14 Luglio 2014

Dietrofront sulla prededuzione, il D.L. 91/2014 corregge il tiro

di Claudio Ceradini
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Per fortuna, il D.L. 91/2014, cosiddetto decreto competitività, per effetto di quanto disposto dall’art. 22, co. 7 corregge un precedente intervento del legislatore, che con l’art. 11, co. 3quater del D.L. 145/2013 aveva fornito una preoccupante interpretazione autentica dell’art. 111 L.F. così come richiamato dall’art. 161, co. 7, L.F., limitando in modo potenzialmente consistente l’ambito di riconoscimento della prededucibilità ai crediti sorti nel corso della fase prenotativa del concordato preventivo, e subordinandola sia alla tempestiva presentazione del ricorso, sia anche alla successiva ammissione ai sensi dell’art. 163 L.F..

Già Assonime, con la Circolare 12 del 4 aprile 2014 aveva evidenziato la criticità di una siffatta interpretazione, rilevando che “il timore della fuga dei fornitori e dei finanziatori dell’impresa avrebbe indotto il debitore a depositare la domanda incompleta quando la crisi sarà già in una fase avanzata, con la conseguenza di trasformare il concordato in bianco da strumento fondamentale per la preservazione della continuità aziendale ad una anticamera di concordati meramente liquidatori o di fallimenti”. E del resto è pacifico, per chi di queste cose si occupa, che la prenotazione del concordato può costituire una fase di reale progettazione ed iniziale attuazione del risanamento, che pur presupponga la falcidia concordataria, se e nella misura in cui offra a chi con il debitore si rapporta in quei mesi la certezza del pagamento del proprio credito, che deve quindi godere senza condizioni del beneficio della priorità rispetto al ceto creditorio. Chi fornirebbe il debitore, concedendogli un seppur minima dilazione nel pagamento, se la prededuzione del suo credito non fosse certa? Quale banca potrebbe valutare, ammesso che ne percepisca il vantaggio economico e l’opportunità, di erogare finanza al debitore se la prededuzione del suo credito non fosse certa? Senza questa certezza la copertura del fabbisogno finanziario che il risanamento necessariamente genera, richiede un atto di fede, che difficilmente in affari si è disposti a fare, tantomeno nei confronti di un’impresa in crisi, traballante, seppur sulla via, tortuosa e difficile di per sé, del risanamento.

Già in origine, dall’11 settembre 2012, vi erano elementi di incertezza. Se il debitore non fosse riuscito a depositare nei termini il ricorso, i crediti sorti nel corso della prenotazione non avrebbero goduto della prededuzione in una successiva eventuale procedura. Il creditore avrebbe dovuto quindi confidare nella tempestività del deposito, o nel filone giurisprudenziale che interpreta la continuità delle procedure con riferimento alla fattispecie, e quindi alla crisi, e non tanto alla dimensione strettamente temporale. Entrambi appigli pericolosi, di scarso appeal per il creditore. Se poi vi aggiungiamo le condizioni imposte dalla interpretazione autentica e l’orientamento giurisprudenziale perlomeno ondivago (si vedano a titolo meramente esemplificativo Tribunale di Vicenza, 11/03/2014 e in senso opposto Cassazione Civile, 14/03/2014 n. 6031), il quadro tende a diventare decisamente poco attraente.

In questo scenario si era tra l’altro inserita anche la modifica all’art. 161 L.F. introdotta con l’art. 82, co. 1, lett. b), del D.L. 69/2013, che nell’intenzione di frenare l’abuso dello strumento prenotativo ha correttamente previsto la possibilità per il Tribunale di intervenire sul termine concesso, accorciandolo o addirittura annullandolo se rilevasse che l’attività del debitore fosse manifestatamente inidonea per la formazione e la presentazione di piano e proposta concordatari. Pur condividendo lo spirito della norma, bisogna ammettere che introduce un ulteriore elemento di incertezza, ai fini della prededuzione, poiché il Tribunale potrebbe intervenire, dequalificando il credito nato prededotto, in un qualsiasi momento, anteriore alla scadenza naturale del termine.

In sintesi, quindi, l’intervento legislativo da ultimo adottato va sicuramente nel verso giusto, eliminando con l’abrogazione dell’interpretazione autentica almeno alcune delle incertezze. Perché il concordato in continuità sia uno strumento generalmente utilizzabile, però, è necessario un passo in più, e significativo, altrimenti è poco probabile che gli operatori economico possano rapportarsi al debitore in prenotazione con adeguata tranquillità e fiducia.

Questo è lo spirito con cui è stato depositato lo scorso 27 marzo alla Camera dei Deputati disegno di legge n. 2235, che all’art. 4 propone di aggiungere al settimo comma dell’art. 161 L.F. il seguente periodo: “tali crediti devono essere considerati in prededuzione ai sensi del presente comma anche nelle procedure concorsuali a cui il debitore sia eventualmente sottoposto, successive rispetto a quella per cui è stata presentata domanda ai sensi del sesto comma e nella quale è sorta l’obbligazione”.

Ove tale indicazione fosse recepita, al pilastro portante della continuità, che è la prededuzione, verrebbe conferito quel carattere di certezza che è la base della fiducia degli operatori.

Fino ad allora, temo, la continuità giuridica in concordato rimarrà territorio di pochi, pochissimi casi particolari.