10 Giugno 2014

Le Sezione Unite si sono pronunciate sull’ammissibilità del sequestro preventivo per reati tributari commessi dagli amministratori

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza delle Sezioni Unite n. 10561 del 05/03/2014, la Corte di Cassazione pone fine, almeno per ora, al dibattito giurisprudenziale sulla questione della possibilità di aggredire o meno direttamente i beni di una società per le violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante della stessa.

Si rammenta brevemente che alcune pronunce di legittimità hanno ritenuto ammissibile il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni della persona giuridica, anche fuori dei casi in cui la sua creazione era finalizzata a farvi confluire i profitti degli illeciti fiscali quale “società schermo“; secondo un orientamento opposto, il sequestro preventivo doveva ritenersi inammissibile poiché gli articoli 24 e seguenti del D.Lgs. 231/2001 non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento, tranne che nel caso in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti.

La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite relativamente ad una vicenda in cui era stato disposto il sequestro preventivo per equivalente su un immobile di proprietà del legale rappresentante di una società, indagato per il reato di cui all’articolo 10-ter del D.Lgs. 74/2000, che aveva eccepito tra l’altro che PM e Tribunale non avevano verificato la possibilità di procedere al sequestro diretto del profitto del reato nei confronti della società, così violando l’articolo 322-ter Cod.Proc.Pen.

I Giudici hanno posto fine al contrasto giurisprudenziale, offrendo anche un’interessante analisi della disciplina della confisca del profitto di reato e del sequestro preventivo finalizzato alla confisca nei reati tributari.

Nella sentenza è evidenziato innanzitutto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di reati tributari il sequestro preventivo finalizzato alla confisca può essere disposto non soltanto per il prezzo ma anche per il profitto del reato.

Per profitto deve intendersi qualsiasi vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento di tributi, interessi e sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento tributario, ovvero nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio su cui il fisco ha diritto di soddisfarsi.

I Giudici evidenziano inoltre che la confisca del profitto di reato è possibile nei confronti di una persona giuridica per i reati commessi dal legale rappresentante o da altro organo della medesima, quando il profitto sia rimasto nella disponibilità della stessa; infatti l’articolo 6, comma 5, del D.Lgs. 231/2001 prevede che anche nei confronti degli enti per i quali non sia applicabile la confisca-sanzione di cui all’articolo 19 dello stesso decreto per essere stati efficacemente attuati i modelli organizzativi per impedire la commissione di reati da parte dei rappresentanti dell’ente, è “comunque disposta la confisca del profitto che l’ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente“.

La Suprema Corte evidenzia anche che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente è legittimo solo quando il reperimento dei beni costituenti il profitto del reato sia impossibile, ovvero quando gli stessi non siano aggredibili; tuttavia non è richiesta la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato, poiché, durante il tempo necessario per l’espletamento di tale ricerca, potrebbero essere occultati gli altri beni suscettibili di confisca per equivalente.

Le Sezioni Unite della Cassazione ammettono quindi il sequestro preventivo, nei confronti di una persona giuridica, finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della stessa, quando tale profitto o tali beni siano nella disponibilità della medesima o quando la persona giuridica risulti in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso cui l’amministratore agisca come effettivo titolare.

In tale ipotesi, secondo i Giudici, il denaro o il valore trasferito devono infatti ritenersi pertinenti alla disponibilità del soggetto che ha commesso il reato, in apparente vantaggio dell’ente ma, nella sostanza, a favore proprio.

La Cassazione non ritiene infine possibile la confisca per equivalente di beni della persona giuridica per reati tributari commessi da suoi organi qualora non sia stato reperito il profitto del reato tributario compiuto dai medesimi organi, o anche nell’ipotesi in cui sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro, o di altri beni fungibili, o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a costoro o a persona non estranea al reato.