Ristretta base di società estinta: nullo l’accertamento nei confronti dei soci
di Massimo Conigliaro
Nel caso di presunzione di distribuzione di utili di società ormai estinta, è nullo l’accertamento notificato ai soci. La cancellazione dal Registro delle Imprese comporta non solo l’invalidità degli atti emessi nei confronti del soggetto “estinto” ma anche di quelli riguardanti i soci. È questo il principio contenuto nella sentenza n. 86 del 12.11.2013 resa dalla Commissione Tributaria Regionale di Venezia, Sezione I.
I giudici veneziani hanno dapprima accertato incidenter tantum l’invalidità degli avvisi notificati alla società, stante la loro notifica molto tempo dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese con conseguente estinzione della società (in linea con la sentenza n. 4062/2010 della Cassazione a Sezioni Unite) e quindi ha dichiarato l’invalidità degli avvisi notificati ai soci in quanto privi di un indispensabile presupposto logico giuridico.
“E’ infatti evidente – si legge nella sentenza – che la presunzione di attribuzione ai soci del maggior reddito accertato in capo alla società, presuppone logicamente che sussista un valido accertamento, a carico della società, di ricavi non contabilizzati”. E nel caso trattato ciò non è avvenuto: gli avvisi sono stati notificati alla società a distanza di oltre un anno dalla cancellazione dal Registro delle Imprese. Manca pertanto del tutto il presupposto per ogni accertamento nei confronti dei soci che, quindi, deve ritenersi insanabilmente nullo. Per tale ragione, la Commissione Tributaria Regionale di Venezia ha accolto i ricorsi dei soci, condannando l’Amministrazione Finanziaria al pagamento di 8 mila euro di spese di giudizio.
Si tratta di un tema sta interessando le Commissioni Tributarie di tutta Italia e sul quale la posizione della giurisprudenza maggioritaria è nel senso illustrato.
Come chiarito di recente dalla Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 6070 del 12 marzo 2013 la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della “fictio iuris” contemplata dall’art. 10 legge fall.); pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ.
Al sistema fa eccezione la possibilità, espressamente contemplata dall’art. 10, R.D. n. 267/1942 (legge fallimentare), per cui se una società è dichiarata fallita entro l’anno dalla sua cancellazione, tanto il procedimento per dichiarazione di fallimento quanto le eventuali successive fasi impugnatorie continuano a svolgersi nei confronti della società (e per essa del suo legale rappresentante). Ed anche nel corso della conseguente procedura concorsuale la posizione processuale del fallito è sempre impersonata dalla società e da chi legalmente la rappresentava.
Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale:
a) l’obbligazione della società non si estingue, circostanza che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali;
b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo.
Il provvedimento impositivo non può pertanto essere notificato al socio di una società inesistente.
L’art. 2495 del codice civile precisa al riguardo che i creditori, dopo la cancellazione della società, possono far valere le proprie pretese nei confronti dei soci, nei limiti di ciò che questi hanno ricevuto in base al bilancio finale di liquidazione, e dei liquidatori, se il mancato pagamento delle imposte è dipeso da loro colpa. Pertanto, l’Agenzia delle Entrate, non può rivolgersi all’ex liquidatore ultimo legale rappresentante della società, ma deve notificare apposito atto al socio, con una pretesa parametrata alle somme riscosse in forza del bilancio finale di liquidazione.
In tale contesto, a fronte della diffusa prassi dell’Agenzia delle Entrate di notificare atti a società ormai estinte, si pone il problema di comprendere quale sia la migliore strategia difensiva: se l’atto è privo di effetti giuridici si potrebbe pensare di non impugnarlo, dal momento che non potrà portare alcun nocumento alla società ormai cancellata dal registro delle imprese e tanto meno ai soci, che non siano stati espressamente chiamati in causa per debiti agli stessi attribuibili. E’ pur vero, però, che la prudenza ha indotto la gran parte dei difensori a contestare comunque l’atto impositivo, pur con la possibile declaratoria di inammissibilità di un ricorso proposto da chi non ha più rappresentanza né capacità processuale. La giurisprudenza è largamente orientata in favore della parte contribuente, anche nei casi il soggetto giuridico ormai estinto abbia impugnato l’atto tramite l’ex legale rappresentante. Se l’atto, invece, riporta un’espressa richiesta in capo al socio (che ha incassato somme dal riparto finale di liquidazione) o all’ex liquidatore per fatti allo stesso imputabili, allora dovrà essere adeguatamente motivato sul punto ed il giudizio si incentrerà sulla verifica di tali presupposti.