22 Maggio 2014

Banca d’Italia apre, moderatamente, alle imprese in crisi. Ma la via è lunga. Comunicazione del 7 febbraio 2014.

di Claudio Ceradini
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E’ noto come sia intervenuta nel 2012, ad opera del DL 83/2012, convertito con L. 134/2012, una sostanziale modifica della disciplina della crisi di impresa, che ha inciso in particolare sul concordato preventivo. Nasce in quell’occasione, salutata giustamente come una novità dalla portata quasi storica, sia la cosiddetta prenotazione (artt. 161, comma 6, LF e 182bis, comma 6, LF), sia anche una disciplina dedicata alla continuità in crisi (art. 186bis LF), che nei particolari delinea nuove regole del gioco. E numerosi sono gli aspetti che chi si occupa di questi temi intuisce essere migliorati, e il riferimento è al nuovo istituto dei creditori strategici, alla moratoria concessa dallo stesso art. 186bis LF, alla disciplina della erogazione di finanza e della prededuzione.

Nel corso dei 18 mesi circa di operatività delle nuove norme, al di là delle comprensibili (talvolta) incertezze interpretative che hanno riguardato e riguardano aspetti peraltro centrali di assoluta significatività, abbiamo avuto modo di constatare come la nuova forma tecnica patisca anche problemi di maturazione in capo agli operatori economici, tutti, di quel grado di confidenza con lo strumento che ne consenta la reale funzionalità. In altri termini, clienti, fornitori, banche ed anche le risorse umane non hanno ad oggi sufficientemente compreso la misura in cui potersi interfacciare con una società in “concordato in continuità”, vivendo ancora la sensazione precisa di pericolo, rischio, spesso più psicologico che tecnico. In questo quadro, il debitore difficilmente riesce a risanare, e deve ricorrere ai collaudati diversi schemi a supporto del piano concordatario. E’ un peccato, ma è necessario che il tempo faccia la sua parte, che rispetto a queste circostanze l’approccio sia più confidente, e che le norme acquisiscano stabilità.

In questo scenario il gesto di Banca d’Italia, che ha sottoposto dal novembre del 2013 alla consultazione pubblica un documento di modifica dei criteri di qualificazione della qualità del credito proprio in queste circostanze, va apprezzato. Con Comunicazione del 7 febbraio 2014 Banca d’Italia prende atto della necessità di rimodulare le indicazioni contenute nelle circolari 272/2008 e 139/1991, sino a quel momento saldamente ancorate ai tradizionali strumenti concorsuali ante modifica, e quindi perentorie (Cir. 272/2008, pagina B.6) nell’imporre la classificazione a sofferenza oggettiva nel caso di accesso del debitore a procedura concorsuale. Prendendo atto della diversa finalità, risanatoria e non più necessariamente e solamente liquidatoria, Banca d’Italia propone che l’accesso alla procedura implichi “semplicemente” la segnalazione ad incaglio, qualifica tipica della posizione creditoria verso soggetto che vive una temporanea situazione di obiettiva difficoltà, che sia prevedibile possa essere rimossa in un congruo periodo di tempo, e quindi di possibile soluzione. Il contenuto della proposta e del piano costituiscono gli elementi valutativi su cui la banca baserà le proprie decisioni, che potranno variare tra il mantenimento dell’incaglio in caso positivo, la derubricazione a sofferenza, o la classificazione a ristrutturato, ove si proceda con lo strumento di cui all’art. 182bis LF. Analogamente, Banca d’Italia fornisce chiarimenti necessari per le segnalazioni di cui alla Cir. 139/1991 in Centrale Rischi, e anche senza entrare nel dettaglio della codifica, è importante rilevare che l’indicazione fornita consente di presumere un “innalzamento dell’asticella”, e quindi delle condizioni di crisi che condurranno alla segnalazione di incaglio o di sofferenza non oggettiva. Il punto non è risolutivo, ma nemmeno banale se così fosse, tenuto conto dell’importanza che l’andamentale in CR ha per il rating delle piccole e medie imprese, ed a cascata del rating sulla bancabilità e sul costo.

In effetti, il punto è proprio questo, cosa accade alla presentazione del ricorso e della proposta in continuità, che presupponiamo sia sufficientemente solida e credibile? E’ apprezzabile l’atteggiamento possibilista di Banca d’Italia, che perlomeno ammette che l’immediata segnalazione a sofferenza ostacoli drasticamente ogni pur remota possibilità del debitore di ottenere nuova finanza, e tuttavia temo che non si tratti di nulla più che un gesto. Il problema vero è che normalmente, per non dire sempre, non c’è risanamento senza nuova finanza, e quanto innovato da Banca d’Italia è solo un piccolo tassello, all’interno del puzzle. Le indicazioni, che consentono al debitore di non subire una immediata segnalazione a sofferenza al momento di ammissione alla procedura, vanno certamente nel senso giusto, ma sono be lungi dal risolvere il vero problema, e cioè creare le condizioni per la copertura del fabbisogno finanziario. Quello che serve sono più elementi, che intervengano contestualmente: in primo luogo condizioni giuridiche di riconoscimento della prededuzione certe, senza le quali nessun fornitore, già scottato, vorrà assumere il benchè minimo rischio nei confronti del debitore, nè si può ragionevolmente chiederglielo. Già prima della interpretazione che dell’art. 111 LF ha dato l’art. 11, comma 3quater, DL. 145/2013, convertito con L 9/2014, il pericolo del disconoscimento della prededuzione non era escluso, oggi è decisamente presente. Ancora, sino a che per queste particolari circostanze non si individuino forme di finanziamento che trovino minore impatto negli accantonamenti di vigilanza delle banche, è difficile che dal sistema del credito si ottenga alcunchè, per non parlare delle difficoltà operative che le pur comprensibili tutele previste dagli artt. 182quater e quinquies LF, impongono.

Eppure lo sforzo istituzionale, forse un tantino male orchestrato, è percepibile. Ed anzi in questo quadro va accolta con grande favore la Delibera della Giunta Regionale Veneta del 15 aprile 2014, che inaugura un bando per il finanziamento agevolato di parte delle spese di un piano di rilancio e ristrutturazione che le società in crisi non irreversibile si accingano ad affrontare, comprese quelle manageriali e consulenziali.

Tasselli più o meno piccoli, in un puzzle che richiede ancora molto tempo e altrettanta fatica.