Professionisti e trust: cosa possiamo fare per i nostri Clienti
di Ennio VialSergio PellegrinoNell’editoriale di lunedì abbiamo evidenziato come, almeno secondo la nostra valutazione, il trust possa rappresentare un’interessante opportunità professionale per la nostra categoria (e non soltanto appannaggio di avvocati e notai).
Qualcuno dei Colleghi ci ha scritto dicendo che sono anche loro “stufi” di gestire contabilità e adempimenti fiscali, ma di quello “vivono”, avendo un “piccolo” studio e una clientela “normale” e quindi implicitamente (e speriamo noi bonariamente) rimproverandoci di non ravvisare come quello del trust sia un argomento di nicchia.
Ci permettiamo di dissentire da questa valutazione e cerchiamo di spiegarne anche le motivazioni.
La considerazione più immediata da fare è che tutti i clienti, grandi o piccoli che siano, sono accomunati da un’esigenza comune: quella di gestire al meglio il proprio patrimonio, di proteggere la loro “ricchezza”, di pianificare un ordinato passaggio generazionale. Anzi, paradossalmente, più piccolo è il patrimonio, più questo è esposto, e maggiormente avvertita sarà un’esigenza di questo tipo.
Non c’è quindi professionista che potenzialmente non si debba considerare interessato al tema, che non vuol dire che ne debba necessariamente diventare esperto, ma che quantomeno deve possederne i rudimenti in modo da poter fornire al proprio cliente quell’assistenza “di base” così importante per supportarne le scelte: è di lui che il cliente si fida e per questo terrà in grande considerazione le sue valutazioni.
Per svolgere al meglio il proprio compito, il professionista di fiducia dovrà confrontarsi con il cliente per capire quali siano le sue esigenze, le sue problematiche, quello che potremmo definire il suo “programma di vita”: le conoscenze tecniche, che pur, evidentemente, sono fondamentali, si affiancano a questo ruolo, che potremmo definire di natura fiduciaria, e che è la base della costruzione di un “buon” trust, ossia di un trust utile per chi lo istituisce e per i suoi beneficiari.
Abbiamo già evidenziato nel precedente contributo come in questa fase il professionista debba considerare in modo adeguato le implicazioni psicologiche, non banali, del percorso intrapreso dal proprio cliente: nei momenti in cui non vi sono all’orizzonte particolari problemi, infatti, la segregazione del patrimonio “fa paura” (salvo essere invece anelata quando questi malauguratamente si manifestano, ma è ormai troppo tardi per intervenire).
Soltanto una volta fatta questa analisi e comprese le reali esigenze del proprio cliente, il professionista si potrà quindi concentrare sulla redazione dell’atto istitutivo, con l’obiettivo, non semplice, di tradurre nelle clausole dell’atto i desiderata del cliente.
Il compito non è certo di poco conto perché quell’atto dovrà regolamentare la gestione del patrimonio e dei suoi frutti durante la vita del trust, delineare gli ambiti di intervento delle varie figure coinvolte – dai disponenti al trustee, dal guardiano ai beneficiari -, stabilire cosa accadrà al momento di devoluzione del patrimonio quando si verifica la fine del trust.
Sarà naturalmente fondamentale la valutazione delle implicazioni fiscali in ogni fase della vita del trust: la tassazione al momento iniziale di disposizione dei beni, l’imposizione dei redditi prodotti dal trust, quella al momento di attribuzione del patrimonio ai beneficiari.
Una volta istituito il trust, l’attività del professionista di fiducia del cliente non si esaurisce, anzi.
Molto spesso il professionista di fiducia del cliente sarà chiamato a svolgere il ruolo di guardiano.
Come trustee verrà infatti magari individuata una trust company o un altro professionista che con maggiore abitualità ricopre incarichi di questo tipo, ma il professionista di fiducia del cliente avrà il compito, non meno importante, di “vigilare” sulla gestione del trust e di esercitare il controllo sull’attività del trustee, contribuendo a prendere le decisioni più importanti (ossia quelle per le quali l’atto istitutivo ha previsto il suo coinvolgimento “attivo”).
Potrà capitare però anche che il cliente voglia assolutamente che rivesta direttamente il ruolo di trustee, proprio in virtù del consolidato rapporto fiduciario esistente.
In questa veste il professionista dovrà gestire il patrimonio disposto in trust, coordinarsi con l’eventuale guardiano, relazionarsi, se del caso, con i beneficiari, così come con i terzi: un ruolo dunque non dissimile da quello di un amministratore.
Ci sono poi gli adempimenti amministrativi e tributari del trust, che potranno essere, come è naturale, gestiti dallo studio.
Insomma, le cose da fare sono molte e per una vasta platea di clienti potenzialmente interessati … a partire da noi stessi … non dimentichiamoci che il trust è un’opzione da considerare con attenzione per gestire e tutelare al meglio anche il nostro patrimonio.
Di questo e molto altro parleremo nello Special Event dedicato al trust che si terrà a Bologna il prossimo 21 e 22 marzo. Per info e iscrizioni www.euroconference.it