Approvato il testo definitivo del Decreto Job Act
di Luca VannoniNon è ancora chiuso il percorso, ma il testo approvato con la fiducia dal Senato, stante il termine del 19 maggio, è la versione definitiva della conversione in legge del Decreto Job Act. Molte sono state le modifiche apportate dai rami del parlamento, in parte a correggere dubbi e incertezze nel testo originario, in parte per modificare o temperare misure giudicate eccessive.
Ad un primo sguardo, sono stati mantenuti gli elementi cardine dell’ennesima tornata riformatrice del lavoro, confermando, in particolare, l’acausalità dei contratti a termine fino al periodo massimo consentito per singolo contratto, 36 mesi. Alcune modifiche erano ampiamente preventivabili, come il numero massimo di proroghe, sceso da 8 a 5: il numero alto proposto nel testo originario, probabilmente, era una dote pronta ad essere strategicamente sacrificata nella contrattazione che, in un governo di larghe intese, si apre ad ogni provvedimento normativo.
Riguardo al limite quantitativo massimo di contratti a termine, viene confermato in linea generale il limite del 20%, ma il dato normativo meglio specifica le regole per il suo calcolo: si prendono in considerazione i lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione; per i datori di lavoro -compresi i professionisti – fino a 5 dipendenti è comunque possibile utilizzare 1 contratto a termine. Nella conversione è stata inoltre previsto che la violazione del limite non comporta la trasformazione a tempo indeterminato del contratto, ma solo una sanzione amministrativa calcolata sulla retribuzione del lavoratore, dal 20% della retribuzione per ogni mese, con frazioni pari almeno a 15 giorni equivalenti a un mese intero se lo sforamento riguarda un solo lavoratore; 50% in tutti gli altri casi.
Viene previsto l’esonero dal limite massimo del 20% per ricercatori e il personale tecnico assunti con contratto a termine dagli istituti pubblici o privati di ricerca scientifica.
Novità anche per il diritto di precedenza, non toccato dal testo originario del DL Job act: il periodo di congedo di maternità è utile per il calcolo del periodo di attività lavorativa necessario per il diritto di precedenza. Viene inoltre riconosciuto il diritto di precedenza, sempre per le lavoratrici al termine del congedo di maternità, anche nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine. In ogni caso il datore di lavoro è tenuto a informare il lavoratore del diritto di precedenza mediante comunicazione scritta da consegnare al momento dell’assunzione.
In materia di apprendistato, l’altro contratto interessato dalla riforma, viene previsto che, nella redazione del contratto, deve essere incluso, in forma sintetica, il piano formativo individuale (mentre la versione iniziale del DL cancellava dagli obblighi formali di redazione del contratto), definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali.
Parziale marcia indietro sugli obblighi di conferma degli apprendisti per procedere a nuove assunzioni: rispetto alla disciplina previgente, e fatta salva la possibilità per Ccnl, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale, di individuare limiti diversi, riguarda esclusivamente i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti e prevede un obbligo di conferma, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 20% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro. In questo caso, il legislatore non ha fornito criteri per il calcolo della soglia dimensionale: pertanto, ritenendosi applicabili le regole generali, i 50 dipendenti andranno calcolati come organico strutturale, facendo una media nei 6 mesi precedenti, che come fotografia (in attesa dei chiarimenti del Ministero del Lavoro). Riguardo alla formazione pubblica, entro 45 giorni dalla comunicazione dell’instaurazione del rapporto, la Regione provvede a comunicare al datore di lavoro le modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica, dettagliando sedi e calendario delle attività previste.
Le ultime considerazioni di questa breve sintesi vanno all’introduzione di una disciplina specifica per gestire il periodo transitorio: gli articoli 1 e 2 (termine e apprendistato) si applicano ai rapporti di lavoro costituiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.L.; contestualmente sono fatti salvi gli effetti già prodotti dalle disposizioni introdotte dal presente decreto prima della conversione in legge. Tali disposizioni devono essere applicate con estrema attenzione, soprattutto in materia di proroghe dei contratti a termine: in virtù della nuova disposizione, i contratti stipulasti prima dell’entrata in vigore del DL 34/2014 (21 marzo 2014) sono soggetti a una sola proroga, fermo restando che gli effetti già prodotti prima della conversione sono fatti salvi.
Il diritto intertemporale vede poi una sua disciplina specifica per il limite massimo del 20%.
Conservano efficacia, ove diversi, i limiti percentuali già stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro. Il datore di lavoro, nel caso in cui si trovi in eccedenza rispetto ai nuovi limiti di contingentamento, deve rientrare nel predetto limite entro il 31 dicembre 2014, salvo che un contratto collettivo applicabile nell’azienda disponga un limite percentuale o un termine più favorevole: in caso contrario, il datore di lavoro, successivamente a tale data, non può stipulare nuovi contratti di lavoro a tempo determinato.
Inoltre, viene espressamente previsto, in modo forse pedante stante l’esclusione generale prevista per i contratti sottoscritti prima del 21 marzo 2014, che la sanzione per lo sforamento del limite del 20% non si applica per i rapporti di lavoro instaurati precedentemente alla data di entrata in vigore del D.L. n.34/14.