No pex per le royalty companies
di Ennio VialVita Pozzi
E’ applicabile il regime della participation exemption sulle plusvalenze derivanti dall’alienazione di partecipazioni che gestiscono marchi? In questi casi l’Agenzia delle Entrate ha negato che si concretizzasse lo svolgimento di una effettiva attività commerciale ed ha quindi escluso la participation exemption sulla plusvalenza realizzata.
La questione è stata affrontata dalla R.M. 18.8.2009 n. 226.
Il caso analizzato dall’Amministrazione finanziaria aveva ad oggetto una società di diritto italiano ALFA Spa che aveva alienato una partecipazione del 50% nella società partecipata “B.V. BETA” di diritto olandese. Quest’ultima, dalla data della sua costituzione ha esercitato come attività d’impresa la gestione del marchio di proprietà “GAMMA”, brand che si è affermato a livello internazionale nel settore della moda.
La gestione del marchio ha comportato ovviamente la detenzione dello stesso (iscritto tra le immobilizzazioni), con le connesse attività di tutela e mantenimento delle registrazioni nei principali paesi del mondo. Inoltre, è stata curata la stipula e la gestione di contratti di licenza attraverso i quali è stato concesso a terzi l’utilizzo del marchio ed il suo sfruttamento nell’ambito della produzione e commercializzazione di linee di abbigliamento e prodotti, accessori e complementari.
Sul punto è condivisibile la premessa dell’Agenzia delle Entrate secondo cui la verifica della ricorrenza in concreto dello svolgimento da parte della società partecipata di un’attività commerciale presuppone l’espletamento di una verifica di tipo fattuale che potrà formare oggetto di riscontro esclusivamente nell’ambito della successiva eventuale attività di controllo e non anche in sede di interpello.
La concessione in licenza del marchio non rientra nelle fattispecie di cui all’art. 2195 c.c. ma nel novero dei redditi di impresa in base alla lettera a) del comma 2 dell’articolo 55 del Tuir
L’Agenzia, riprendendo quanto già espresso in passato, evidenzia come l’attività commerciale ai fini della participation exemption debba logicamente interpretarsi in senso restrittivo, in conformità alla ratio dell’articolo 87 – desumibile dalla esclusione espressa delle società di gestione immobiliare – secondo cui per il riconoscimento della pex la partecipata deve svolgere attività non di mero godimento.
Va quindi esclusa l’applicazione dell’esenzione nell’ipotesi di un soggetto partecipato configurante una società senza impresa, circostanza che ricorrerebbe nel caso in cui la società stessa risulti meramente intestataria di “passive income” riconducibili alla percezione di royalty su marchi. Peraltro, lo stesso legislatore ha individuato lo sfruttamento di marchi come reddito passivo nella diversa disciplina della CFC white list di cui all’art. 167 co. 8 bis del Tuir.
Il principio era stato già enunciato anche in tema di consolidato fiscale nazionale.
La C.M. 20.12.2004 n. 53, paragrafo 2.1.2, infatti, ha riconosciuto come la nozione di attività d’impresa di cui all’articolo 55 del Tuir non possa riferirsi ai soggetti “la cui attività consiste nella mera detenzione (limitata al godimento dei relativi frutti) di partecipazioni in società residenti”.
Ad avviso di chi scrive le conclusioni dell’Agenzia possono in linea di massima essere condivise ma si deve ribadire, tuttavia, la necessità di condurre una approfondita analisi fattuale in modo da appurare se sussista effettivamente una vera equivalenza tra il bene e la società o se piuttosto la gestione del marchio configuri una effettiva attività imprenditoriale svolta attraverso l’impiego di dipendenti e di risorse.
Peraltro, a nulla rileverebbe se questo tipo di attività fosse dato in outsourcing a terzi. La C.M. 11.07.1996 n. 182/E, ad esempio, ha chiarito che per impresa costruttrice deve ritenersi quella che anche occasionalmente realizza la costruzione di immobili per la successiva vendita, a nulla influendo che la materiale esecuzione dei lavori sia eventualmente da essa affidata, in tutto o in parte, ad altre imprese.
Del tutto irrilevante, inoltre, è il fatto che la royalty company sia estera: l’art. 87 del Tuir, ai fini della concessione dell’esenzione, discrimina solo le società paradisiache equiparando di fatto le partecipazioni italiane e quelle estere white list.