Le ritenute sulle provvigioni agli agenti non residenti
di Nicola Fasano
L’articolo 25-bis nel D.P.R. n. 600/1973, in materia di “ritenuta sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari”, come noto, prevede l’assoggettamento a ritenuta sulle provvigioni pagate agli agenti, considerati titolari di reddito di impresa, in deroga ai principi di carattere generale che escludono, in linea di principio, salvo talune ipotesi particolari, l’applicazione delle ritenute nell’ambito del reddito di impresa.
La qualificazione di tali redditi nel novero di quelli di impresa, evidentemente, permane anche qualora la provvigione sia corrisposta da un sostituto di imposta italiano ad un agente fiscalmente non residente in Italia.
A tal proposito l’art. 25-bis, ultimo comma, del D.P.R. n. 600/1973, prevede che la ritenuta in esame si applica anche alle provvigioni corrisposte a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti.
In base alla normativa interna, pertanto, il discrimine circa l’applicazione o meno della ritenuta è rappresentato dalla presenza in Italia di una stabile organizzazione da parte dell’agente.
Anche dal punto di vista dell’agente non residente, peraltro, sorge un debito di imposta in Italia, sulla base della normativa interna, solo in presenza di una stabile in Italia secondo i principi interni di carattere generale in materia di reddito di impresa (art. 23, comma 1, lett. e, Tuir).
Tale impostazione, peraltro, è in linea con le previsioni del Modello di Convenzione Ocse secondo cui (articolo 7) il reddito in esame è tassato solo nello Stato di residenza dell’impresa, a meno che questa non svolga la sua attività nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata; se ciò avviene, gli utili sono imponibili nell’altro Stato, ma soltanto nella misura in cui sono attribuibili alla stabile organizzazione.
Così sinteticamente ricostruita la disciplina, affine per molti versi a quella in materia di reddito di lavoro autonomo transnazionale, è evidente come il sostituto di imposta italiano che deve provvedere al pagamento della provvigione e, sotto la propria responsabilità, non ritenga di applicare la ritenuta prevista dall’art. 25-bis, d.p.r. 600/1973, al fine di evitare contestazioni da parte del Fisco, dovrà adottare quella ordinaria diligenza che si traduce essenzialmente nella richiesta e ottenimento dalla controparte della seguente documentazione:
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autocertificazione da parte dell’agente di essere fiscalmente residente all’estero e di non avere una stabile organizzazione in Italia;
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certificato di residenza fiscale rilasciato dalla competente autorità estera.
Sotto questo aspetto, è preferibile che tale certificato indichi anche l’assoggettamento dell’impresa a imposte nel Paese estero, nonché, ove possibile, la mancata conoscenza di una stabile organizzazione in Italia da parte del Fisco estero, seppur le stesse istruzioni al Modello 770/2014 (come negli anni precedenti e in conformità a quanto chiarito più volte dall’amministrazione finanziaria, si veda per esempio la risoluzione n. 183/E/2003 in materia di canoni), in verità, si limitano a precisare che il sostituto “deve conservare ed esibire o trasmettere, a richiesta dell’Agenzia delle Entrate, il certificato rilasciato dal competente ufficio fiscale estero, attestante la residenza del percipiente, nonché la documentazione comprovante l’esistenza delle condizioni necessarie per fruire del regime convenzionale”, e non sembrano dunque richiedere che nel certificato di residenza estera sia precisato anche che l’impresa è ivi assoggettata a tassazione. Così come non sembrano richiedere che l’autorità fiscale estera certifichi l’assenza di stabili organizzazioni in Italia.
Tuttavia, fermo restando la possibilità di dimostrare i presupposti per l’esonero da ritenuta dell’agente anche in un momento successivo, conviene essere prudenti poiché il Modello D relativo ai redditi “residuali” (ossia quelli diversi da dividendi, interessi e canoni) di cui al Provvedimento del 10 luglio 2013 che ha approvato i modelli, con le relative istruzioni, che i non residenti in Italia possono utilizzare per la domanda di rimborso, per l’esonero dall’imposta italiana o per l’applicazione dell’aliquota ridotta sui redditi corrisposti a soggetti non residenti in forza delle Convenzioni contro le doppie imposizioni sui redditi richiede espressamente, dopo la auto-certificazione dell’interessato circa la residenza fiscale estera, l’assoggettamento a imposte nel Paese di residenza e l’assenza di stabile organizzazione in Italia, che l’Autorità fiscale estera attesti, oltre la residenza fiscale del dichiarante, anche che le altre informazioni contenute nel modello sono esatte per quanto a conoscenza dell’Amministrazione fiscale estera.