Non imponibili Iva i beni sottopposti a controlli tecnici prima di essere esportati
di Marco Peirolo
Le esportazioni dirette sono definite dall’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 come “le cessioni, anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione dei beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi”.
Rientrano, pertanto, in questa tipologia di esportazioni, non imponibili ai fini IVA, non solo le cessioni eseguite mediante trasporto o spedizione dei beni fuori dal territorio comunitario a cura o a nome del cedente, ma anche le cessioni in triangolazione, laddove cioè un soggetto italiano cede ad un altro soggetto italiano i beni provvedendo, su incarico del cessionario, al loro trasporto o spedizione al cliente di quest’ultimo fuori dal territorio comunitario.
In entrambe le ipotesi, la consegna dei beni avviene in territorio estero, con ciò differenziandosi dalle esportazioni indirette, in cui i beni vengono consegnati in Italia al cessionario non residente (comunitario o extracomunitario), per essere trasporti o spediti al di fuori del territorio comunitario entro 90 giorni, ex art. 8, comma 1, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972, “a cura del cessionario non residente o per suo conto”.
Rispetto allo schema dell’esportazione in triangolazione, di cui alla citata lett. a), possono sorgere dubbi sull’applicazione del trattamento di non imponibilità qualora i beni, prima del trasporto o spedizione al di fuori dell’Unione europea, siano sottoposti a test e collaudi da parte del cessionario italiano.
Il caso tipico è quello del contratto di fornitura-appalto, stipulato per la costruzione di macchinari e attrezzature realizzati dal fornitore, con propri mezzi, sulla base delle indicazioni del cliente (nella specie, il promotore della triangolazione).
Si tratta di una tipologia contrattuale da considerare assimilata, agli effetti dell’IVA, alla cessione di beni (R.M. 18 febbraio 1992, n. 500462), sicché il beneficio della non imponibilità, nel rapporto tra i due operatori nazionali, resta subordinato alla circostanza che i beni siano trasportati o spediti al di fuori dell’Unione a cura o a nome del primo cedente.
Sul punto, l’Amministrazione finanziaria, con un “approccio formalistico”, ha costantemente affermato che i beni oggetto di esportazione si presumono consumati in Italia se il promotore della triangolazione ne acquisisce la disponibilità prima dell’invio all’estero.
È stato, infatti, precisato che il contratto di trasporto o di spedizione deve essere stipulato dal primo cedente (R.M. 4 marzo 1995, n. 51/E), mentre è irrilevante il soggetto al quale sia intestata la fattura del vettore (art. 13, comma 1, della L. n. 413/1991).
Più recentemente, con la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 35 del 13 maggio 2010, in parziale rettifica delle precedenti indicazioni di prassi, è stato chiarito che l’operazione beneficia della non imponibilità anche nel caso in cui il promotore della triangolazione stipuli il contratto su mandato ed in nome del primo cedente; in questo caso, infatti, il promotore agisce quale mero intermediario del primo cedente, senza mai avere la disponibilità dei beni, ove al vettore sia affidato l’incarico di ritirare la merce presso il primo cedente e di consegnarla al destinatario finale extracomunitario.
Dal punto di vista dell’Amministrazione finanziaria, è evidente che la ratio delle disposizioni in materia resta quella di evitare che il promotore della triangolazione acquisisca la disponibilità “fisica” dei beni oggetto di esportazione.
Ebbene, nel caso in esame, in cui i macchinari e le attrezzature siano sottoposti, da parte del promotore, a test e collaudi finalizzati a verificarne la conformità ai requisiti tecnici previsti in sede contrattuale, deve ritenersi confermato il regime di non imponibilità. Tali controlli costituiscono, infatti, “meri fatti tecnici diretti esclusivamente a garantire la qualità ed il funzionamento dei beni prima della loro spedizione” (R.M. 26 maggio 2000, n. 72/E) e che, in quanto tali, non sono idonei a presumere la consegna in Italia.
Tale conclusione si applica anche nell’ipotesi di triangolazione disciplinata dall’art. 58 del D.L. n. 331/1993, cioè con destinatario finale di altro Stato membro, posto che la struttura della norma è identica a quella dell’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972.