Nuova tassazione delle rendite con perplessità
di Giovanni Valcarenghi
Una fetta importante del gettito atteso dal c.d. Decreto Renzi (DL 66/2014) è certamente connessa con la revisione delle aliquote di tassazione delle rendite finanziarie, materia della quale ci occupiamo limitatamente all’area dei dividendi e dei capital gains, innalzate dal 20 al 26%.
In primo luogo, va notato che il Legislatore ha fatto una scelta che esula dal puro aspetto tecnico per sconfinare in quello delle opportunità politiche: dal primo luglio 2014 i titoli di Stato saranno nettamente preferiti rispetto agli usuali conti di deposito (tassati al 12,50% i primi ed al 26% i secondi), così come rispetto agli investimenti speculativi di borsa (anch’essi tassati al 26%, sia per quanto attiene i dividendi, sia per quanto riguarda le plusvalenze). Già qui qualche cosa stona, posto che il piccolo risparmiatore non può più disinteressarsi della variabile fiscale (con divario pari ad oltre il doppio); chi preferisce il libero mercato, dunque, deve solo sperare in alti rendimenti.
Ma appare evidente anche una seconda circostanza: è ormai finito il tempo in cui si “inseguiva” la chimera di una partecipazione non qualificata. Infatti, ipotizzando una distribuzione di dividendi pari a 100, il socio non qualificato incassa 74, mentre il socio qualificato, pur con una aliquota marginale del 43%, intasca 78,62 (con un carico fiscale pari a 100 x 49,72 x 43%).
Se poi il socio qualificato ha la “fortuna” di applicare una aliquota IRPEF ridotta (ad esempio la minima del 23%), il divario si amplia ancor di più, attestandosi il netto incassato ad euro 88,56.
Nel passato, si è sempre ipotizzato che la minor tassazione riservata ai soci titolari di partecipazioni non qualificate fosse ascrivibile alla ragione che, per essi, l’investimento non era di natura strategica; dalle distribuzioni operate dal prossimo 1° luglio in avanti, invece, la partecipazione con maggiore caratura consente un migliore rendimento netto.
Il ragionamento non muta se ci spostiamo sul comparto dei capital gains, stante la nota identità di conseguenze fiscali tra incasso di dividendi ed incasso di plusvalenze. Insomma, le vecchie abitudini che erano ormai entrate nel nostro DNA, quali quella di frazionare i pacchetti azionari sui vari soggetti di una famiglia, vanno oggi cambiate, quantomeno se si osserva il mero aspetto tributario.
Una ulteriore conseguenza, che riguarda le opportunità disponibili nei prossimi mesi, è l’influenza che il decreto esercita sulla tematica delle rivalutazioni volontarie delle quote, che possono essere realizzate (sia pure a pagamento) entro il prossimo 30 giugno 2014.
Se per il titolare della quota qualificata nulla cambia, nell’opposto caso la rivalutazione a pagamento appare ancor più conveniente rispetto al passato. Infatti, chi approfitterà dell’occasione possedendo una quota del valore di 100 alla data del 01.01.2014, pagherà una sostitutiva del 2%, (quindi 2) oltre al costo per la perizia giurata di stima.
Se non si rivalutasse la partecipazione, invece, si dovrà pagare il 26% sulla sola plusvalenza realizzata, valore che, normalmente, non è di molto inferiore rispetto a quello corrente del titolo per chi ha effettuato ampi guadagni; ecco allora che è sufficiente che la plusvalenza stimata sia superiore all’otto per cento del valore della quota per avere la convenienza alla rivalutazione. In tale caso, infatti, si pagherebbe 2 di sostitutiva a fronte di un 2,08 nel caso normale. Per ragionare ancor più velocemente, tenendo anche conto del costo della perizia, si può tranquillamente affermare che la rivalutazione conviene se la plusvalenza supera il 10% del valore della quota.
E, con tale parametro, il ragionamento funziona tenendo anche conto che il Decreto Renzi permette anche di sterilizzare le plusvalenze latenti alla data del 30 giugno, pagando le stesse imposte applicabili nel precedente regime (quindi, nel nostro caso, 20%).
Anche in tale ipotesi (10 x 20% = 2) siamo proprio attestati sul medesimo livello, fatta salva la considerazione del costo della perizia. Inoltre, la rivalutazione delle quote permette di dilazionare il tributo in tre quote annuali, quindi con un maggior respiro sul versante finanziario.