2 Aprile 2014

Mancati versamenti IVA: si va verso la depenalizzazione

di Giancarlo Falco
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La crisi finanziaria degli ultimi anni ha determinato un preoccupante incremento dei reati tributari, ed, in particolare, di quelli direttamente correlati alla scarsa liquidità dei contribuenti quale, ad esempio, la fattispecie di omesso versamento dell’IVA.

In particolare, in base all’art.10-ter del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta sulla base della dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo (vale a dire il 27 dicembre), per un ammontare superiore ad Euro 50.000.

Si tratta, in buona sostanza, di contribuenti che, pur avendo puntualmente presentato al Fisco la dichiarazione IVA, non sono poi in grado di eseguire i relativi pagamenti.

Il quadro generale, ovviamente, si è acuito con la crisi di liquidità degli ultimi anni, che ha comportato per molti l’incapacità di adempiere puntualmente agli obblighi tributari a prescindere dalla concreta volontà e dalla reale capacità del contribuente.

Sul punto, le sezioni unite della Corte di Cassazione, con la sentenza del 12 settembre 2013, n. 37424, hanno chiarito che “Il debito verso il fisco relativo ai versamenti IVA è collegato al compimento delle operazioni imponibili. Ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria. […] Non può, quindi, essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta[…] di non far debitamente fronte alla esigenza predetta”.

I medesimi principi sono stati ribaditi dalla terza sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza del 21 gennaio 2014, n. 2614.

Ne deriva che la generica deduzione in ordine alla crisi economica non esclude l’elemento psicologico e, quindi, la responsabilità penale dell’imputato accusato del delitto di omesso versamento di IVA. Occorre, invece, che ricorra una «reale impossibilità incolpevole all’adempimento».

Secondo l’orientamento della Suprema Corte, in breve, la configurabilità del reato può escludersi non quando il contribuente dimostri che la carenza di liquidità è conseguenza della crisi economica, ma solo, ad esempio, qualora l’incasso dell’Iva di cui è stato omesso il versamento non sia effettivamente avvenuto.

L’esclusione del reato di omesso versamento IVA in caso di crisi di liquidità, pertanto, deve essere provata dal contribuente nel caso specifico e può essere «accertata» solo dal giudice, anche sotto il profilo dell’eventuale sussistenza della causa di esclusione della punibilità della «forza maggiore» di cui all’articolo 45 del codice penale.

Di fronte ad un quadro generale così rigido, ovviamente, una soluzione si può trovare solo attraverso una modifica normativa che tenga conto delle difficoltà dei contribuenti.

A tal fine nella Legge Delega Fiscale (Legge 11 marzo 2014, n. 23) è stato previsto, all’articolo 8, una “Revisione del sistema sanzionatorio penale tributario” secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti, prevedendo, tra l’altro, la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità.

Nell’ambito dei decreti attuativi che il governo si è impegnato a formulare nei prossimi mesi, pertanto, dovrebbe trovare spazio anche la depenalizzazione della fattispecie riguardante l’omesso versamento dell’IVA che, sicuramente, non rappresenta un comportamento di una gravità tale da giustificare il persistere dell’elemento penale.

Al riguardo si è espresso di recente anche il Governo, in risposta al question time promosso alla Camera in data 16 marzo 2014 in cui è stato affermato che “il governo si ritiene impegnato all’abrogazione della fattispecie di reato in questione, nell’ambito dei decreti delegati della riforma, in forza dell’ordine del giorno 9/00282-A/042 approvato in tal senso alla camera lo scorso 24 settembre 2013“.

Non ci resta, pertanto, che aspettare con fiducia l’emanazione del decreto attuativo.