Tassazione dei trasferimenti di azienda in forza di sentenza produttiva degli effetti del preliminare
di Davide David
La sentenza n. 8544 dell’11.04.2014 della Corte di Cassazione tratta il tema della tassazione ai fini dell’imposta di registro dei trasferimenti di immobili in forza di sentenza produttiva degli effetti di un contratto non concluso (ex art. 2932 Cod. Civ.).
La sentenza offre lo spunto per svolgere alcune brevi considerazioni sull’analogo caso dei trasferimenti di aziende, con riguardo anche alla tassazione ai fini delle imposte dirette (IRPEF e IRES).
Il primo comma dell’art. 2932 del Codice Civile recita: “Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso”.
Si prenda ora il caso della stipula di un contratto preliminare per la cessione di una azienda con la parte promissaria venditrice che successivamente non adempia al suo obbligo di contrarre (in buona sostanza non si presenti dal notaio per la stipula del contratto definitivo).
In tale ipotesi la parte promissaria acquirente può richiedere, per via giudiziaria, una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso (cioè quello che doveva essere fatto dal notaio in forza del preliminare).
Come affermato dalla richiamata sentenza della Corte di Cassazione n. 8544 del 2014, la sentenza di trasferimento di un bene immobile (ma lo stesso vale per il trasferimento di un’azienda) ha quale contenuto l’accertamento dell’avvenuta stipulazione del contratto di trasferimento oneroso della proprietà. In buona sostanza, il trasferimento avviene quindi alle condizioni originariamente concordate dalle parti con il contratto preliminare.
A questo punto le questioni vertono, in ambito fiscale, sui valori da assumere ai fini della tassazione diretta e dell’imposta di registro, con particolare riferimento al valore dell’avviamento.
Trattasi di questioni che possono avere una certa rilevanza, se solo si considera che, dati i tempi della giustizia, il trasferimento dell’azienda può avvenire a distanza di molti anni dalla stipula del contratto preliminare (soprattutto quando le parti percorrono tutti i gradi di giudizio: Tribunale, Corte di Appello e Corte di Cassazione).
È chiaro quindi come, in tali situazioni, diventi rilevante il diverso criterio di determinazione della base imponibile per le imposte dirette (IRPEF e IRES) rispetto a quello per l’imposta di registro.
Come noto, infatti:
- per le imposte dirette la plusvalenza (o minusvalenza) va determinata assumendo il corrispettivo realmente pattuito tra le parti (art. 86, comma 2, del TUIR);
- per l’imposta di registro va invece assunto il valore dell’azienda alla data dell’atto (art. 43 del TUR), intendendosi per tale il valore venale in comune commercio (art. 51 del TUR), con rettifica da parte dell’Ufficio qualora il valore venale sia superiore al valore dichiarato dalle parti nell’atto o al corrispettivo pattuito (art. 52 del TUR).
È altrettanto nota la prassi dell’Amministrazione finanziaria nel procedere, in via induttiva, all’accertamento delle plusvalenze realizzate per la cessione di aziende sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di rettifica eseguita ai fini dell’imposta di registro. Il che comporta la necessità per il contribuente di provare, per superare tale presunzione, la corrispondenza tra il corrispettivo pattuito tra le parti e il valore venale in comune commercio ovvero l’esistenza di valide ragioni giustificanti la differenza tra i due importi.
In ragione di quanto sopra vi è quindi da chiedersi, in ipotesi di trasferimento di azienda in forza di una sentenza produttiva degli effetti di un contratto non concluso (ex art. 2932 Cod. Civ.):
- quali siano i valori da assumere ai fini delle imposte dirette e dell’imposta di registro;
- se possa l’Ufficio utilizzare in via presuntiva il valore determinato ai fini dell’imposta di registro per eseguire un accertamento ai fini delle imposte dirette.
A tale proposito è da ritenersi che, per l’imposta di registro, il valore da assumere sia il valore venale in comune commercio che l’azienda presenta alla data del passaggio in giudicato della sentenza di trasferimento.
Per quanto concerne l’imposizione diretta è invece da ritenersi che la plusvalenza (o minusvalenza) da portare a tassazione sia da determinarsi in base al corrispettivo pattuito con il contratto preliminare e che l’Ufficio, considerato il lungo periodo di tempo trascorso tra la stipula del contratto preliminare e il trasferimento avvenuto in forza del passaggio in giudicato della sentenza di trasferimento, non possa “automaticamente” assumere la base imponibile dell’imposta di registro (costituita dal valore venale in comune commercio al momento del passaggio in giudicato della sentenza di trasferimento) per accertare una maggiore plusvalenza (o una minore minusvalenza) venutasi a realizzare in epoca più remota.
Al più l’Ufficio potrebbe, per omogeneità di periodo, accertare la maggiore plusvalenza (o minore minusvalenza) sulla base del valore venale dell’azienda alla data della stipula del contratto preliminare. Peraltro, occorre considerare che il prezzo pattuito con il contratto preliminare viene certamente posto al vaglio dei giudici nella causa di trasferimento ed è quindi difficile presumere che il prezzo effettivamente conseguito dalla parte promissaria venditrice sia stato diverso tra quello indicato nel contratto preliminare. In buona sostanza è difficile presumere che vi sia stato un pagamento “in nero”. Il che consente al contribuente, in caso di accertamento sulla base del valore venale all’epoca del preliminare, di provare la corrispondenza tra il corrispettivo pattuito tra le parti e il valore venale allora in comune commercio o comunque che vi erano state delle valide ragioni che lo avevano portato a pattuire un prezzo inferiore al valore di mercato.
Tornando all’imposta di registro, con la sentenza n. 8544/2014 di cui in premessa la Corte di Cassazione ha affermato che la sentenze produttiva degli effetti di un contratto non concluso (ex art. 2932 Cod. Civ.) di un immobile (ma le conclusioni valgono anche per i trasferimenti di azienda) va assoggettata a imposta di registro in misura proporzionale, anche se non divenuta definitiva e anche se il promissario acquirente non ha ancora pagato il prezzo.
La Cassazione trae il suo convincimento dal fatto che comunque l’effetto traslativo rimane unilateralmente condizionato alla sola volontà dell’acquirente (e non anche a quella del venditore) e che necessariamente l’acquirente opera le sue valutazioni prima dell’iniziativa giudiziaria, con la conseguenza che il versamento del prezzo rimane assimilabile ad una condizione meramente potestativa.