Imposta di registro a rischio nel conferimento di azienda in società seguito dalla cessione integrale delle quote
di Fabio LanduzziLa Corte di Cassazione, nella sentenza n. 14417 del 25 giugno 2014, è tornata ad occuparsi di un’operazione di conferimento di azienda con successiva e immediata cessione delle quote a terzi; e lo ha fatto confermando il filone giurisprudenziale negativo che vede in tale operazione una cd. “cessione indiretta di azienda” ovvero un’operazione che, seppure scevra da qualsivoglia eccezione di elusività sotto il profilo delle imposte sul reddito, viene ritenuta essere soggetta ad imposta proporzionale ai fini dell’imposta di registro in forza dell’applicazione dell’. articolo 20 del Dpr 131/1986 (Tur).
Il caso trattato nella sentenza in commento riguardava il conferimento di un’azienda agraria di proprietà di una persona fisica in favore di una costituenda società in accomandita semplice; immediatamente a seguire, era poi stata stipulata la cessione delle quote della neo costituita società a due soci terzi. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, che era risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio, l’intento unitario perseguito dai contraenti era quello di addivenire al trasferimento dell’azienda, operazione rispetto a cui il conferimento e la costituzione della Sas fungeva esclusivamente da mero veicolo. L’Amministrazione Finanziaria riteneva quindi che la volontà delle parti e la consequenzialità delle due operazioni avrebbe dovuto indurre i Giudici a confermare l’accertamento sì da assoggettare l’operazione ad imposta di registro proporzionale mediante un’applicazione logica dell’art. 20 del Dpr 131/1986, ovvero riqualificando la stessa quale cessione di azienda, seppure ai soli fini della liquidazione dell’imposta d’atto.
I Giudici di merito avevano, come detto, rigettato la tesi dell’Amministrazione Finanziaria nel presupposto che, essendo l’imposta di registro un’imposta d’atto, ed essendo l’oggetto della tassazione un atto costitutivo di Sas, solo tale operazione avrebbe potuto essere assoggettata ad imposta di registro, non rinvenendo peraltro nella fattispecie un intento negoziale diretto a conseguire un risultato elusivo.
La Corte di Cassazione ha invece rovesciato il verdetto, cogliendo nella sentenza emessa dai Giudici della Commissione Tributaria Regionale il difetto di avere fornito una valutazione meramente atomistica degli atti portati alla registrazione: l’atto costitutivo della società, prima, e l’atto di trasferimento delle quote sociali, poi. Così facendo, argomenta la Cassazione, si è superata la funzione che la Suprema Corte ritiene si debba attribuire all’art. 20 del Dpr 131/1986, ovvero quella di privilegiare in tutti i casi la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti portati alla registrazione, piuttosto che la loro forma ed il loro titolo, anche laddove si tratti di atti plurimi fra loro collegati.
La Cassazione ritiene quindi che nel qualificare l’atto non si debba prescindere dalla sua causa reale e dagli interessi in concreto perseguiti dai contraenti, quand’anche siano stipulati in tempi diversi più atti. Nel caso di specie, ha concorso a formare il convincimento dei Giudici della Cassazione anche il fatto che nei documenti dell’accertamento era riportata una dichiarazione resa dal conferente dell’azienda con la quale egli mostrava l’esistenza pregressa di un interesse della controparte ad acquistare l’azienda, situazione rispetto a cui la costituzione della società – mediante il conferimento dell’azienda – si sarebbe posizionata in modo interlocutorio così da conservarne la proprietà ma nel contempo mantenere i contatti con il potenziale acquirente sino a che questi non fosse definitivamente addivenuto alla decisione di acquisto (dell’azienda).
Da ultimo, la Cassazione osserva anche che in questo contesto interpretativo dell’art. 20 del Dpr 131/1986, non sussiste neppure la necessità che venga dimostrato il fine dell’abuso del diritto o l’intento elusivo delle parti; infatti, sarebbe implicito nella funzione attribuita allo stesso art. 20 del Tur giungere alla conclusione fatta propria dalla Suprema Corte nel caso di specie.