto.
L’applicazione del cambio medio annuale (sicuramente più snella rispetto a quella dei cambi mensili), pertanto, non appare fuori luogo considerato che a tale cambio pare chiaramente fare riferimento la norma “primaria” (ossia l’art. 4, comma 4, d.l. 167/1990) e la stessa amministrazione finanziaria ha approvato un Provvedimento in tal senso (quello di aprile scorso) relativo al periodo di imposta 2013. Al “vecchio” cambio medio annuale, inoltre, fa riferimento anche il Provvedimento 5 giugno 2012 che ha disciplinato l’IVIE e l’IVAFE, in cui si fa espresso riferimento al “vecchio” art. 4, comma 6 del d.l. 167/1990, nella versione previgente, e dunque al cambio medio annuale. IVIE e IVAFE che, essendo ora confluite n RW, sono invece “assoggettate” al cambio medio mensile.
Del resto, l’utilizzo dei cambi medi mensili se da un lato si prestano ad essere sicuramente più precisi rispetto a quello annuale, dall’altro, in alcuni casi, non sembrano particolarmente utili per la stessa amministrazione finanziaria. Si pensi, per esempio alla giacenza media annuale dei conti correnti, da indicarsi in RW quale “valore finale” degli stessi: che senso ha riportare con il cambio di dicembre 2013 un dato determinato sulla base dell’intero anno?
In definitiva, non resta che confidare nel buon senso dell’amministrazione finanziaria in sede di eventuale controllo che dovrebbe riguardare in modo molto pragmatico la compilazione o meno del quadro RW, piuttosto che “sottigliezze” come quella dei cambi. Fermo restando che, mai come in questo caso, appare solare la presenza di “obiettive condizioni di incertezza” sulla portata e sull’ambito di applicazione della disposizione normativa prevista dall’art. 10 dello Statuto del contribuente quale causa di esclusione dall’irrogazione di sanzioni, qualora si sia utilizzato il cambio annuo piuttosto che quelli mensili.