Scissione elusiva? No grazie
di Ennio VialVita Pozzi
Molti luoghi comuni circondano il reddito di impresa e talora le false credenze coinvolgono anche i professionisti. Un’operazione vituperata è proprio la scissione non proporzionale ossia quella in cui vengono attribuiti ai soci quote delle società beneficiarie con carature diverse rispetto a quelle detenute nella società scissa. La forma per così dire “più spinta” è forse la scissione asimmetrica dove, ad esempio, a fronte di una partecipazione detenuta da due soci al 50% ciascuno, si realizzano due società dove gli stessi soci acquisiscono una partecipazione totalitaria in una singola società.
Innanzitutto va evidenziato come l’operazione sia stata pienamente sdoganata dall’Agenzia delle Entrate quando ha ad oggetto società con rami di azienda. Infatti, nella R.M. 22.3.2007 n. 56 viene separata l’attività di riparazione di autovetture da quella di verniciatura in modo che ciascuno dei due soci possa operare in totale autonomia. La scissione non proporzionale è posta in essere a causa di profondi e insanabili dissidi tra i soci i quali intendono, di comune accordo, separare e proseguire in maniera autonoma le rispettive attività ognuno con propri clienti e con l’utilizzo di propri mezzi e distinte attrezzature.
L’operazione non si qualifica come elusiva a condizione che non sia preordinata a creare contenitori.
Il problema emerge in ipotesi di società meramente immobiliari. In questo caso le conclusioni dell’Amministrazione sono diametralmente opposte. La R.M. 9.1.2006 n.5/E precisa che l’operazione si considera elusiva per le seguenti criticità:
- l’unipersonalità delle società beneficiarie;
- la ristretta base familiare della Sas;
- la gestione degli immobili di tipo meramente locatizio;
- il patrimonio della società scissa che sembra risultare ab inizio di comodo;
- l’istanza non è né documentata, né motivata;
- non sono evidenziate nuove strategie imprenditoriali conseguenti alla scissione e, per le società beneficiarie, forme imprenditoriali di gestione degli immobili trasferiti;
- non viene documentato il dissidio tra i soci.
Le conclusioni dell’Agenzia paiono sicuramente discutibili in quanto non esiste una norma che vieta questo tipo di operazioni. Anzi, oltre 15 anni fa è stato espunto quel passaggio dell’allora art. 123 bis del tuir che sanciva l’elusività delle operazioni di scissione non proporzionali o che non avevano ad oggetto aziende. La modifica normativa è derivata dall’esigenza di adeguarsi ai dettami comunitari.
Altra considerazione attiene al fatto che con la scissione non si crea nessun salto di imposta in quanto le società coinvolte nell’operazione conservano il costo fiscalmente riconosciuto che avevano in precedenza.
Ad ogni modo la risoluzione offre interessanti spunti in quanto evidenzia le ragioni che fanno ritenere elusiva l’operazione. Argomentando a contrariis l’Amministrazione riterrà lecita la scissione ove:
- le società beneficiarie non siano unipersonali;
- la compagine sociale non è esclusivamente familiare;
- la gestione degli immobili non è di tipo meramente locatizio;
- il patrimonio della società scissa non risulta ab inizio di comodo;
- l’istanza di interpello è documentata e motivata;
- sono evidenziate nuove strategie imprenditoriali conseguenti alla scissione;
- viene documentato il dissidio tra i soci.
In questa sede vogliamo porre l’accento soprattutto sulla documentazione del dissidio tra i soci e sulle strategie imprenditoriali. I litigi non mancano ma bisogna aver cura di farne memoria in verbali di assemblea o di CDA, in mail o raccomandate scambiate tra gli interessati e i professionisti coinvolti, nel ricordare riunioni infuocate.
Per quanto concerne le strategie imprenditoriali, si può pensare al caso di qualche socio che intende continuare a locare il compendio immobiliare mentre, l’altro socio, ritiene preferibile attuare degli interventi di recupero che porteranno a migliori risultati negli anni successivi.