La non imponibilità Iva per i servizi internazionali è oggettiva o presuppone la verifica della territorialità?
di Marco Peirolo
Le operazioni che il D.P.R. n. 633/1972 definisce come non imponibili IVA sono quelle previste dagli artt. 8, 8-bis e 9, riguardanti:
- le cessioni all’esportazione (art. 8);
- le operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione (art. 8-bis);
- i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali (art. 9).
Secondo la Direttiva n. 2006/112/CE, si tratta di operazioni esenti che non limitano il diritto di detrazione, al pari delle cessioni intracomunitarie, considerate non imponibili dall’art. 41 del D.L. n. 331/1993 ed a differenza, quindi, delle operazioni esenti ex art. 10 del D.P.R. n. 633/1972, per le quali la detrazione resta preclusa.
Per le cessioni all’esportazione, la detassazione si applica a prescindere dal luogo in cui il cliente è stabilito, per cui il cessionario può essere anche italiano. Ciò che conta, infatti, è la destinazione effettiva dei beni, di cui – come è noto – occorre provare l’avvenuto trasporto/spedizione al di fuori del territorio doganale comunitario.
Per le operazioni assimilate alle esportazioni e per i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, si tratta pertanto di stabilire se la non imponibilità operi in modo altrettanto oggettivo, essendo indubbio che l’agevolazione, per la duplice elencazione delle operazioni contenuta negli artt. 8-bis e 9 del D.P.R. n. 633/1972, si giustifica, rispettivamente, in considerazione:
- del settore nautico e aeronautico, tenuto conto che le cessioni/prestazioni non imponibili si riferiscono a navi ed aeromobili, la cui operatività – nell’ambito di un’attività commerciale – supera sovente i confini nazionali (art. 8-bis);
- della natura delle cessioni/prestazioni, siccome collegate ad operazioni di carattere internazionale (art. 9).
La questione, in buona sostanza, è se tali operazioni – che per quanto detto possono anche essere “materialmente” eseguite nel territorio nazionale – si qualifichino come non imponibili IVA a prescindere dalla verifica del presupposto territoriale di cui agli artt. da 7-bis a 7-septies del D.P.R. n. 633/1972 e, dunque, anche quando le suddette cessioni/prestazioni siano extraterritoriali.
La riforma operata dal D.Lgs. n. 18/2010 in attuazione del cd. “VAT Package” ha comportato l’eliminazione della previsione di extraterritorialità contenuta negli ultimi commi dell’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972 e dell’art. 40 del D.L. n. 331/1993, in base alla quale le operazioni non imponibili non si consideravano effettuate nel territorio dello Stato.
In pratica, fino a tutto il 2009, le operazioni in esame beneficiavano della non imponibilità ancorché espressamente qualificate come extraterritoriali. Ragion per cui, dal 1° gennaio 2010, a seguito dell’abrogazione di questa disposizione, potrebbe ritenersi che la detassazione operi:
- nel rispetto dei criteri territoriali di cui agli artt. da 7-bis a 7-septies del D.P.R. n. 633/1972, ovvero
- secondo la tesi opposta, in modo oggettivo, indipendentemente cioè dalla verifica della territorialità.
Ebbene, l’affermazione di extraterritorialità soppressa dal D.Lgs. n. 18/2010 era assolutamente impropria: il legislatore non aveva inteso classificare le operazioni non imponibili come extraterritoriali, ma come operazioni senza addebito d’imposta, giustificato – come detto – dal luogo di consumo dei beni o, comunque, dal loro carattere internazionale.
In definitiva, il riordino operato dal D.Lgs. n. 18/2010 non ha modificato l’ambito applicativo degli artt. 8-bis e 9 del D.P.R. n. 633/1972, che continua ad essere limitato alle operazioni rientranti nel campo di applicazione dell’imposta ai sensi degli artt. da 7-bis a 7-septies.
Questo significa che, nei rapporti “B2B”, le prestazioni di servizi considerate territorialmente rilevanti nel Paese del committente (circolare dell’Agenzia delle Entrate 29 luglio 2011, n. 37, § 5):
- sono escluse da IVA in Italia, per carenza del presupposto territoriale, se il committente è stabilito in un altro Paese (UE o extra-UE), anche se si tratta di operazioni contemplate dagli artt. 8-bis e 9 del D.P.R. n. 633/1972;
- beneficiano della non imponibilità IVA se il committente è stabilito in Italia.
In particolare:
- nel primo caso, trattandosi di operazioni non imponibili, la fattura non deve essere emessa se il committente è comunitario. Se extracomunitario, invece, la fattura deve riportare l’annotazione “operazione non soggetta”, con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale di riferimento;
- nel secondo caso, la fattura deve riportare l’annotazione “operazione non imponibile”, con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale di riferimento.